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Papa Francesco: no a cristiani “arrivisti e affaristi”, che “cercano sempre di sfruttare il prossimo” e “pagano in nero”

Come può contribuire la Chiesa alla globalizzazione? “Con il dialogo. Sono convinto che ai giorni nostri niente sia possibile senza dialogo. A patto che si tratti di un dialogo sincero, anche se bisogna dirsi in faccia cose sgradevoli. Sincero: non un dialogo del tipo ‘va bene, siamo d’accordo’, e poi dietro le spalle si afferma tutto il contrario”. È una delle risposte del Papa a Dominique Wolton, nel volume in libreria da domani per Rizzoli, “Dio è un poeta. Un dialogo inedito sulla politica e la società”, di cui il Sir anticipa in esclusiva un estratto del secondo capitolo, intitolato “Religioni e politiche”. “Credo che la Chiesa debba contribuire costruendo dei ponti”, continua Francesco, secondo il quale il dialogo è il “grande ponte” tra le culture. Interrogato sul ruolo dell’Onu e della Chiesa per la pace, il Papa ricorda che in seno alle Nazioni Unite “c’è una corrente di sana autocritica che sostiene la necessità di parlare meno e agire di più”: il pericolo, tanto per la Chiesa che per l’Onu, secondo Francesco è quello del nominalismo: “Accontentarsi di dire ‘bisogna fare questo e quello’, poi avere la coscienza tranquilla e fare poco e niente”.
Resta il fatto che l’Onu e la Chiesa sono due cose diverse. “L’Onu dovrebbe avere più autorità, globale e fisica. La Chiesa è solo ed esclusivamente un’autorità morale”, ricorda il Papa a proposito della distinzione tra le due realtà: “E l’autorità morale della Chiesa dipende dalla testimonianza dei suoi membri, dei cristiani”. “Se i cristiani non danno testimonianza, se i preti diventano degli affaristi e degli arrivisti, se i vescovi fanno altrettanto… o ancora se i cristiani cercano sempre di sfruttare il prossimo, se pagano ‘in nero’ e non si preoccupano della giustizia sociale, non si comportano da fedeli”, il monito, perché “dare testimonianza è un atto necessario in entrambe le istituzioni, ma soprattutto nella Chiesa”.