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Intervista al diacono Domenico Maria Feliciani: “Servire è spesso nel silenzio e sempre con il sorriso”

8COLONNELLA – Dopo aver raccontato la storia di Walter Gandolfi e Natalino Marinozzi, proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta dei diaconi che operano nella nostra Diocesi, incontrando oggi Domenico Maria Feliciani che svolge il servizio diaconale presso le Parrocchie di San Cipriano e San Giovanni Evangelista di Colonnella.

 

Come è nata la sua vocazione e come è stata accolta in famiglia?
Tutta la mia esistenza si può riassumere in due episodi, o meglio, incontri decisivi per la mia vita. A vent’anni, incontrai una ragazza al mare: era l’agosto del 1972 e ne rimasi così affascinato che feci di tutto per avvicinarla e conoscerla. Mi riferisco a Maria, “amabile cerva, graziosa gazzella” (Prov. 5, 18 – 19), che ora è mia moglie e mi dona costantemente forza e coraggio nei momenti bui della mia vita.
Più tardi, a 35 anni, quindi “nel mezzo del cammin di nostra vita”, visto che oggi ne ho 70’anni, ho incontrato e fatto una forte esperienza della presenza del Signore in me e intorno a me. Esperienza che mi ha stravolto la vita, inondandola di luce e di amore. Come dice il Salmo 138, “alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano.” San Giovanni nel suo Vangelo annota: “Erano circa le quattro del pomeriggio”. Non posso dire altrettanto, nel senso che, in tutta onestà, non ricordo l’ora; fu, però, durante una messa feriale, in un paese lontano, che incontrai il Signore. Mi trovavo, per lavoro, a Valdobbiadene (in provincia di Treviso) e, siccome per recarmi in ufficio dovevo attraversare la piazza del paese, mi fermavo spesso in Chiesa per una preghiera in suffragio di mio padre, morto da poco. Durante la Messa, rimasi folgorato dalle parole della consacrazione. Uscii dalla Chiesa completamente trasformato e convertito. Questo ritorno al Signore mi aiutò a riflettere sulla situazione che vivevo all’epoca: ero lontano 500 Km da mia moglie, che lavorava a Tortoreto (in provincia di Teramo), eravamo appena sposati e questo distacco è durato circa otto anni, con tutte le conseguenze negative per una giovane coppia che cerca di crescere insieme. In questo tempo di riflessione, conobbi il parroco di Valdobbiadene, mons. Luigi Rimano, originario di Limena (in provincia di Padova) che, sensibile alla mia strana situazione familiare, mi prese sotto la sua custodia, mi diede degli incarichi come lettore e mi portava con sé a visitare gli ammalati. Sotto la sua guida, lessi per la prima volta la Bibbia, aiutandomi a crescere spiritualmente. Conobbi anche padre Pietro Righetto, somasco, responsabile del Santuario di San Girolamo Emiliani, poco distante da Valdobbiadene, dove mi recavo spesso a confessarmi. Così, sotto la guida di questi due santi sacerdoti, incominciai a capire che la nostra situazione familiare, agli occhi del Signore, aveva un senso ed era benedetta.
Nel frattempo, Maria si era inserita, a Tortoreto, nel Movimento Sacerdotale Mariano, fondato da don Stefano Gobbi, e frequentava assiduamente i cenacoli nelle famiglie. Presto si presentò il problema di non poter avere dei figli naturali e, invece di indebolirci, ci rafforzammo con la preghiera, affidandoci alla volontà di Dio. Riflettemmo a lungo su una lettura del Vangelo dove Gesù dice: “Chi accoglie uno di questi piccoli, accoglie me” e capimmo che la nostra genitorialità sarebbe stata speciale. Considerando bene queste parole, rivolgemmo la nostra attenzione agli ultimi e non amati e ci mettemmo in contatto con le Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta. Così, dopo vari documenti spediti in India e vari colloqui al Tribunale dei Minori de L’Aquila, ottenemmo la sentenza di adozione. Oggi, grazie a Dio, siamo genitori felici di due ragazzi che hanno intrapreso la loro strada nella vita.
Quando ero ancora nel Veneto, don Luigi mi parlò del diaconato, ma essendo preso da altre priorità, lasciai cadere il discorso. Quando sono tornato a vivere a Colonnella, il parroco di allora, don Marcello Di Girolami, conosciuta la mia esperienza parrocchiale in Veneto, mi propose il Ministero dell’Eucaristia e la visita agli ammalati. Insieme ad altre persone, demmo vita al Gruppo dei Lettori, pregando e meditando le letture domenicali. Poi, Maria ed io, dopo l’esperienza dei corsi di cristianità, iniziammo il cammino neocatecumenale a Colonnella che ci permise di conoscere tante altre persone in Diocesi. Tra queste persone non posso non ricordare padre Luciano Rossi della Parrocchia di Sant’Antonio in San Benedetto del Tronto che divenne nostro padre spirituale, nonché caro amico. Fu lui che mi parlò ancora del diaconato, ma anche questa volta non diedi peso alla proposta. Intanto in diocesi, mia moglie ed io conoscemmo il diacono Antonio Barra e sua moglie Giancarla Perotti che ci accolsero come collaboratori nella pastorale familiare e nella pastorale dei separati-risposati. La loro professionalità ed amicizia sono state per noi sempre un riferimento e una forza per andare avanti. Tempo dopo, il nuovo parroco di Colonnella, don Giovanni Candellori, mi propose di nuovo il cammino diaconale e, dopo averne parlato con il vescovo Gervasio Gestori, accettai questa chiamata, come segno della volontà di Dio. Mi iscrissi alla Scuola di Formazione Teologica al Seminario di Fermo e anche qui conobbi degli insegnanti veramente speciali: mons. Miola, don Valentini, don Tassi, don Di Mattia, don Salvucci ed altri. Contemporaneamente il vescovo mi inserì nel gruppo degli aspiranti diaconi, seguiti da don Pierino Vallorani. Terminati gli studi con ottimi voti, fui ordinato diacono insieme a Giovanni Maria Bettoni il 24 Novembre 2007.

