Economia vera in difficoltà. E mercati finanziari (sostenuti dalla liquidità concessa dalle banche centrali e dalla caccia ai rendimenti) che comprano azioni, obbligazioni e titoli vari anche se rendono pochissimo o niente. Può sembrare strano e rischioso che le Borse brindino a un’economia europea che langue e languirà, come stanno confermando i principali centri indipendenti di previsione.
Tanto più nell’Italia che non cresce mai perché soffre dei suoi deboli consumi interni e del minore export verso la Germania e ora anche la Cina.
Gli effetti economici del coronavirus non sono stati ben stimati e non sono compresi nelle previsioni che la Commissione Ue ha diffuso in questi giorni ben sapendo che potranno risultare perfino ottimistiche se il contagio dovesse diffondersi, aggiungere altre vittime e gelare molte attività economiche internazionali. Verranno riaggiornate ad aprile e saranno più precise.
La Commissione europea, senza includere l’incidenza virus, ha confermato per quest’anno e l’anno prossimo le stime di crescita continentale del Pil (Prodotto interno lordo, il valore creato in un anno da un Paese): +1,2% nella zona euro dopo la chiusura del 2019 pure a 1,2% (2018 1,9%). L’inflazione sarà in leggero rialzo a +1,3% nel 2020 e +1,4% nel 2021. Per la Penisola l’indicazione è +0,3% nel 2020 e 0,6% nel 2021. Troppo poco per avviare una crescita importante dell’occupazione, frutto di una ripresa economica virtuosa che alla fine porti più margini per nuovi investimenti e più tasse dagli utili d’impresa.
Se a congiuntura debole dovesse aggiungersi anche una crisi di Governo (di cui si discute in queste ore), l’incertezza economica diverrebbe totale: globale, europea e molto nazionale.
Dietro ai numeri ci sono storie di persone che hanno lavoro e temono di perderlo, che non hanno occupazione e la cercano, di chi ha risparmi e li deve tenere d’acconto, di imprenditori e artigiani che hanno dipendenti e costi fissi da coprire. Altri due anni di economia asfittica cambiano i comportamenti e le speranze dei più giovani. Non è il contesto favorevole per ampliare la famiglia (i dati di natalità lo dimostrano) o di avviare un prestito per la casa e per lo studio.
La Commissione Ue sembra confidare nel grande piano di investimenti pubblici del Green Deal, il Governo italiano nella capacità di tenuta del risparmio italiano e dalle minori necessità di spesa per interessi da riconoscere a chi sottoscrive il grande debito pubblico. E’ un beneficio concesso dallo spread (differenza di rendimento fra titoli pubblici decennali tedeschi e italiani) che è rientrato molto. E ci dà buon ossigeno. Riapriranno alcuni grandi cantieri bloccati con la spinta prevalente del denaro pubblico. C’è qualche margine di ripresa dei consumi interni per il flusso del reddito di cittadinanza e la riduzione del cuneo fiscale. Tutto utile ma è poca cosa.