SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nonostante tutto il mondo della scuola va avanti e continua a mettersi a servizio dei ragazzi per non lasciarli indietro nella loro formazione. È quello che ci racconta Adelia Mecozzi, vicepreside del Liceo “Rosetti” e referente del progetto “Club dei Lettori”
Lei è la referente del progetto “Il Club dei lettori”, una bella realtà che ha preso piede al Liceo “Rosetti”. Il coronavirus ha bloccato le vostre attività o in qualche modo siete andati avanti?
Inizialmente, pur rimanendo in contatto tramite whatsapp e i social, ho preferito lasciare agli studenti tempo e calma per vivere la nuova condizione, adattarsi alla didattica a distanza e ristabilire relazioni in famiglia. Avevamo già stabilito un programma articolato di letture. In questo mese ci saremmo confrontati su Il giorno della civetta di Sciascia e, a seguire, su Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Presto, approfittando delle nuove competenze acquisite, ci ritroveremo per confrontarci e discutere sui libri letti, come se fossimo a scuola. C’è poi un gruppo di dieci studenti che già da una settimana è impegnato nella lettura della dozzina dei libri candidati al Premio Strega: infatti il Liceo Rosetti partecipa da anni con impegno e passione al Premio Strega Giovani. Questi ragazzi parteciperanno a una serie di incontri online, organizzati dalla Fondazione Bellonci, in cui ciascun candidato allo Strega sarà intervistato da uno scrittore membro dell’associazione.
Come procede la didattica a distanza?
Dai contatti quotidiani che abbiamo con i nostri studenti, ci rendiamo conto che hanno reagito con coraggio e si sono adattati rapidamente alla nuova situazione. Rispondono nella quasi totalità dei casi con tempestività e sono molto collaborativi.
Per i ragazzi cosa significa secondo lei lo studio in questo particolare momento?
Le rispondo sulla base della mia esperienza di docente e di genitore: insegno da trent’anni, e ho tre figli di cui uno, il più piccolo, frequenta il liceo Rosetti. Lo studio, benché impegnativo, assume per gli studenti un valore di riferimento: questo accade in primo luogo perché permette di recuperare rapporti umani significativi, attraverso il dialogo quotidiano con i propri docenti e i compagni di scuola; inoltre, ed è in realtà l’aspetto più importante, mette in contatto con quella dimensione culturale che ci rende persone a tutto tondo, fa cioè avvertire quel “vuoto” che si colma con la consapevolezza di sé e che deriva anche dalla conoscenza. In questo senso lo spessore culturale della scuola italiana, dei docenti italiani, è considerevole.
Molti ragazzi di quinto si stanno preoccupando per l’esame di stato. Che cosa si sente di dire loro?
La loro preoccupazione è comprensibile: è giusto che si facciano domande, sarebbe altrimenti segnale di inconsapevolezza e di superficialità. A queste domande, che si fanno pressanti ogni giorno di più, rispondo intanto non sottovalutando le loro paure, anzi condividendole; poi do quelle informazioni di cui sono in possesso, sulla base anche del confronto quotidiano con la Dirigente, Stefania Marini, e con lo staff della scuola. Il messaggio principale è che non sono soli, non li lasceremo in balia degli eventi; che è possibile vivere nell’attesa del futuro percependo il presente e che questa esperienza ci farà crescere e diventare migliori, se sapremo viverla da “uomini”. Prevediamo comunque che ci verranno date indicazioni precise dal Ministero dell’Istruzione appena sarà possibile.
Gli insegnanti come stanno affrontando questa nuova situazione?
Abbiamo in brevissimo tempo operato una rivoluzione copernicana e dedichiamo la maggior parte del nostro tempo a studiare nuove metodologie e a individuare modalità utili a mantenerci in contatto con i nostri studenti. Davvero in questi frangenti si può affermare che viviamo il nostro lavoro come una missione.