Quali servizi ha svolto per la Diocesi in questi anni?
Ricevetti subito il decreto di collaborare con mons. Federico Pompei nella Parrocchia Regina Pacis di Centobuchi. Vi sono rimasto per tredici anni ed ho avuto il privilegio di conoscere persone veramente meravigliose. Don Federico mi incaricò di interessarmi dei Battesimi e di aiutarlo nelle benedizioni delle famiglie. Il suo successore, don Pierluigi Bartolomei, visto che c’erano tantissime richieste di Battesimi, mi consigliò di istruire delle coppie e formare una vera e propria pastorale pre e post battesimale. Mi interessai anche ai catecumeni, adulti che chiedono i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Questa è stata veramente un’esperienza indimenticabile che è servita molto anche a me e a mia moglie. Un altro compito fu quello di accompagnare coppie di conviventi, quasi tutti con figli, al Sacramento del Matrimonio. Il parroco successivo, don Gian Luca Pelliccioni, oltre a farmi amministrare il Sacramento del Battesimo a diversi bambini, come mi avevano fatto fare anche i precedenti parroci, mi incoraggiò a preparare le omelie. Da questi tre sacerdoti e dai viceparroci, Don Matteo Calvaresi, don Pino Raio e don Giuseppe Giudici, ho appreso molto e ciascuno di loro, secondo il proprio carisma, mi ha dato tantissimo. Li porto nel cuore con infinita gratitudine, affetto e stima. Da due anni, sua Eccellenza il vescovo Carlo Bresciani, mi ha trasferito nelle parrocchie di Colonnella, il cui parroco è don Dino Straccia. Purtroppo, a causa della pandemia, tutte le attività parrocchiali sono state interrotte. e solo da poco tempo c’è una piccola ripresa. In questo periodo di riposo forzato, ho letto molti libri di autori a me cari: Toth Tihamer, vescovo ungherese, i cui libri sulla famiglia e sui giovani sono ancora oggi, a distanza di quasi un secolo, di una attualità sconcertante; Johannes Jørgensen, scrittore danese, famoso per le biografie di molti santi, come San Francesco e Santa Caterina da Siena; Thomas Merton, un monaco trappista circestense; Tomas Spidlik, di cui tuttora uso i bellissimi commenti ai Vangeli feriali e festivi; infine il mio mentore, Charles de Foucauld, la cui esperienza mi ha insegnato a servire nel silenzio e con il sorriso.

Qual è oggi la sfida maggiore del diaconato permanente?
Per me il diaconato è una grande Grazia sia per le nostre famiglie sia per l’intera comunità. Nei momenti di opacità, che inevitabilmente accadono nella vita di ognuno di noi, la Grazia del Signore si fa sentire. A volte nelle comunità parrocchiali la figura del diacono non è ben compresa, ma in ogni caso dobbiamo essere sempre “sale e luce della terra”. Mi piace pensare, in questi momenti difficili, alle stelle alpine. Sono fiori bellissimi, forti da sopportare tutte le intemperie, crescono lontano, sulle cime delle montagne e in solitudine. Forse nessuno le vedrà, nessuno le contemplerà, nessuno le apprezzerà, ma esse sono un dono di Dio e Lo lodano in ogni tempo.