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Ospedale Madonna del Soccorso, il cappellano padre Silvano Nicoli: “Si percepisce un’aria di ‘smantellamento’. Il disagio che si vive ricade sui fragili”

 

Padre Silvano durante una messa celebrata nella cappellina dell’ospedale

SAN BENEDETTO DEL TRONTODue comunicati sindacali a distanza di una settimana: è questo, per ora, lo strumento scelto dagli operatori sanitari della AST di Ascoli Piceno per manifestare il “forte disappunto per l’andamento delle relazioni sindacali nell’Azienda Sanitaria Territoriale” del Piceno.

A distanza di anni – si legge nel comunicato –, restano irrisolti i già noti gravissimi problemi che affliggono il personale dipendente. Allo stato attuale, nonostante tutte le iniziative, anche propositive, di parte sindacale, registriamo lo stallo totale sulla soluzione delle problematiche sia di carattere economico che organizzativo. L’emarginazione di questo territorio da parte della Regione Marche, con il conseguente inadeguato stanziamento delle risorse finanziarie che impedisce addirittura il mantenimento dell’attuale già precaria dotazione organica, nonché il pagamento di tutti gli emolumenti contemplati dalla vigente normativa, aggrava di giorno in giorno la bontà degli assetti organizzativi e di conseguenza dei servizi sanitari erogati alla cittadinanza, con gravi ripercussioni sul personale dipendente”.

Abbiamo incontrato padre Silvano Nicoli, responsabile della Comunità Religiosa dei Sacramentini presente in San Benedetto del Tronto e viceparroco della Parrocchia San Giuseppe, il quale, in qualità di cappellano dell’Ospedale Madonna del Soccorso, ha modo di incontrare quotidianamente i pazienti e gli operatori del nosocomio sambenedettese. Queste le sue parole: “Si tratta di un momento difficile per il nostro ospedale. Alla richiesta notevole di prestazioni sanitarie e di interventi, non sempre si è in condizione di rispondere, sia per carenza di personale sia per sovraccarico di lavoro.
Alcuni primari hanno lasciato, alcuni sono andati in pensione, altri medici hanno scelto di investire la propria professione in altre strutture sanitarie. La nostra realtà sanbenedettese ha un bacino d’utenza notevole e non sempre è possibile dare una risposta adeguata al bisogno. Si percepisce un’aria di ‘smantellamento’. Mi dispiace profondamente!
Nel mio servizio pastorale raccolgo tanti sfoghi e sofferenze, uniti a sogni di speranza! Si avvertono la fatica di conciliare la professione con la vita familiare, il difficile rapporto con le proprie situazioni che spesso toccano la fragilità delle persone anziane (genitori) in condizione a volte molto delicate e bisognose di continua assistenza, la situazione dei bambini soli a casa … Tante difficoltà. Oltre questo quadro, esistono anche realtà positive in diverse persone: professionisti che si battono, nonostante tutto, per determinati valori umani, sociali, professionali a favore di tanto disagio e sofferenza.
Raccolgo anche testimonianze notevoli di riconoscenza e gratitudine da parte di parenti per quanto è stato fatto soprattutto nei confronti di malati terminali o dei degenti in particolari situazioni, così come mi giungono attestati di stima per prestazioni e interventi compiuti dal personale impegnato.
Ringrazio, da parte mia, l’amministrazione, che consente alla mia comunità di prestare questo servizio di vicinanza: facendoci accedere nei vari reparti, accogliendoci, offrendoci disponibilità per le varie necessità. Per me è molto importante avere questa possibilità: essere accanto non solo a chi soffre, ma anche accompagnare i parenti dei degenti; condividere considerazioni (come sostenere il nostro ospedale quale struttura necessaria!) e non privare del nostro sostegno e della nostra vicinanza coloro che operano nel settore sanitario in qualità di medici, infermieri, personale vario. Una presenza di ascolto, di condivisione, di ricerca, di mediazione, di sostegno, specie nei momenti difficili, per offrire ragioni di vita che vadano oltre lo stipendio, che però resta comunque necessario per vivere.
Pur non conoscendo a fondo tante cose della nostra struttura sanitaria, ritengo sia fondamentale mettere in condizioni positive quanti sono preposti a questo servizio che non vuole essere solo sanitario, ma anche un prendersi cura del paziente: i malati sono persone che hanno bisogno di essere accolte ed aiutate. Questo è possibile nella misura in cui non vengono disattesi alcuni valori: giustizia, solidarietà, impegno per la vita, speranza, perché ai vari livelli si possa lavorare e collaborare con serenità e professionalità.
Il disagio che si vive spesso ricade non solo sulla struttura sanitaria, ma soprattutto rischia di penalizzare tante persone, specialmente anziani, malati e coloro che si fanno carico di queste fragilità.
La giustizia e la speranza non sono solo per coloro che sono impegnati professionalmente ai vari livelli, ma per tutte le persone che accedono nella nostra struttura sanitaria e la vorrebbero sentire come luogo di accoglienza, di solidarietà e di speranza. La prospettiva del nostro impegno, non è solo aziendale- sanitario, ma, attraverso i vari servizi e organismi, è anche e soprattutto ridare al nostro vivere briciole di speranza e di vita”.

Queste le rivendicazioni dei lavoratori: 480.000 ore prestate in eccedenza, 20.000 giornate di ferie non fruite, 7 anni di mancato pagamento delle indennità relative ai tempi di vestizione, mancata erogazione della produttività 2022 e 2023. Tutti questi mancati emolumenti costituirebbero, secondo i sindacati, un debito complessivo pari a 20 milioni di Euro che l’AST di Ascoli Piceno avrebbe nei confronti del personale dipendente, per una media pro-capite di 10.000 euro di credito per ciascun operatore.