Il programma di oggi della festa in onore del Santo Patrono:
Ore 15.45: Processione dalla Cattedrale alla chiesa abaziale di San Benedetto martire in parrocchia
Ore 17.00: solenne concelebrazione eucaristica con la riconsegna della chiave del Patrono e la benedizione della città
Di Pietro Pompei
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Alcuni storici affermano che i Piceni, in genere, accolsero la nuova religione Cristiana più tardi rispetto alle altre popolazioni italiane, anche perché mancava nelle nostre contrade una presenza significativa di Ebrei.
E’ lecito, tuttavia, pensare che qui da noi, dove i reperti di ville romane si possono rinvenire in più parti e che fanno pensare anche alla presenza di schiavi e liberti, presso i quali la nuova religione aveva avuto più facile accoglienza, il Vangelo fosse conosciuto fin dai primi secoli dell’era cristiana. Lungo le coste, insieme alle merci, veicolavano le idee e gli abitanti delle marine erano meno legati, rispetto a quelli dell’interno, alle tradizioni. Dopo l’editto di Costantino che mise fine alle persecuzioni dei cristiani, il Sepolcro del Martire Benedetto incominciò ad essere meta di un continuo pellegrinaggio, e le molte grazie e miracoli accrebbero la fama del luogo. E per il modo in cui subì il martirio, al Santo venivano richieste grazie particolari che riguardavano le malattie del capo.
Il persistere nei secoli di questo culto, ci fa ritenere che ancor prima della Pieve, sorgesse in quel luogo un piccolo Santuario intorno al quale si svolgevano feste religiose e civili. Lo spiazzo intorno e la poca distanza dal Borgo che si distendeva dall’odierna via S.Voltattorni verso la zona Marinuccia, erano favorevoli a mercati e fiere; famosa è stata tramandata quella del 13 ottobre, giorno del Martirio di S.Benedetto
Quindi all’inizio non un paese intorno al sepolcro del Santo, ma un modesto santuario con particolare devozione. Fu, quindi, costruita, vicina, come si deduce da alcune visite pastorali dei secc. XV e XVI, la Pieve con il presbiterio rivolto ad est. E’ evidente, quindi, che prima della “donazione” ai fratelli Gualtieri da parte del Vescovo di Fermo, Liberto, esistessero sul promontorio un piccolo santuario, una pieve e a nord casupole di contadini e pescatori. Altri limitati insediamenti erano sul colle “Barattelle”, lungo la Valle del Forno, così ricca di sorgenti, e lungo la riva destra dell’Albula, poco più ad ovest dell’odierno incrocio tra la strada che va ad Acquaviva e quella che prosegue per S.Savino.
Dopo il 1145 si iniziò la costruzione della Rocca. La base scarpata, non aveva solo lo scopo di trattenere il terreno, quanto quello di rendere difficoltosa l’arrampicata dei nemici e nello stesso tempo dare l’appoggio alle mura merlate e in particolare alle varie torri di osservazione e di alloggio. Due secoli dopo si pensò di costruire la grande torre esagonale di avvistamento antisbarco.
La città festeggia il suo onomastico
A leggere il Vangelo, la prima testimonianza di fede davanti al Crocifisso, appena spirato, è stata quella del “Centurione e di quelli che con lui facevano la guardia a Gesù…”. Dicevano: ”Veramente costui era Figlio di Dio!”.( Mt. 27,54). E se si vuole, i primi annunziatori della Risurrezione furono ancora i soldati: “Alcuni della guardia (posta davanti al Sepolcro) giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto”. (Mt. 28,11). Sappiamo dalla storia dei primi secoli del Cristianesimo, come molti furono i convertiti tra le file dell’esercito romano e molti testimoniarono la fedeltà a Cristo con il sacrificio della propria vita.
Il nostro Benedetto fu uno di questi e nonostante le promesse e le lusinghe per distoglierlo dalle sue convinzioni, non accettò di fare sacrifici al dio Imperatore che in quel tempo era Diocleziano e fu accusato di lesa maestà e condannato a morte per decapitazione: pena inflitta, solitamente, ai “cives romani”. La tradizione che ha la stessa valenza di qualsiasi altro documento cartaceo o di reperto, ci ha tramandato molte notizie sulla vita di questo soldato. Sono rimaste “una memoria ed una devozione, anzi un culto liturgico antico ed inveterato, che ha fatto del Santo Martire l’eroe eponimo della città, la quale da lui ha preso il nome e intorno al suo santuario, diventato pieve, è stata costruita”.
Di stanza presso la vicina Civitas di Cupra Marittima, cittadina prestigiosa del tempo e centro di culto della dea Cupra, il nostro Benedetto testimoniò la sua fede con il martirio. Fu decapitato sul ponte del torrente Menocchia all’età di 28 anni, il 13 ottobre del 304. Il suo corpo e il suo capo, per dispregio, furono buttati nelle sottostanti acque, agitate da un improvviso temporale e trasportate in mare aperto. Le correnti, poi, spinsero questi resti mortali del Martire sulle nostre spiagge, ancor oggi chiamate “Marinuccia” e quindi pietosamente raccolte da un contadino, che pensò di dar loro sepoltura sul nostro promontorio a ridosso dell’Albula. Sepolcro che è ancora lì dopo 1700 anni, meta ininterrotta di pellegrini anche dei paesi vicini e dei tanti che passavano lungo la via che nei secoli ebbe più nomi (Salaria, Flaminia, Lauretana…ed oggi Adriatica).
E ad ogni festa annuale il popolo sambenedettese torna numeroso su quella tomba per ripetere l’invocazione:” Santo Martire Benedetto, dal quale prende nome questa città che ti invoca come suo celeste patrono, sii per tutti noi modello di vita cristiana convinta e coerente… Ti ringraziamo per i benefici impetrati per questa nostra città. Benedicila ancora e guidala sulle vie del bene spirituale e materiale. Conservala nella concordia e nella pace. Rendila ospitale e generosa verso tutti, fratelli d’umanità e di fede ”.
La stessa devozione viene espressa in Argentina, in particolare a Mar del Plata, dove i nostri emigrati si ritrovano nella chiesa che porta il nome del nostro Martire, presso la statua donata dalla Comunità sambenedettese. Il 13 ottobre è una grande festa con Santa Messa solenne, processione e da una rievocazione storica.