
Di Pietro Pompei
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Oggi la città di San Benedetto del Tronto celebra il suo Patrono, San Benedetto Martire.
Un’occasione per riscoprire la sua storia e il profondo legame che unisce il Santo alla nostra città.
Quando nel 1706 l’allora vescovo di Ripatransone, mons. Giosafatte Battistelli, su ordine della Congregazione dei Riti — che vietava le celebrazioni solenni per i santi non inseriti nel Martirologio Romano — proibì la festa liturgica di San Benedetto Martire, la decisione ebbe un duplice effetto.
Da un lato, spinse i fedeli e gli studiosi a cercare prove storiche dell’esistenza del santo patrono; dall’altro, accrebbe la devozione popolare verso colui che, da tempo immemorabile, era venerato come martire e protettore della città.
Lo storico Catalani, nel suo Ecclesia Firmana del 1783, scriveva:
“Benedictus Martyr, qui oppido nomen dedit, in quo sacrae ipsius exuviae debito honore coluntur.”
E proprio la scienza moderna sembra oggi dare ragione alla tradizione: la radiodatazione al carbonio, eseguita nel 2006 dall’équipe dell’Università di Lecce (Lecce Tandetron Laboratory), ha confermato che le reliquie venerate nella nostra Pieve del Paese Alto risalgono a circa 1700 anni fa.
Tra fede, storia e leggenda
Non è mia intenzione ripercorrere qui le note vicende del martirio di San Benedetto e del miracoloso approdo delle sue spoglie sulla nostra spiaggia: episodi tramandati nei secoli e illustrati un tempo in sei affreschi che ornavano la primitiva chiesa, poi riprodotti intorno all’altare maggiore nel 1697.
Purtroppo, tali affreschi andarono perduti nei successivi rifacimenti, ma ne possediamo una descrizione dettagliata grazie al pievano Polidori, il quale la trascrisse in un cartolario conservato presso l’Archivio Diocesano.
Con questo scritto desidero soprattutto restituire verità storica a un racconto troppo spesso confinato nel campo della leggenda. In uno di quegli antichi affreschi, ad esempio, si vedevano alcuni delfini che sospingevano a riva il corpo e il capo del martire, trascinati in mare dalle acque del torrente Menocchia, divenute impetuose al momento dell’esecuzione.
Eventi meteorologici improvvisi e violenti non sono estranei nemmeno alla nostra memoria recente, e per quanto riguarda il comportamento dei delfini, non occorre citare Aristotele o Plinio il Giovane: basta ascoltare i racconti dei nostri vecchi pescatori o ricordare il caso, riportato dai giornali di pochi mesi fa, dell’amichevole delfino che si avvicinava alla costa.
Il difficile mestiere dell’agiografo
L’agiografia è, per lo storico moderno, una disciplina complessa. Come scrive Elio Guerriero nell’introduzione al volume I Santi (Jaca Book):
“L’agiografia, partendo dal campo storico, si sposta a quello liturgico-devozionale per finire nel campo più propriamente dogmatico.”
E aggiunge:“Costretto a muoversi da un campo all’altro, lo storico si trova più volte esposto alla tentazione dell’abbandono.”
Potremmo dire, nel nostro caso, “alla tentazione dello scetticismo”. È facile bollare come “leggenda” ciò che non si riesce a spiegare scientificamente.
La difesa del Catalani e l’autenticità delle reliquie
Il Catalani, rispondendo alle obiezioni del procuratore della fede — il cardinale Prospero Lambertini, futuro papa Benedetto XIV — riguardo all’autenticità del nostro santo patrono, preparò una solida difesa che convinse i giudici della Congregazione dei Riti a ristabilire l’antica liturgia.
Anche il nome “Benedetto”, apparentemente generico, non sminuisce la veridicità dell’identificazione: potrebbe trattarsi non di un nome proprio, ma di un appellativo o soprannome, usato per descrivere la virtù della persona.
La presenza di una tomba distinta dalle altre sepolture sotto la pavimentazione della pievania è documentata. Quando fu riaperta il 12 giugno 1679, le reliquie furono deposte in un’urna collocata in un nuovo altare. “Reperta fuit patina cum sanguine” — scrive il Catalani — alludendo all’antico uso di porre un piccolo vaso contenente sangue a testimonianza del martirio.
Quel vasetto, recante l’effigie di un serpentello (simbolo del Risorto), è ancora oggi visibile nella nuova urna: anche se la sua autenticità può essere discussa, resta un segno tangibile della memoria tramandata dai nostri antenati.
Tradizione, memoria e identità
È verosimile che San Benedetto fosse un soldato romano, martirizzato durante le persecuzioni di Diocleziano e gettato nelle acque del Menocchia. Due antichi calendari conservati nella cattedrale di Fermo attestano un culto a lui dedicato il 13 ottobre, giorno tradizionale del martirio.
Nel X secolo è già attestato un territorio denominato Sancti Benedicti in Albula, segno dell’esistenza di una pieve a lui intitolata.
La tradizione, dunque, non è solo leggenda, ma memoria viva e condivisa, spesso l’unico documento rimasto laddove gli archivi sono andati perduti. Come scrissi in un mio precedente opuscolo su San Benedetto:
“La memoria è un documento storico, l’unico giunto fino a noi, mentre altri documenti, cui annettiamo impropriamente maggiore importanza, sono andati perduti.”
È una tradizione “produttiva”, che ha plasmato una comunità e mantenuto viva la devozione verso un antico eroe cristiano. Questo, più di ogni altro dettaglio, è ciò che conta.
Il Catalani, con parole che suonano ancora oggi come una conclusione definitiva, chiudeva la sua difesa:
“Mihi quidem reponendum esse video, Benedictum, qui apud nos colitur, Sanctum esse quendam e primis Ecclesiae saeculis, qui martyrium fecerit circa ea loca, quae sacris eius gaudent exuviis, quaeque olim in dioeceseos puta Truentinae ambitu continerentur.”
Lunedì 13 Ottobre
FESTA DI SAN BENEDETTO MARTIRE
Anniversario Del Martirio
ore 10.00 Santa Messa e festa Nonni e nipoti
ore 10.45 Caccia al tesoro coi nonni
ore 16.00 Processione partendo dalla Basilica Cattedrale
“Santa Maria della Marina” passando per le seguenti vie: Via Pizzi, Via Gramsci, Viale Secondo Moretti, Via XX Settembre, Via Fileni, Via Voltattorni, Piazza Sacconi e giungerà alla chiesa Abaziale di San Benedetto Martire.
ore 17.00 Piazza B. Piacentini: Solenne Concelebrazione presieduta dal Vescovo Mons. Gianpiero Palmieri.