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In morte di una grande fotografa

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Un soldato italiano, di profilo, si porta la mano in testa, toccandosi l’elmetto. Guarda in basso, occhi che trasudano disperazione e deformano il volto in una smorfia di dolore sgomento. Dietro di lui solo macerie, un palazzo sventrato, nessuna traccia di un essere umano. Due soli colori, nero e ocra. È la foto simbolo della strage di Nassiriya, dove il 12 novembre del 2009 persero la vita 19 italiani. A scattarla è stata Anja Niedringhaus, fotoreporter tedesca dell’Associated Press.
Oggi Anja non c’è più, è stata uccisa a 48 anni mentre faceva il suo mestiere: a freddarla un uomo vestito con l’uniforme della polizia, in un attacco armato in cui è stata ferita anche la sua collega canadese Kathy Gannon. Le due donne, che si trovavano in auto a Khost, nell’Afghanistan orientale, sono state prese di mira proprio in quanto uniche due donne del gruppo.
Una vita, quella di Anja, passata tra Iraq, Gaza, Afghanistan e iniziata raccontando ad appena 24 anni l’evento più epocale nella storia recente del suo Paese, la Germania e il crollo del Muro di Berlino. Una vita, sembra, spenta da un talebano che l’ha uccisa gridando “Allah u akbar”. L’agguato in cui è stata uccisa è il terzo attacco contro giornalisti nelle ultime settimane in Afghanistan. L’11 marzo fu assassinato lo svedese Nils Horner, in pieno centro di Kabul mentre faceva interviste. Due settimane fa, un giornalista afghano dell’agenzia Afp, Sardar Ahmad, è rimasto ucciso in un attacco talebano contro un hotel di lusso nella capitale, insieme alla moglie e ai due figli maggiori. La foto dell’unico sopravvissuto della famiglia, un bimbo di un paio d’anni, sorridente anche in un letto d’ospedale, è stata una delle ultime ritwittate dalla fotografa tedesca nel suo profilo, il 28 marzo scorso. E Anja si trovava proprio lì, in quel lembo remoto dell’Afghanistan al confine con l’Iraq – terra, quest’ultima, che conosceva molto bene e per la quale nel 2005 si era guadagnata il Premio Pulitzer con le sue foto – per documentare come il Paese si stesse preparando alle elezioni, alle prese con due incognite: la sicurezza di cittadini e il fondato rischio di brogli.
Ogni anno, nel mondo, muoiono più giornalisti che missionari. In una delle rare immagini in cui è lei l’oggetto della macchina da presa, Anja mostra un viso sereno, grandi occhi azzurri, e determinato. Nel ricordo commosso dei colleghi, spicca una parola: “passione”.