- L'Ancora Online - https://www.ancoraonline.it -

Seguimi!

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

La fede non è un castello in cui arroccarci, chiuderci dentro con il Signore per difenderci e difenderlo da tutti coloro che giudichiamo infedeli. La fede è un cammino da intraprendere, non un chiudersi nelle proprie idee ma un uscire fuori.

E’ questo il senso del rimprovero di Gesù ai discepoli: di fronte a dei Samaritani che non vogliono accogliere il Maestro nel loro villaggio, gli stessi discepoli, in particolare Giacomo e Giovanni, suggeriscono: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? [Egli] si voltò e li rimproverò».

Decisamente estrema come soluzione quella proposta da Giacomo e Giovanni: certo è, però, che comprendere che la via di Gesù non è quella della condanna ma della misericordia non è facile per loro, ebrei osservanti e zelanti. Accettare la sua debolezza, la possibilità del fallimento della sua missione, accogliere il ministero non di condanna ma di salvezza del peccatore non è immediato.

Che cosa ci chiede davvero la fede?
Continuiamo a leggere il brano del Vangelo che oggi la liturgia ci propone: «Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò ovunque tu vada!”. E Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”».

L’uomo di fede non ha dove posare il capo nel senso che non cerca Dio per placare la propria insicurezza, per fare di Lui la propria tana in cui rifugiarsi e difendersi dal mondo pieno di pericoli, insidie, trappole e nemici.

Ancora: «A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”. Gli replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”». Quando Gesù chiama, non si può preferire un comandamento, seppur santo, al suo amore! O si scegli lui radicalmente o si continua a stare insieme ai morti. O si accetta il dono di una “novità” di vita o si rischia di continuare a lasciarsi condizionare e vivere solo ed esclusivamente da ciò che è passato.

«Un altro disse: “Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio”». Anche queste sono parole dure e vanno intese come un’espressione paradossale della radicalità della sequela: l’uso di questa immagine inaudita, cioè mettere in secondo piano i propri genitori, vuole far intendere quanto profondo, intimo e irrevocabile sia seguire il Cristo. C’è una responsabilità nella fede per cui nulla deve condizionare il nostro essere discepoli di Gesù. Il Signore ci chiede di guardare avanti, puntare la fine del campo, essere più attenti a tenere in profondità l’aratro che verificare quanto fatto, voltandoci indietro.

Che il Signore ci conceda la determinazione di dirgli sempre “sì”, senza paura, e, anche se qualche volta stentiamo, abbiamo comunque la certezza che sarà Lui a sostenerci.

Ci affidiamo a Lui attraverso le parole del salmo responsoriale:
«Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare.
Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima…
Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra».