
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Con il racconto “Umanità calpestata”, intenso e toccante, la studentessa Chiara Romani della 5B del Liceo Scientifico Rosetti di San Benedetto del Tronto si è aggiudicata il Premio letterario nazionale Filippo Sanna. Una storia d’amore spezzata dalla guerra, un grido di pace e un appello a restare umani, attraverso parole che vanno oltre la pagina scritta. L’abbiamo incontrata per parlare non solo del suo racconto, ma anche del suo mondo, delle sue passioni e della forza con cui guarda al futuro.
Chiara, nel suo racconto, ha scelto di raccontare l’amore in uno dei contesti più tragici e complessi: quello della guerra. Da dove nasce questa scelta narrativa?
Ho scelto la guerra perché è uno dei luoghi più estremi dove l’umanità si rivela, nella sua crudeltà ma anche nella capacità di resistere ad essa. Volevo raccontare come l’amore, anche in mezzo alla distruzione, possa ancora essere luce, speranza, voce per chi non la ha. Il racconto nasce dal bisogno di dare forma a un dolore universale, che purtroppo ancora oggi è una triste realtà.
Nel suo messaggio di ringraziamento ha parlato della scrittura come “laboratorio interiore”. Che rapporto ha con la scrittura nella quotidianità? È qualcosa che coltiva anche al di fuori della scuola?
Sì, la scrittura è come un luogo silenzioso dove posso ascoltarmi davvero e far emergere le mie emozioni, la mia interiorità. Non cerco sempre la perfezione formale, ma l’autenticità: scrivere significa per me conoscermi e comprendere il mondo attorno a me.
La sua riflessione conclusiva, “L’amore è l’unica risposta”, è potente e controcorrente in un’epoca spesso segnata da cinismo e distanza. Quanto sente urgente oggi questo messaggio, soprattutto tra i giovani?
Ci hanno insegnato a difenderci, a non fidarci, a stare un passo indietro, ma non si può vivere davvero senza amare. In un tempo in cui i femminicidi riempiono le pagine dei giornali, in cui ogni giorno troppe donne vengono uccise proprio da chi diceva di amarle, parlare d’amore è diventato qualcosa di urgente e necessario. L’amore è riconoscere l’altro nella sua libertà, è un atto di coraggio che si manifesta nella gentilezza, nella pazienza, nell’ascolto: è ciò che ci rende umani.
Pier e Layla, i protagonisti della sua storia, si amano ma vengono divisi dalla violenza. Crede che l’amore possa ancora essere un atto di resistenza in un mondo che sembra costantemente in conflitto?
Sì, amare è scegliere di non farsi spegnere dalla violenza dei conflitti. Credo che ogni gesto d’amore possa essere una forma di resistenza contro l’indifferenza e l’odio.
Ci parli un po’ di sé oltre la scrittura: come trascorre il suo tempo libero? C’è un’attività, un interesse, un luogo in cui si rifugia per ricaricarsi o trovare ispirazione?
Oltre alla scrittura mi piace molto dipingere: è un momento in cui tutto si ferma e finalmente posso sentire davvero ciò che altrimenti rimarrebbe confuso dentro di me. L’arte mi dà la possibilità di stare al mondo in modo più profondo: è una forma di ricerca, di guarigione.
Spesso si tende a sottovalutare la sensibilità degli adolescenti di fronte ai grandi temi dell’umanità. Lei invece ha dimostrato una forte consapevolezza e profondità. Cosa l’aiuta ad alimentare questa attenzione verso ciò che accade nel mondo?
Mi aiutano a restare attenta principalmente l’arte e la lettura, che per me sono forme di educazione al sentire, così come le persone con cui riesco ad avere legami sinceri: i dialoghi profondi, gli sguardi autentici mi fanno credere che esista ancora una forma di umanità capace di ascoltarsi. L’empatia è qualcosa che ho sempre sentito in modo forte, viscerale. Spesso è faticoso, perché si rischia di essere sopraffatti. Credo che la sensibilità non sia una qualità da coltivare, ma una condizione dell’anima che si sceglie ogni giorno di non zittire.
Guardando al futuro: ha già in mente percorsi di studio o ambiti professionali che vorrebbe esplorare? La scrittura continuerà a far parte della sua vita, magari in forme nuove?
Mi piacerebbe studiare Medicina, sia per il fascino che da sempre provo per la complessità del corpo umano sia perché sento profondamente un forte bisogno di aiutare gli altri. Credo che vedere il dolore da vicino e provare ad alleviarlo sia la modalità più concreta con cui poter essere d’aiuto a chi mi circonda. L’arte e la scrittura, declinate nelle loro varie sfumature, resteranno comunque una parte di me, che continuerò a coltivare per migliorarmi.
Infine, se potesse mandare un messaggio ai suoi coetanei attraverso questo premio, cosa direbbe loro?
Non abbiate paura di sentire. Di soffrire, di amare, di essere fragili. La sensibilità non è un difetto: è il modo più autentico di stare al mondo.