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San Benedetto, a tu per tu con l’On. Giuliano Silvestri

Di Fernando Ciarrocchi

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Parla alla nostra testata l’Onorevole Giuliano Silvestri, fra i maggiori esponenti della Democrazia Cristiana marchigiana, uno degli uomini politici di spicco negli anni ‘80 e ‘90. Eletto alla Camera dei Deputati nella IX legislatura in cui ha ricoperto nella III° Commissione (affari esteri-emigrazione) l’incarico di Segretario dal 10 agosto 1983 al 24 settembre 1985 e dal 2 ottobre 1985 al 1 luglio 1987, viene confermato nella X legislatura e assume l’incarico di Segretario presso l’Ufficio di Presidenza dal 9 luglio 1987 al 22 aprile 1992.
Riconfermato nella XI legislatura durante la quale dal 30 aprile 1992 al 14 aprile 1994 assolve l’incarico di Segretario presso l’Ufficio di Presidenza. L’Onorevole Giuliano Silvestri nella sua intensa attività politica e di rappresentante nelle istituzioni nazionali è stato sempre vicino e sensibile alle alle necessità della gente del territorio che ha riposto in lui fiducia e stima. Il sostegno alle istanze dell’economia picena, della pesca sambenedettese, della filiera agricola di trasformazione dei prodotti agricoli e dell’industria picena in genere non è mai mancato.

Oggi assistiamo ad una corsa alla legittimazione del simbolo dello Scudo Crociato a suon di sentenze e carte bollate. Ci sono tante formazioni centriste: Democrazia Cristiana, UDC, Noi con l’Italia e tante altre. Lo spazio politico del centro è vuoto e ampio. Ritiene possibile la rinascita della grande Democrazia Cristiana in cui possano trovare casa le numerose formazioni centriste dislocate a destra e sinistra?
Questi problemi non si risolvono con le carte bollate. Questa via, caso mai, è utile a chi si arrampica sugli specchi per garantirsi ancora una certa visibilità. La realtà nazionale e internazionale non induce certo a voli pindarici. Lo stesso mondo cattolico non offre punti di riferimento chiari e limpidi. Anche il Papa ogni giorno è alle prese con inquietudini di vario genere. Oltretutto all’orizzonte non si intravvede una leadership autorevole, capace di galvanizzare e chiamare tutti all‘unità (tra i leader storici ricorderei anche Dossetti e Fanfani)

Qual è secondo il suo pensiero la causa maggiore del contemporaneo decadimento politico? Non c’è più una classe politica preparata, lungimirante con un progetto degno di essere definito tale per il rilancio del nostro Paese. Tutto è stato smantellato: il pensiero politico, l’agire politico e l’organizzare politica della società in coerenza con i valori cristiano-sociali di riferimento. Perché? Per quale scopo?
Assistiamo al trionfo dell’apparenza e del gridato sulla sostanza e sulla riflessione. La rete poi ingigantisce queste pecche. Si parla per acquisire sostegni ed appoggi, non per affrontare temi in concreto. E la febbre della rete ci dà la classe dirigente che passa il convento.

La storia del nostro Paese è intrisa di politica e scelte compiute dai grandi statisti democratici cristiani: Don Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Giulio Andreotti, Aldo Moro, Giovanni Galloni, Roberto Ruffilli, Mino Martinazzoli e tanti altri. Tutti politici che soprattutto pensavano poi, conseguentemente, agivano. Tornare alle scuole di formazione politica o meglio ancora di dottrina sociale, non potrebbe essere un tentativo di recuperare questa nobile tradizione politica?
Certo, studiare e fare esperienza rimangono elementi importanti per poter assumere responsabilità rilevanti! A mio avviso resta ancora questa la via maestra. E se non ci riescono più i partiti (o come diavolo si chiamano oggi) debbono tornare sulla scena decisamente i soggetti vitali della società. Non si può avere fiducia nel futuro se la linea della ripresa è tracciata da dilettanti allo sbaraglio.

In vista delle imminenti elezioni regionali la politica con la P maiuscola di cui spesso parlava un suo collega marchigiano, l’ Onorevole Adriano Ciaffi, già sottosegretario al Ministero dell’Interno e padre della Legge n.142/1990, quale progetto politico dovrebbe avere luogo per il rilancio concreto della Regione Marche, particolarmente provata dal sisma e da una stringente crisi economica?
È necessario il rilancio economico ed occupazionale, rispettando la vocazione storica della Regione:sono diverse le realtà da armonizzare in riferimento sia all’aspetto geografico, sia a quello economico. Le Marche non possono puntare tutto su una parte del territorio come ad esempio la fascia costiera a svantaggio dell’entroterra, specialmente ora con le ferite del terremoto ancora da rimarginare. Allo stesso modo non si può privilegiare un settore economico sull’altro: il turismo l’artigianato e la residua agricoltura di qualità vanno parimenti sostenuti. Uno sforzo comune dovrebbe fare da traino verso l’obiettivo del riequilibrio: in primis la viabilità per superare gli antichi ritardi sia all’interno, sia all’esterno della Regione.