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 Di città in città

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Paolo e Barnaba sono in viaggio da una città all’altra, lo leggiamo nella prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli: da Perge ad Antiochia, da Antiochia ad Iconio. Non stanno girovagando ma il Signore ha affidato loro una missione: «Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra».

E’ questa l’urgenza di Dio: come pastore del suo popolo, scrive l’evangelista Giovanni, il Signore ama le sue pecore e non vuole che nessuna di esse vada perduta, che nessuna possa essere strappata dalla sua mano, che tutte possano essere raggiunte dal suo annuncio di salvezza, che tutte godano del dono grande della vita eterna.

E chiede aiuto a chi, questo dono, lo sta già sperimentando, a chi, di questo amore sta già facendo esperienza. Paolo e Barnaba, in questo caso, ma ogni discepolo, ciascuno di noi che ha toccato con mano, come canta il salmista, la bontà del Signore, il suo amore che è per sempre, la sua fedeltà che è di generazione in generazione.

E come agiscono Paolo e Barnaba? Attraversano le città, entrano nelle sinagoghe, siedono con le persone comuni, si intrattengono con Giudei, credenti in Dio, pagani.

Stanno con la gente, stanno in mezzo all’umanità della gente, tutta la gente, incrociano e ascoltano la quotidianità della gente, nessuno escluso.

E poi? Dicono quello che loro hanno vissuto, chi loro hanno incontrato e questo attraverso l’annuncio della Parola del Signore. Una Parola che viene proclamata, ascoltata, glorificata, una Parola che si diffonde perché non solo fatta di parole, non solo fatta di discorsi, non basata su teorie ma una Parola fatta carne nella loro vita, una Parola che ha cambiato la loro vita, che ha portato salvezza nella loro vita.

E nonostante inciampi, contestazioni, persecuzioni, «i discepoli – leggiamo sempre negli Atti degli Apostoli – erano pieni di gioia» perché ricolmi della presenza dello Spirito. La loro certezza, cioè, è che quel Gesù che ha vissuto tanti anni lungo le strade della terra di Israele, è morto ma è risorto e continua ad accompagnarli lungo il percorso della loro vita. E questa possibilità di vita eterna, di resurrezione è per tutti, nessuno escluso: la vita eterna, quella che stiamo vivendo e alla cui pienezza il Signore ci sta accompagnando.

Scrive così Giovanni nel libro dell’Apocalisse: «Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna perché l’Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

Essere cristiani è avere un Dio che si fa guida per amore e non chiede altro che fidarsi della sua Parola che è per noi.

Da una religione dell’ “io per Dio” ad una fede che mi insegna che “Dio è per me”.

Questa è la rivoluzione del buon pastore, questa è la lieta notizia da gridare a tutti fino all’estremità della terra.