DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto

«Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono».
Forse sono proprio l’insistenza, l’invadenza, l’essere importuno di cui ci parla oggi il Vangelo, gli strumenti di cui si serve anche Abramo, lo leggiamo nella prima lettura tratta dal libro della Genesi, per convincere Dio a non distruggere la città di Sodoma.
«Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere?». E Dio risponde: «…per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
E poi quei giusti diventano, quarantacinque, poi quaranta, trenta, venti ed infine dieci: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci. Rispose: “Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
E’ magnifico vedere come man mano che la conversazione procede, di fronte alla grazia benevolmente concessa da Dio stesso, Abramo prenda sempre maggior coraggio, si avventuri sempre più avanti fino ad ottenere un sorprendente responso: che persino un esiguo numero di innocenti agli occhi di Dio conta più che la maggioranza dei colpevoli.
Abramo, ardito fino alla sfacciataggine, contratta con Dio perché si sente responsabile davanti a Lui dei suoi fratelli. Egli ha fede, fiducia in Dio, il Dio che salva.
Il Dio che è Padre e che Gesù stesso ci presenta e fa conoscere attraverso il brano evangelico di oggi. «Quando pregate, dite: “Padre…”». Ad un Dio che è Padre noi rivolgiamo la nostra preghiera, non a un despota capriccioso, non ad un potente da convincere…questo Abramo lo sa bene e ce lo testimonia con forza!
Possiamo dire che la preghiera è dentro un’amicizia che ci permette di andare oltre la semplice educazione, perché è il volto dell’amico alla cui porta bussare anche in piena notte, sicuro che ti presterà quello che chiedi. La preghiera è dentro un sapersi poveri, bisognosi, tanto poveri e bisognosi che è necessario chiedere, bussare, cercare. Perché ci dice Gesù: «…cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto».
Attenzione…il Vangelo non dice “chiedete quella cosa e vi sarà data quella cosa” ma semplicemente “chiedete e vi sarà dato”. Sicuramente in tante occasioni della nostra vita abbiamo chiesto e non abbiamo ottenuto, quante nostre preghiere ci sembra non siano state ascoltate da Dio! Ma Dio, proprio in questi frangenti, ci ha sorpreso ugualmente donandoci la forza necessaria per affrontare una prova, una fede maggiore per crescere come credenti, la speranza che va oltre un grande dolore.
Gesù non promette la guarigione quando siamo malati, o il superamento di un esame o il conseguimento di un buon posto di lavoro. Gesù promette molto di più: assicura lo Spirito Santo, perché è lo Spirito che può rivelarci il vero volto di Dio, volto di un Padre che rimane accanto a noi sempre, con una tenerezza unica! E in questo rapporto fiducioso e affettuoso con il Padre, riusciamo anche a riscoprire la gioia della fraternità e il desiderio di chiedere al Signore il pane della sua presenza e della sua tenerezza per ogni persona incontrata. E impariamo a pregare senza dire mai “io”, senza dire mai “mio” ma “tu” e “nostro”.
Ci auguriamo allora una buona domenica e una buona settimana con questa certezza che ritroviamo nelle parole del salmista: «Il Signore farà tutto per me. Signore, il tuo amore è per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani».

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