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Mons. Romualdo Scarponi: “Ai preti giovani dico di stare vicino alle persone, alle famiglie, in modo particolare alla gioventù. Basta la presenza a convertire”

DIOCESI – Inauguriamo, con questo articolo, una serie di interviste ai sacerdoti della nostra Diocesi. Iniziamo da Mons. Romualdo Scarponi che proprio oggi festeggia un importante anniversario: 55 anni di ordinazione sacerdotale. Chi vorrà potrà ritrovarsi insieme a don Romualdo per ringraziare il Signore nella Santa Messa di stasera, giovedì 23 marzo, alle ore 18:00, presso la Cattedrale Santa Maria della Marina.

Come è nata la sua vocazione?
Sono nato a Monteprandone in una famiglia numerosa con sei figli. Mio padre era operaio nel rinomato pastificio Farina. Mia madre invece gestiva un negozio di generi alimentari con annesso un bar e, all’occorrenza, faceva anche la sarta. Durante la Prima Guerra Mondiale mio nonno è morto, lasciando la famiglia in estrema difficoltà. Mia madre quindi è rimasta orfana presto e, fin dall’inizio, ha tirato su la famiglia con il suo lavoro, aiutata anche da sua sorella, zia Adele, che ritengo essere il mio angelo custode. Zia Adele era una donna di grande fede, faceva parte dell’Azione Cattolica e collaborava anche in parrocchia con il gruppo di donne che si occupava nell’addobbo dei fiori in chiesa. Ho scoperto recentemente che era anche una donna di preghiera: mi è stato, infatti, raccontato, che da mezzanotte all’una faceva un’ora di preghiera in ginocchio nella sua stanza da sola. La mia vocazione quindi è stata alimentata prima di tutto dalla preghiera e dalla testimonianza di mia zia Adele. In secondo luogo è stata molto importante anche la famiglia. Mia madre, in particolare, era una donna di fede che mostrava verso gli altri un amore spiccato e genuino che si traduceva soprattutto in una grande generosità. Quando è morta, a 98 anni, due anziani contadini sono venuti a ringraziarmi per la carità che avevano ricevuto da mia madre la quale – a loro dire – aveva aiutato molta gente ed aveva regalato alla loro famiglia quasi quotidianamente qualcosa da mangiare. Anche mio padre era credente, per quanto il modo degli uomini di esternare la loro fede fosse diverso da quello delle donne: andava a Messa tutte le domeniche alle 11:00. In questo contesto familiare, che mi ha regalato tante testimonianze di fede, sono stato contagiato inevitabilmente! Ho frequentato la parrocchia di San Niccolò a Monteprandone, dove sono cresciuto un po’ alla volta, essendo anche un associato attivo dell’Azione Cattolica. È stato quindi quasi naturale all’età di 12 anni scegliere di entrare in seminario. All’epoca si decideva presto di intraprendere questa strada e così ho fatto anch’io. Il 1° ottobre del 1954 sono entrato in Seminario a Montalto delle Marche. Terminato il ciclo di studi della Scuole Medie, ho iniziato a frequentare il Liceo Classico di Ripatransone, dove sono rimasto per i due anni di Ginnasio; poi il vescovo Radicioni mi ha mandato a Fermo per gli ultimi tre anni di Liceo. A quel punto ho proseguito gli studi in Seminario fino all’ordinazione. I tredici anni di Seminario sono stati decisivi per la mia scelta definitiva: infatti mi hanno formato culturalmente e mi hanno aiutato a scoprire e capire la mia vocazione. Ringrazio veramente di cuore tutti i Superiori e i Docenti e, in modo particolare, i tre Padri Spirituali che sono stati uno più santo dell’altro.

Quando è stato ordinato?
Sono stato ordinato il 23 marzo 1968, 55 anni fa, in un sabato, a Monteprandone, dal vescovo Radicioni. Questo fu un regalo del vescovo: in genere l’ordinazione avveniva al Duomo di Ripatransone, perché all’epoca San Benedetto del Tronto non era ancora sede della Diocesi. La Diocesi allora si chiamava Montalto – Ripatransone. Di quel giorno ho un ricordo particolare che si intreccia con la storia della Chiesa. In Seminario avevo imparato a dire la Messa in latino e così ho fatto alla celebrazione presieduta dal vescovo durante la quale sono stato ordinato sacerdote. Il giorno dopo, però, domenica 24 marzo 1968, alla Messa è entrato in vigore il canone in lingua italiana. Pertanto, sebbene avessi imparato a dire la Messa in latino, la prima Messa solenne, ovvero quella presieduta da me, l’ho detta in italiano!

