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FOTO Diocesi, Dott. Ezio Aceti: “I nostri figli non hanno bisogno di genitori perfetti, bensì di genitori umani e fragili”

DIOCESI – Si è svolto domenica 15 gennaio, alle ore 15:30, presso l’Oratorio della Parrocchia Sant’Antonio di Padova di San Benedetto del Tronto, un incontro con il dott. Ezio Aceti dal tema “Essere genitori oggi: una sfida quotidiana”. L’evento, organizzato dall’Ufficio di Pastorale Familiare Diocesano in collaborazione con il Centro Famiglia, ha registrato la presenza massiccia di molti genitori, alcuni dei quali sono rimasti anche in piedi pur di ascoltare l’illustre ospite.

Dopo il saluto e l’introduzione del vescovo Carlo Bresciani, il dott. Aceti ha esordito parlando dei fondamenti della famiglia, specificando che “essa non è una cosa nostra, bensì è di Dio: ecco perché non crollerà mai!” Cinque i punti affrontati. Prima di tutto la persona: “Tutte le parti di cui siamo composti (corpo, psiche, …) – ha proseguito Aceti –  sono illuminate dall’essenza più importante, la nostra coscienza, ovvero quella scintilla che ci rende umani e forti. Questo patrimonio è una grande dono. Spesso i sacerdoti ci dicono cose vere, ma con un linguaggio teologico che non sempre è comprensibile. Invece, per spiegare questo concetto in maniera semplice, possiamo dire che, oltre ai cromosomi di mamma e papà, in ogni figlio ce n’è un quinto che è quello di Dio e che ci spinge a relazionarci con gli altri. Nessuno di noi può vivere senza l’altro: persino il prete è lui stesso famiglia o anche l’eremita che vive da solo, perché entrambi sono in relazione con Dio. L’amore quindi è imprenscindibile dall’uomo, è incarnato con lui“. Ecco allora il secondo punto: “Ognuno di noi ha un programma, come avviene per i computer. Noi siamo programmati per l’amore. Come diceva San Giovanni della Croce, ‘Dove non c’è amore, metti amore e troverai amore’.”. Il terzo fondamento riguarda invece la gioia. Ha affermato Aceti: “Mi sono sempre chiesto perché Gesù abbia detto ai suoi: ‘Che la vostra gioia sia piena’. La risposta è che solo l’autenticità crea gioia“. Il quarto punto è un fondamento importantissimo secondo l’illustre relatore. Questa le sue parole: “Dio ci dice che è sempre possibile ricominciare. Questa è una grande verità che ci dà molta speranza”. Infine “Dio ha creato in noi uno spazio in cui abita: – ha concluso Aceti – quello spazio è in noi ed è stato creato per farci realizzare fino in fondo, pienamente“.

A seguire lo psicologo lombardo ha spostato la sua attenzione sui fondamenti relazionali: “Essere maschio e femmina non è un accidente. Noi non viviamo fino in fondo la nostra diversità che, invece, ci è stata data per vivere maggiormente in armonia la nostra identità. Già nel feto, ad un certo punto, il cervello maschile si differenzia da quello femminile. Dobbiamo tener conto di queste differenze e viverle pienamente”.

Infine Aceti ha accennato ai fondamenti educativi: “Ci sono tre leggi che ci muovono: la legge fisica, la legge evolutiva e la legge educativa. Come fa un bambino piccolo a diventare un uomo o una donna? Non è un miracolo! Come una pianta ha bisogno di un terreno per crescere bene, così anche un bambino ha bisogno di una famiglia per poter crescere e sviluppare fino a divenire maturo: a tal proposito specifico che la maturità si raggiunge quando una persona è contenta e realizza sè. Questa capacità di trasformare un bambino in un adulto è un grande dono che riceviamo, è un il patrimonio che dobbiamo imparare a sfruttare meglio”.

