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Sorelle Clarisse: “Cos’è l’essere discepolo?”

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

Cos’è l’essere discepolo?
Gesù, nel vangelo di Luca, pone delle condizioni: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. […] Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Potremmo porci di fronte a queste parole con la stessa domanda che si fa l’autore del Libro della Sapienza: «Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?».
Le parole di Gesù, infatti, ci sembrano dure, eccessive, quasi non le comprendiamo: solo annullando noi stessi, le nostre relazioni, i nostri affetti, tutto ciò che abbiamo costruito…solo così possiamo avvicinarci alla sequela del Signore?
Gesù chiede alla folla che lo seguiva, chiede a noi oggi, di porre al centro del nostro cuore la relazione con Lui. Il discepolo è colui che, sulla luce dei suoi amori, stende una Luce più grande. E il risultato che ottiene non è una limitazione, un impoverimento, una mancanza, ma un potenziamento, un “di più” in tutto.
Essere discepoli, poi, è accogliere il limite della nostra umanità, riconoscere, come scrive l’autore del Libro della Sapienza che i nostri ragionamenti «sono timidi e incerte le nostre riflessioni. perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni». Essere discepoli è aprire gli occhi, gli orecchi, il cuore alla sapienza e allo Spirito di Dio: «Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra: gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza».
Essere discepoli è lasciarci condurre a Gesù Cristo dalla Parola, dalla sapienza che la Parola elargisce; partendo dalla povertà delle nostre convinzioni e dei nostri interrogativi, abbandonarci all’ampiezza e alla ricchezza che ci sono donate in Gesù.
Il teologo protestante Bonhoeffer così scriveva: “Grazia a caro prezzo è il Vangelo che si deve sempre di nuovo cercare, il dono per cui si deve sempre di nuovo pregare, la porta a cui si deve sempre di nuovo bussare. E’ a caro prezzo, perché chiama alla sequela; è grazia perché chiama alla sequela di Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché costa all’uomo il prezzo della vita; è grazia, perché proprio in tal modo, gli dona la vita”.