GROTTAMMARE – Una folla commossa ha preso parte ieri pomeriggio, mercoledì 10 settembre, al funerale di Francesco Colella, morto all’età di 58 anni. La cerimonia si è svolta nella Chiesa di San Pio V, dove familiari, amici e conoscenti si sono stretti attorno al dolore della moglie Daniela, dei figli Francesca con Carlo e Andrea con Claudia, della sorella Raffaella, della cognata Rossella, dei nipoti e di tutti i parenti.
Durante la Santa Messa, presieduta da Don Federico Pompei e concelebrata da Don Tiziano Napoletani, è stato ricordato l’uomo solare e generoso che Francesco era, punto di riferimento non solo per i suoi cari, ma anche per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo come persona e artista.
Durante l’omelia Don Federico ha affermato: “In questo momento possiamo dire che la vita ci mette davanti al pensiero dell’isolamento e della solitudine, soprattutto di fronte alla morte, e ancora di più davanti alla morte di una persona giovane. In questo mi viene in aiuto il giovane santo Carlo Acutis, che ricordava come la Parola di Dio sia la bussola della nostra esistenza. Nel disorientamento che viviamo, abbiamo questa bussola che si chiama Parola di Dio: è lei che può offrire una risposta agli interrogativi che ciascuno porta nel profondo del cuore. L’interrogativo è sempre lo stesso: perché? Perché è successo questo a Francesco? Perché accade a persone giovani?
La Parola di Dio ci ricorda che la morte non è la fine dell’esistenza e che la vita non dipende dal numero degli anni, ma da come li abbiamo vissuti. Non è la quantità degli anni a determinare l’esito della nostra esistenza, ma la qualità con cui li viviamo. La vostra presenza qui dimostra che Francesco è stato un uomo molto amato, capace di legarsi a ciascuno di voi. Pur nella sofferenza, nel dolore e nella malattia, ha vissuto con forza, con determinazione, senza lasciarsi travolgere dalla sofferenza, andando avanti fino alla fine della sua vita.
Cari fratelli e sorelle, la Parola del Signore ci dice che la morte non è l’ultima parola sulla nostra esistenza. La vita non ci viene tolta, ma trasformata. E se ci rattrista il pensiero della morte, ci consola la promessa dell’immortalità futura: “Ai tuoi fedeli, Signore, non è tolta, ma trasformata la vita”. Lì dove non ci sono più lutto, lacrime o dolore, ma soltanto pace e gioia. “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”.
Ecco il ristoro, ecco la risposta: la risposta del Signore al nostro desiderio di vivere e di essere felici. Dove troviamo la pienezza della felicità? Dove troviamo la pienezza della vita? Nel Signore Gesù, morto e risorto. Vedete: davanti alla bara di Francesco c’è un grande cero, che chiamiamo cero pasquale.
Quel cero ci indica che Cristo è passato dalla morte alla vita. È la Pasqua del Signore, ed è anche la Pasqua di Francesco. Un giorno sarà la nostra Pasqua, come è stata quella dei nostri nonni, dei nostri padri e degli amici che ci hanno preceduti. La morte è passaggio alla vita eterna, è il compimento, anzi il vero modo di vivere dopo la vita terrena.
Nel cuore di ciascuno c’è questo desiderio profondo. Diceva Sant’Agostino: “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Dio”. E cosa lascia Francesco alla moglie, ai figli, agli amici, a tutta la comunità? Cosa lascia la sua morte? Il desiderio di vivere meglio tra di noi, di essere più uniti.
È proprio quando una persona cara se ne va che sentiamo con più forza il bisogno di sostenerci a vicenda, di stare vicini a chi soffre per il distacco e per il dolore. Nella morte delle persone più care emerge il meglio di noi stessi, si rivela il volto più autentico della nostra umanità. Ecco allora l’invito: continuare a camminare su questa via anche dopo. Certo, non è facile. Ma la morte di Francesco può aiutarci a riaffermare la nostra identità cristiana, che non è solo preghiera, ma diventa fraternità, comunità capace di ascolto e di condivisione.
Solo se siamo profondamente uniti a Cristo possiamo esprimere davvero la nostra fraternità. E concludo con un ultimo pensiero: l’aldilà ci aiuta a vivere meglio l’aldiquà. Se non ci fosse nulla, che senso avrebbe il nostro mondo? Come diceva un filosofo, l’uomo sarebbe un lupo per l’altro. Ma noi abbiamo la fede in Gesù, e allora facciamo nostra la parola di san Paolo VI: “Ogni uomo è mio fratello”.
E allora ringraziamo il Signore perché ci ha donato Francesco. Ringraziamo il Signore per ciò che ha compiuto in lui, e ringraziamo Francesco per tutto quello che ha donato a ciascuno di noi.”
Dopo la celebrazione, nel momento in cui Francesco è stato accompagnato a spalla all’uscita dalla chiesa, ha smesso di piovere, il sole è tornato ad affacciarsi ed è apparso un arcobaleno dai colori intensi, quasi a salutare Francesco, che dei colori aveva fatto la passione della sua vita.
Il corteo funebre ha poi accompagnato Francesco al cimitero civico, dove ha trovato la sua ultima dimora terrena.
La comunità di Grottammare si è stretta attorno alla famiglia, testimoniando con la propria presenza l’affetto e la stima verso un uomo che ha lasciato un segno profondo.