Dopo aver analizzato i fondamenti della famiglia, Aceti ha proseguito parlando dell’oggi, del tempo che siamo chiamati a vivere: “Un tempo le regole governavano il mondo. Tutti condividevano le stesse regole e non eravamo bombardati da tante novità. Non ci interessa sapere se quel mondo passato fosse migliore o peggiore di quello attuale, quello che a noi interessa è l’oggi. Noi siamo all’inizio di una nuova era e, come tutte le cose dell’inizio, facciamo fatica. Il filosofo Galimberti dice che negli ultimi quarant’anni ci sono stati cambiamenti maggiori che in tutti gli altri 1980 anni. Inoltre siamo bombardati dagli stimoli. Se un tempo, la nostra misura era il paese, oggi, al contrario, è il mondo: infatti, al contrario del passato, oggi i nostri figli viaggiano molto in Europa. Inoltre gli studi ci dicono che in futuro saremo mescolati e che stiamo andando sempre più verso la complessità. Ecco perché sentiamo tante fatiche che sono legate a questo cambio di passo ed ecco perché non dobbiamo deprimerci. Anzi, se governiamo bene questa crisi, essa può essere foriera di tante cose buone, un po’ come accade durante il parto: dopo il dolore delle doglie, avviene la nascita. In questo periodo storico è come se stessimo in mezzo al mare e dovessimo arrivare all’altro lato della riva. Siamo in un tempo cattivo: stiamo combattendo una terza guerra mondiale, seppur spezzettata; poi siamo nel mezzo di una crisi economica e stiamo affrontando anche una pandemia. È come se nelle nostre famiglie, che sono un luogo privilegiato, fosse arrivato uno tsunami. Abbiamo allora il compito di capire come attraversare il guado. Quando ci sono più problemi, infatti, ci sono anche più conflitti e quindi più fatiche che non ci aspettavamo. Dobbiamo imparare, però, a non dare alla parola crisi una connotazione negativa. L’aspetto più brutto, infatti, è l’indifferenza; al contrario, la crisi è un’opportunità. Del resto noi non siamo fuori dalla storia, noi siamo in questa storia ed è qui, in questo contesto, che dobbiamo imparare a misurarci. E anche se a volte siamo stanchi, altre volte incapaci, ricordiamoci sempre che i nostri figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma di genitori umani. La nostra fragilità, infatti, è un grande dono. Pertanto non preoccupatevi, se c’è un po’ di inquietudine. Il priore della comunità di Bose ci indica una via, ci dice che il tempo che stiamo vivendo come famiglia, come società è paragonabile ad un cielo di nuvole. È arrivato il momento di parlare del sole che scioglie le nuvole! L’incoraggiamento certamente dobbiamo farlo noi. La psicologia moderna ha scoperto una caratteristica che abbiamo e che appartiene ai minerali: la resilienza, ovvero la capacità di un materiale di non spezzarsi, nonostante il vento. Questo è molto importante, così come è fondamentale comprendere che alcune cose non sono risolvibili. Un poeta spagnolo diceva che l’essere umano è una persona limitata con una prospettiva verso l’infinito. Questo limite è un’opportunità per esercitare ancora di più l’amore“.

In conclusione, rispondendo alle domande di alcuni presenti, Aceti ha affermato: “Un proverbio indiano dice che, per fare un bambino, ci vuole un villaggio. Questo significa che dobbiamo metterci insieme, perché è solo la comunità che rende potenti. Ma per metterci insieme, dobbiamo prima imparare alcune cose di base. Prima di tutto ascoltiamoci di più: non è una perdita di tempo ascoltare i nostri figli; anzi essi ne hanno proprio bisogno. Poi occorre un nuovo modo di parlare, ricordandoci che, essendo umani, la parola può fare danni (addirittura guerra), ma anche realizzare tanti miracoli”.
Raggiunto telefonicamente, il dott. Aceti ha dichiarato alla nostra testata: “Ho trascorso un bel pomeriggio nella vostra Diocesi. Ho visto una buona partecipazione da parte del pubblico presente: mi sono state rivolte molte domande e c’è stato un bel confronto con i genitori sulle dinamiche che si vengono a creare con i figli. Durante l’incontro abbiamo cercato di riconoscere ed accogliere la nostra fragilità di genitori, portando però una Luce: c’è una concreta possibilità, infatti, che, con le doti e le risorse che ciascuno di noi possiede, si riesca a superare ogni difficoltà. A tal proposito ho constatato una grande voglia di mettersi in gioco da parte dei presenti”.

Infine – ha concluso Aceti – voglio spendere due parole sugli organizzatori dell’evento. L’Ufficio di Pastorale Familiare Diocesano ed il Centro Famiglia si sono messi insieme. Questa è una scelta ottima, questa è la strada: meglio, infatti, tante famiglie fragili insieme, anziché poche famiglie supereroi. In tal senso anche il vescovo Bresciani mi è piaciuto molto, perché non ha fatto voli pindalici, bensì una teologia umana“.