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Monache Clarisse: siamo chiamati ad essere profeti

DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.

Siamo soliti festeggiare santi e beati nella Chiesa ricordandone la morte o “nascita al cielo”. Oggi, la liturgia, ci propone la solennità della natività di San Giovanni Battista. Perché di Giovanni festeggiamo, oltre che la nascita al cielo, anche quella terrena? Sicuramente è una figura centrale nella Scrittura: tutti i Vangeli sinottici aprono sempre con il Battista la Buona Notizia dell’annuncio del Regno così come il Vangelo dell’infanzia di Gesù secondo Luca si apre con l’annuncio dell’angelo a Zaccaria e con il racconto della nascita prodigiosa di Giovanni.
Ma Giovanni incarna quello che ogni cristiano, oggi, in questo nostro tempo, è chiamato ad essere: un profeta! Chi è il profeta? Un saggio? Un esperto di Scrittura? Un teologo?
Scrive Luca negli Atti degli Apostoli: «Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate!”». Giovanni non è un santone, un guru, uno che sa tutte le risposte alle domande che la vita ci pone davanti, ma è colui che ci indica il Signore Gesù: «Viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali».
Giovanni annuncia Cristo, «aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo di Israele». La sua stessa nascita testimonia che è un uomo che soltanto Dio poteva dare ad Israele: dono della misericordia di Dio, risposta a quanti, nella povertà, nell’umiltà e nella fede, avevano atteso con perseveranza la venuta del Messia.
«Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome». E fin dal grembo materno la vita di Giovanni diventa strumento nelle mani di Dio: «Ha reso la mia bocca come spada affilata. Mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra».
Il profeta: colui che, bambino, cresce e si fortifica nello Spirito, diventando una meraviglia stupenda nelle mani di Dio.
Il profeta: non solo servo, inviato per un compito, ma vera e propria «luce delle nazioni, perché porti la sua salvezza fino all’estremità della terra».
Il profeta: una bocca pronta ad accogliere la Parola e pronta a farsi testimone della Parola, una freccia fiduciosa nelle mani di Dio, libera e pronta per essere scoccata e per raggiungere, colpire e segnare là dove Dio stesso la invia.
Tutto ciò è Giovanni! Egli «visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele». Tutto ciò è chiamato ad essere ciascuno di noi: nel nostro tempo, nella nostra storia, nel “deserto” delle nostre città, esperienze, relazioni…fino all’estremità della terra. Tutti noi «timorati di Dio», tutti noi a cui «è stata mandata la parola di questa salvezza», siamo chiamati a rendere testimonianza alla luce, a saper leggere nella Parola, attraverso di essa e nel tempo che ci è donato, i segni della presenza del Signore, a riconoscere il Signore che viene e a saperlo indicare a chi ci cammina affianco…chiamati ad essere profeti dell’oggi e nell’oggi della nostra vita!