Quali sono stati gli incarichi pastorali che ha ricevuto in questi 55 anni?
Subito dopo l’ordinazione presbiterale, sono tornato a Fermo per concludere gli ultimi tre mesi di studio. Quando sono tornato, libero ormai dagli impegni di studio, in estate sono stato a Monteprandone per aiutare il mio parroco di allora che era don Armando Alessandrini. Successivamente il 4 ottobre è arrivata la nomina di viceparroco presso la Chiesa di San Benedetto Martire dove sono rimasto per ben 28 anni, mentre era parroco Mons. Francesco Traini. Poi il 3 marzo 1990 sono stato nominato parroco di San Benedetto Martire, quindi sono rimasto in quella comunità ancora 19 anni, per un totale 47 anni. Il 15 novembre del 2015 infine sono stato nominato parroco della Parrocchia Santa Maria della Marina fino a settembre 2019. Inoltre sono stato per 24 anni Vicario Generale della Diocesi, prima con il vescovo Gervasio Gestori e poi con l’attuale vescovo Carlo Bresciani. Ora, avendo raggiunto la veneranda età di 80 anni, pur avendo come riferimento stabile la Cattedrale, mi rendo disponibile a dire Messa, quando me lo chiedono, in qualsiasi parrocchia ce ne sia la necessità.

Cosa si sente di dire ai sacerdoti più giovani, in particolare a coloro che vivono un momento di fragilità?
Durante gli anni di apostolato presbiterale, ho messo sempre al primo posto la pastorale familiare: ritengo, infatti, che il nucleo da cui partire sia proprio la famiglia, visto che tutti nasciamo in una famiglia e le prime relazioni affettive le viviamo in famiglia. Per questo dico agli altri sacerdoti che stanno leggendo di non trascurare questo ambito della pastorale. Mettere al centro la famiglia significa pensare a tutti i componenti della famiglia, partendo dai bambini e dai ragazzi, dando molta importanza all’oratorio e alle attività che vi si svolgono, investendo tempo e pazienza anche sui giovani, magari con campi scuola ed attività ludiche, sportive e ricreative di qualsiasi tipo. Ricordo che nella comunità di San Benedetto Martire ho organizzato numerose gite e campi scuola durante i quali accompagnavo i ragazzi a Pretare, a Canzano, al Parco Nazionale d’Abruzzo; ho poi istituito dei gemellaggi con comunità sparse in tutta Italia; ho proposto e realizzato progetti di teatro, cinema e musica solo per i ragazzi; ho anche ripreso la Società Sportiva Torrione, in quanto ho sempre ritenuto che lo sport avesse un’importanza fondamentale nella crescita dei ragazzi e ne sono convinto ancora oggi. Negli anni ho avuto la fortuna anche di insegnare, prima alla Scuola Media Sacconi e poi al Liceo Scientifico Rosetti; quindi sono stato sempre vicino ai ragazzi e agli adolescenti ed ho compreso l’importanza di occupare il loro tempo in modo divertente, ma utile.  Ho sempre sostenuto che occuparsi dei figli significhi occuparsi anche del resto della famiglia: del resto, se i figli frequentano la parrocchia, anche i genitori saranno costretti a farlo!
Il secondo consiglio che mi sento di dare – e che è conseguenza diretta del primo – è di stare molto vicino alle persone, alle famiglie, in modo particolare alla gioventù. La presenza è fondamentale. Già basta quella a convertire. Ricordo che ai miei tempi la benedizione delle famiglie durava 4/5 mesi per poter parlare con i miei parrocchiani, ma soprattutto per poterli ascoltare: nelle famiglie infatti ci sono malati, anziani, giovani con difficoltà e anche adulti a volte timorosi o fragili nella fede. Certamente oggi la società è cambiata molto e tutto questo tempo per l’ascolto non c’è, ma ricordiamoci sempre che, senza la dimensione della relazione, la Chiesa non può esistere.
Infine vorrei dire a tutti i sacerdoti che vivono un momento di difficoltà di non perdere mai la speranza: noi, infatti, siamo a servizio del Signore che ci ricompensa con il centuplo di quello che diamo.