Nell’Afghanistan orientale, dove la terra ha tremato e le case sono crollate, i bambini nascono ancora oggi nelle tende, poiché le frane e le strade disseminate di massi rendono pericoloso il viaggio verso l’ospedale per le donne incinte, costringendole a partorire in rifugi di fortuna, esposte al gelo dell’inverno. Save the Children stima che oltre 11 mila donne incinte rischino di partorire in condizioni estreme nei prossimi mesi. Circa 39mila bambini vivono all’aperto, privi di protezione dal freddo, in campi profughi improvvisati tra le montagne.
Le storie come quella di Pari, madre per la prima volta dopo 16 anni di attesa, raccontano la drammaticità di una crisi che si consuma lontano dai riflettori. “Non volevamo che nostro figlio nascesse in una tenda. Ora viviamo in una situazione di emergenza”, ha detto. Save the Children è tra le prime organizzazioni ad aver raggiunto le zone colpite, fornendo assistenza sanitaria, kit per neonati, sostegno economico e rifugi temporanei. Ma l’inverno incombe, e con esso il rischio di ipotermia, polmonite e isolamento totale per intere comunità. “Nessun bambino dovrebbe fare il suo primo respiro in una tenda”, ha dichiarato Samira Sayed Rahman, direttrice dello sviluppo dei programmi in Afghanistan. “È una corsa contro il tempo per salvare vite. Servono fondi urgenti per affrontare l’emergenza”.