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Don Lanfranco Iachetti, “Siamo noi gli strumenti con cui Gesù tesse la pace”

DIOCESI – Riportiamo la meditazione di don Lanfranco Iachetti, assistente diocesano per il settore “Adulti” di Azione Cattolica, in occasione della serata di preghiera e riflessione dal titolo “Tessuti di pace“, tenutasi Giovedì 26 Gennaio, alle ore 21:15, presso la parrocchia San Basso in Cupra Marittima e organizzata dall’Azione Cattolica Diocesana per riflettere sulle parole scritte da papa Francesco nel Messaggio per LV Giornata Mondiale della Pace.

Per leggere l’articolo sulla serata clicca qui: FOTO Cupra Marittima, i “Tessuti di pace” dell’Azione Cattolica Diocesana

“Mi garba da morire questo manichino bianco vicino all’altare. Mi garba da morire perché questa nudità cerca un vero rivestimento. Mai, come in questi giorni, sto riflettendo su questo: bisogna ripartire dal nudo per sentirci addosso qualcosa di vero! Mi garba da morire perché questa nudità del manichino richiama alla nudità della fede, alla sua semplicità.

Mi garba da morire questo verbo che evoca il motivo del nostro pregare stasera come Azione Cattolica: tessere. Il verbo tessere è un verbo molto dinamico: parte da un lavoro nascosto di filatura che deve essere paziente e ben preparato per sciogliere i nodi che la materia grezza porta in sè; ma poi si conclude con un tessuto nuovo, compatto, dove i fili non si distinguono più. Incomincia, quindi, da qualcosa di nascosto per arrivare a qualcosa che si vede. Non il contrario! È fondamentale questo. Noi siamo gli strumenti con cui Gesù tesse la pace.

Mi garba da morire perché Gesù, Lui che è la nostra pace, stasera vuole sentirsi tra le mani il filamento di tanti fili che, guarda caso, non misura. Abbiamo lavorato tanto, anche nella veglia unitaria, sul discorso del vestirsi, rivestirsi, sul prendere la misura di Dio, sul sentire tra le mani questo filo prezioso, non una volta e basta, perché Gesù lo fa per mestiere tessere, non una tantum.

Mi garba da morire questo manichino perché ci permette di riprendere i tre momenti di riflessione sulla pace, evidenziando tre parti del corpo umano per commentare il messaggio di papa Francesco: i piedi per il dialogo tra generazioni, il cuore per l’educazione e le mani per il lavoro. Tessere vuol dire creare un dialogo. La prima cosa che stasera vogliamo imparare, pregando per la pace, è fare una sorta di bonifica del linguaggio per continuare a dialogare e tessere fili di pace. Occorre partire dalla tessitura e non dal prodotto finito. Per riprendere una frase di Chiara Scardicchio, noi, come creature, siamo chiamati a co-creare, non siamo chiamati a presentare il prodotto finito. Ecco, allora, il simbolo del piede, una parte del corpo che non si vede, ad indicare il fatto che il dialogo tra le generazioni debba avvenire nell’umiltà.

Mi garba da morire il manichino perché ci impegna tutti a ritornare e “tessere” relazioni per continuare il lavoro paziente, creativo, preciso di Dio; collaborare con Lui per far scorrere i fili della vita, della pienezza della vita, per tutti. Fare è un verbo generico che usiamo per tantissime declinazioni, ma è una parola che indica concretezza, manualità, creatività, coinvolgimento. Chiede di non stare a guardare, di prendere parte, di non rimanere neutrali, di non stare con le mani in mano. Questa espressione così particolare per noi umani che è il fare, è una dimensione assolutamente sacra, che riguarda il nostro non sentirci passivi rispetto a ciò che accade, rispetto alla creazione, ma anzi chiamati a co-creare. Abbiamo voluto mettere in evidenza queste due mani del manichino per indicare il lavoro.

Mi garba da morire questo manichino perché mi riporta un po’ a questa ecologia del cuore: Si, davanti a Dio occorre pregare una fede nuda. Solo così ci sentiremo un tessuto che raccoglie questi segni. Questo manichino del volto di Cristo, questa sera, mi fa pensare che siamo noi la preziosità di questa creazione. Siamo noi gli strumenti con cui Gesù tesse la pace.”