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San Filippo Neri, Deivi Hasani e Daniele Falcioni ci raccontano l’esperienza del campo scuola

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Tra una settimana le scuole riapriranno, ma, prima di tornare alla consueta routine giornaliera, fatta di lezioni, compiti e studio, vogliamo sentire dalla diretta voce dei ragazzi e degli animatori come hanno vissuto nella loro parrocchia l’estate appena trascorsa. Incontriamo oggi Daniele Falcioni e Deivi Hasani, due giovani della parrocchia di San Filippo Neri di San Benedetto del Tronto che ci raccontano l’esperienza del campo scuola organizzato nella loro comunità, il primo in veste di partecipante e il secondo in veste di educatore.

Così racconta Daniele: “Prima della pandemia la nostra parrocchia ha sempre organizzato un campo estivo per noi ragazzi, o in abbinamento ad altre parrocchie o per conto nostro. In ogni caso abbiamo sempre potuto partecipare ad un’uscita estiva, fino a che il Covid ci ha impedito di vivere altre iniziative in compagnia. Perciò, quando quest’anno il nostro parroco don Gianni Croci ci ha chiesto se volessimo organizzare qualcosa, siamo stati tutti contenti. Purtroppo, però, alcuni miei amici erano impegnati con il lavoro e non hanno potuto partecipare. Io, invece, che ho 16 anni e frequento il Liceo Scientifico, avevo tempo libero da dedicare alla parrocchia, visto che avevo anche terminato il mio lavoro estivo a fine luglio; quindi ho accettato con piacere.

Anch’io ho accettato subito: – interviene Deivi – anche se non avevo mai fatto questa esperienza prima, lo scorso anno avevo seguito da catechista un gruppo di ragazzi delle medie. Il parroco ha visto che mi sono trovato a mio agio con i ragazzi un po’ più piccoli e mi ha chiesto di dare il mio contributo anche in questa occasione. Ho 23 anni e nella vita studio Economia e Commercio all’Università Politecnica delle Marche, quindi d’estate ho sempre un po’ di tempo libero e pertanto ho pensato di spenderlo così, accogliendo la proposta di don Gianni.

Prima di partire, – prosegue Deivinoi educatori, che eravamo in dodici, insieme a don Gianni e don Gabriele, ci siamo preparati attraverso alcuni incontri durante i quali abbiamo sia organizzato le attività da fare al campo scuola sia suddiviso tra di noi le varie incombenze, come la preparazione dei pasti o i turni delle pulizie. Quegli incontri sono stati veramente utili, sia per familiarizzare ancora di più tra noi, sia perché l’organizzazione si è rivelata molto importante per la riuscita del campo scuola: quando si ha a che fare con tanti ragazzi, infatti, anche per più giorni, non si può improvvisare; al contrario, è necessario preparare il materiale, organizzare le attività e anche pregare.”

“Siamo partiti il 7 agosto – racconta Daniele – e siamo rientrati il 13 agosto. Siamo andati a Brittoli, in Abruzzo, nella struttura San Francesco. Grazie al lavoro degli animatori, di cui ha parlato Deivi, ogni cosa è stata organizzata nei minimi dettagli: siamo stati divisi in quattro gruppi, ciascuno con il nome di una stagione e con compiti precisi da svolgere. Durante la Messa, ad esempio, un gruppo curava l’allestimento dell’altare e dei banchi, un gruppo cantava come coro, un altro gruppo leggeva le letture della liturgia del giorno e l’ultimo gruppo scriveva e leggeva le preghiere dei fedeli. La divisione in gruppi, inoltre, serviva anche per stabilire i turni per apparecchiare, sparecchiare, servire i pasti e fare le pulizie nella sala pranzo. La prima mattina di soggiorno don Gabriele ha imposto a tutti di pregare le Lodi per farci capire cosa fossero e farci fare questa esperienza. Poi, però, ci ha detto che dal giorno seguente, ognuno di noi avrebbe potuto scegliere se partecipare o meno. Devo dire che, con mia grande sorpresa, c’è stata sempre una buona partecipazione, quasi pari alla totalità dei ragazzi presenti.

“Questo il fitto programma che ci attendeva quotidianamente – riferisce Deivi – dopo le Lodi, ogni mattina abbiamo affrontato un argomento diverso, prendendo spunto dai suggerimenti forniti dal sussidio diocesano L’Armadio del cuore’. Il primo giorno il titolo della riflessione è stato appunto ‘L’Armadio del cuore: quello che esce dal cuore’, quindi abbiamo ragionato su quello che si prova in particolari situazioni. Il secondo giorno abbiamo riflettuto su come riconoscere le nostre difficoltà e anche su come gestirle e continuare a sognare. I primi due giorni, quindi, li abbiamo dedicati a noi, mentre gli altri tre giorni ci siamo soffermati su chi ci circonda: il terzo giorno abbiamo riflettuto su come riconoscere l’importanza dell’altro per camminare insieme, il quarto giorno su come riconoscere la sapienza dell’adulto ed il quinto giorno sull’imparare a diventare amici. Abbiamo scelto temi difficili da affrontare con gli adolescenti, ma – devo dire – abbiamo vinto la sfida! I ragazzi, infatti, sono stati partecipi ed interessati.”

“Ogni volta due animatori spiegavano il tema del giorno – spiega Daniele – ed avviavano il dialogo con noi ragazzi anche attraverso attività particolari. Per esempio, quando abbiamo affrontato il tema del sogno, a me particolarmente caro, ci è stato chiesto di scrivere i nostri sogni su un foglio che abbiamo riposto in un piccolo armadio di cartone realizzato dagli educatori; poi ciascuno di noi è stato invitato a pescare e leggere un biglietto, così da poterne affrontare il contenuto senza sapere chi lo avesse scritto, garantendo l’anonimato e senza imbarazzo da parte di nessuno. Io sono una persona che non parla molto in pubblico e, se mi avessero fatto una domanda diretta, non avrei mai rivelato il mio sogno; in quella circostanza, invece, in mezzo a persone amiche e in un contesto che mi garantiva l’anonimato, mi sono sentito tranquillo nell’esprimere liberamente le mie paure e i miei desideri. È stato bello condividere le paure e le difficoltà con altri amici del gruppo ed è stato ancora più bello ritrovarsi nelle paure e nei desideri che altri hanno espresso. Le giornate sono volate! Dopo il pranzo, infatti, avevamo un po’ di tempo libero e poi subito venivamo coinvolti in alcune attività pratiche legate al tema affrontato la mattina. Un giorno, ad esempio, abbiamo dipinto dei sassi, un altro giorno ci hanno dato un taccuino su cui poter scrivere i nostri pensieri, poi abbiamo celebrato più volte la Messa e una volta ci siamo anche confessati.”

“Per me, e credo un po’ per tutti – spiega Deivi – è stata un’esperienza gratificante. All’inizio noi animatori eravamo in preda a tanti dubbi e paure, sia per l’organizzazione sia per la minaccia del Covid. Però, una volta giunti sul posto, abbiamo iniziato a lavorare e l’entusiasmo ha preso il sopravvento. I ragazzi, infatti, avevano molta voglia di mettersi in gioco: hanno partecipato con attenzione e slancio a tutte le attività proposte, sia quelle eseguite in gruppi ristretti, che erano più tese alla riflessione, sia quelle svolte con tutti i partecipanti, che avevano invece una finalità ludica o di conoscenza. Ogni giorno è stato intenso, colmo di momenti da gestire e da vivere. Ma l’esperienza che ricordo con maggiore piacere è stata l’escursione da Cannatina a Monte Cappucciata. Siamo partiti carichi di entusiasmo, ma, man mano che salivamo, la fatica si faceva sentire sempre più chiaramente. Tuttavia, la stanchezza e la tentazione di fermarsi e abbandonare il cammino non hanno avuto la meglio, perché ci sostenevamo a vicenda, parlando, cantando e confortandoci gli uni gli altri. È stato bello condividere un obiettivo e raggiungerlo insieme. Mentre camminavo, ho pensato a quanto sarebbe bello se, anche nel duro cammino della vita, avessimo intorno a noi chi ci sostiene e ci incoraggia, rendendo il percorso meno faticoso e condividendo con noi la gioia della meta. Ogni obiettivo della vita, vissuto in questo modo, avrebbe un sapore diverso!

Io consiglierei a tutti i ragazzi adolescenti di partecipare ad un campo scuola – conclude Daniele – perché credo sia una delle esperienze parrocchiali più formative. Due cose mi sono rimaste impresse di questo campo scuola. La prima cosa è stato il fatto di aver trascorso uno dei compleanni più belli della mia vita! Io ho un rapporto molto conflittuale con il mio compleanno: infatti, non mi piace festeggiarlo, perché ripongo in quella giornata sempre tante aspettative che poi puntualmente vengono disattese e quindi resto deluso. Quest’anno, però, la data fatidica, il 12 agosto, cadeva proprio durante i giorni del campo scuola. E, nonostante mi sia slogato una caviglia proprio in quel giorno, la sera, terminata la cena, tutte le luci si sono spente: alcuni educatori si sono avvicinati a me con la torta e i cuochi, dietro di me, hanno sparato i coriandoli in aria. Poi siamo saliti nelle camere e abbiamo giocato un po’. È stato uno dei pochi compleanni in cui posso dire di essere andato a letto con il sorriso stampato in faccia perché ero davvero felice. Poi, la seconda che porterò sempre nel cuore è anche la parte che più mi è piaciuta del campo scuola, ovvero il contatto con la natura. Abbiamo trascorso un’ora intera nel bosco, sotto agli alberi, nel completo silenzio. È stato un momento in cui mi sono sentito veramente connesso con il resto del mondo, con i miei amici del gruppo, con la natura e anche con Dio. Non so perché, ma in quel momento di silenzio assoluto più che in altri posti, come ad esempio in Chiesa, mi sono sentito addosso la mia fede e mi sono sentito veramente più vicino a Dio.”