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Di cosa parliamo quando parliamo d’amore

alessandro ribeca

Poco tempo fa è venuta a trovarci a casa una giovane coppia di amici. Ci ha detto che vorrebbero sposarsi. Mi sono guardato intorno: i bambini correvano di qua e di là inciampando sui giochi sparsi sopra al tappeto, l’odore di cucinato, la lavastoviglie che rumoreggiava alle mie spalle e Peppa Pig che sghignazzava da dentro la TV.

Lei ha appena preso delle supplenze alle scuole superiori ed è precaria. Lui fa il commesso in un centro commerciale e il suo stipendio è una miseria. “Le banche ci daranno lo stesso il mutuo?” C’è bisogno di concretezza. Ci raccontano i loro dubbi. Si tengono la mano. Prendo un dolcetto dalla tavola; nonostante abbiano un po’ di preoccupazioni, li scopro determinati e questo mi basta per capire di che pasta è fatto il loro sogno. Quando si devono prendere decisioni, può capitare di sbagliare, ma quando c’è un’intesa di fondo, radicata da un storia solida, nulla è irrimediabile. Se invece si fanno progetti partendo da sentimenti liquidi che defluiscono da una parte all’altra seguendo le inclinazioni momentanee, qualunque decisione, azzeccata o sbagliata che sia, non garantirà nessuna stabilità.

Non ho parole da offrire ai miei amici: quando si devono prendere decisioni si è sempre soli. Ho solo da mostrare la mia famiglia così com’è, in un ordinario giorno della settimana: questa immagine dice già tutto di noi. La loro storia, frammista di sogni e paure, mi affascina, perché è lontana dagli stereotipi sull’amore ed è invece sozza di realtà. È per via di storie come la loro che non sono mai riuscito ad associare cuoricini rossi e scatole di cioccolatini all’amore. Ad ascoltarli, mi rimane più facile pensare alla parola “passione”, la passione per un sogno da realizzare e la passione intesa come sacrificio, impegno, fatica. Sento tutta la differenza che passa tra un fiore colto da un campo per essere messo dentro a un vaso, e un seme sotterrato per essere innaffiato quotidianamente. Il primo è immediatamente efficace in profumo e bellezza. Il secondo, non visibile, richiede fatica e speranza. Ma il primo si appassirà dopo pochi giorni: il suo destino è scontato. Il seme, invece, diventerà una piantina e farà un fiore che bisognerà continuare ad innaffiare. Bisogna averne cura e aver cura significa sacrificio e impegno: ogni giorno chiede che la ragione iniziale, quella che ci ha fatto seppellire il seme, sia rinnovata con un gesto d’amore. Perché amare è un gesto, anzi un insieme di gesti perpetui. Non so definire altrimenti l’amore se non come un insieme di gesti. Posso riconoscerne la presenza attraverso le sue azioni e i suoi effetti: solo per questo tutto ciò che posso dire sull’amore è che l’amore esiste.

Quando i miei amici se ne vanno, dalla soglia di casa li vedo camminare abbracciati verso il loro sogno da realizzare e a ripensare a quella serata, trovo la risposta al titolo di un racconto di Carver: “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore?”