ARQUATA DEL TRONTO – A nove anni esatti dal terribile sisma che nel 2016 colpì il Centro Italia, ieri, Domenica 24 Agosto 2025, dopo la Celebrazione Eucaristica e la commemorazione delle vittime fatta durante la notte, alle ore 3:36, presso il Parco della Memoria in Pescara del Tronto, la comunità arquatana si è riunita nuovamente alle ore 18:30, presso l’Area SAE (Sistemazione Abitativa Emergenziale), per pregare insieme e celebrare l’Eucarestia.
A presiedere la Santa Messa è stato ancora una volta l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicepresidente della CEI e vescovo delle Diocesi del Piceno, il quale ha concelebrato insieme al parroco don Emmanuel Chemo. Presente anche il diacono Mirko Cipriani.
Presenti altresì le massime autorità militari e civili, tra le quali il presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, e il sindaco della Città, Michele Franchi.
Durante l’omelia mons. Palmieri, commentando le letture del giorno, ha parlato di salvezza e di quanto essa riguardi non solo il futuro, ma anche la vita presente: “Vi ricordate quando Gesù entra in casa di Zaccheo? Gesù dice: ‘Oggi la salvezza è entrata in questa casa!’. E tutte le volte che si parla di salvezza nel Vangelo, lo si fa non in riferimento al Paradiso, come spesso noi pensiamo, bensì in riferimento all’oggi. Questo significa che la salvezza ha a che fare con la nostra vita di quaggiù, oltre che con la vita di là. E Gesù dice che, per salvarsi, bisogna passare per la porta stretta. La salvezza, infatti, è quel cambiamento di vita – come quello di Zaccheo – che ci permette di affrontare l’esistenza in una maniera molto diversa da chi mette al centro della propria vita il proprio io, come fa Zaccheo prima della sua conversione. L’immagine della porta stretta lo suggerisce: significa che il proprio io si ridimensiona. Gesù usa spesso questa immagine, come il cammello che deve passare per la cruna di un ago o il bambino che deve farsi piccolo. Qui è la salvezza! La salvezza è quando improvvisamente guardiamo la realtà guardando la realtà, guardiamo gli altri guardando gli altri, quando finalmente la fraternità, la pace, la giustizia, il regno di Dio – per dirlo con le parole di Gesù – diventano più importanti del nostro io, dell’affermazione quasi idolatra di noi stessi. Allora sì, che passiamo per la porta stretta! Questo passaggio è la salvezza, per Gesù! Papa Francesco diceva sempre che cadere e peccare è di tutti, peccare anche ripetutamente è di tutti e si sperimenta il perdono. Essere corrotti, invece, è un’altra cosa: è quando ci infogniamo nel male e non ne vogliamo venire fuori. È il non voler passare per la porta stretta, è il non volersi mettere in discussione e fare del proprio io un idolo. Si può fare del proprio io un idolo non soltanto per l’orgoglio o per l’attaccamento ai soldi o al successo, ma anche passando la vita a lamentarsi, facendo del proprio io lamentoso una specie di idolo. Passare per la porta stretta, invece, significa essere capaci di ridimensionare il proprio io, sperimentare la salvezza e guardare la realtà e la vita con speranza, guardare gli altri e vedere dei fratelli, guardare l’io e vederlo come padre, guardare il mondo e voler collaborare, perché diventi il regno di Dio, guardare la realtà e cercare la giustizia, la pace, la fraternità. Questa è la salvezza!”.
Da qui il monito del vescovo Gianpiero, rivolto alla comunità e alle istituzioni, ad impegnarsi per realizzare, tutti insieme, il regno di Dio: “Carissimi, noi siamo qui oggi per piangere per le vittime del sisma: lo abbiamo fatto stanotte e lo facciamo anche oggi. Però noi sappiamo che la ricostruzione che tutti vogliamo si costruisce anche su una pagina evangelica come questa. Abbiamo bisogno di costruire insieme, abbiamo bisogno di fidarci gli uni degli altri e costruire fraternità. Abbiamo bisogno di metterci tutto noi stessi per costruire una realtà dove ognuno, facendo la propria parte nei diversi livelli di responsabilità, costruisce, insieme agli altri, qualcosa che ha a che fare con il Regno di Dio. Il regno di Dio forse è una cosa non completamente coincidente con il progresso e lo sviluppo del nostro territorio, ma – dice il Concilio – ha a che fare anche con lo sviluppo e il progresso del nostro territorio. Quando si parla della dignità dei figli di Dio, della fraternità e della libertà – dice la “Gaudium et Spes” -, ha a che fare con il Regno di Dio. Allora, questo è quello che siamo chiamati a fare: via i particolarismi, via gli interessi di parte, costruiamo invece futuro, perché ce n’è tanto bisogno, affinché il nostro territorio non si spopoli. Se così fosse, sarebbe un vero peccato, perché è un territorio ricchissimo di storia, di tradizioni, di bellezza. Passiamo allora per la porta stretta, affinché questa pagina nuova, bella, nasca con la collaborazione di tutti! Questo Vangelo dunque ci conforti in quello che già, forse tutti, stiamo facendo con grandi sforzi. Dio benedica i nostri morti! Ma i nostri morti benedicono noi e ci dicono: ‘Forza, amici! Forza, fratelli! Coraggio!’”
Grande la commozione dei presenti, molti dei quali hanno perso parenti ed amici a causa delle scosse telluriche del 2016. La Celebrazione Eucaristica, oltre che un momento di preghiera per i cari defunti e di conforto per i loro familiari, è stata anche l’occasione per rinsaldare i vincoli di unione, supporto reciproco e solidarietà della Chiesa locale e per far giungere a tutti gli Arquatani l’abbraccio della comunità cristiana e civile, così da permettere loro di guardare al futuro con rinnovata fiducia e speranza.
Foto si Suor Ana Luisa Vazquez



