DIOCESI – Sabato 17 aprile la nostra Chiesa Diocesana, in comunione con tutta la Chiesa, ha celebrato il terzo ed ultimo giorno del triduo pasquale che ha portato alla celebrazione del Signore Risorto. La giornata è iniziata, come avvenuto nei giorni precedenti, alle ore 9.00 in Cattedrale con la celebrazione dell’Ufficio delle Letture e delle Lodi.
Alle ore 22.00 ha avuto inizio la Veglia Pasquale presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani e concelebrata da alcuni sacerdoti della Diocesi tra cui il Vicario Generale e parroco della Chiesa Cattedrale, Don Patrizio Spina.
Per tre volte è risuonato nella chiesa vuota l’annuncio “Cristo luce del mondo! Rendiamo grazie a Dio” col quale i celebranti hanno pian piano preso posto sul presbiterio. è stato poi proclamato l’antichissimo inno “Exultet” ed è così iniziata la Liturgia della Parola con la quale si fa memoria delle grandi opere di Dio. Durante la celebrazione si è poi elevato il canto del “Gloria” mentre le campane suonavano a festa, annunciando ancora una volta la Resurrezione di Cristo. Pochi minuti dopo è stato annunciato al Vescovo Carlo l’”Alleluia”.
Una celebrazione che ha visto anche l’ingresso nella comunità cristiana di Mimoza Zela.

Durante l’omelia il Vescovo Carlo Bresciani ha detto: “In questa grande veglia pasquale, la più solenne dell’anno liturgico, siamo stati accompagnati a rileggere la storia della salvezza, ripercorrendo nella meditazione dei testi biblici le promesse di Dio, tradite dagli uomini, ma che Dio ha portato avanti fino a dare ad esse compimento nel mistero pasquale che è attestazione somma della fedeltà di Dio a ciò che ha promesso fin dalla creazione. 

Abbiamo meditato la storia di Dio con il suo popolo. Storia fatta di tanti alti e bassi, di tante chiusure e di tante infedeltà, di profeti uccisi e di profeti osannati, di vittorie, di sconfitte e di esili. Una storia nella quale il popolo spesso ha dovuto confessare le sue colpe e le sue resistenze a lasciarsi guidare da Dio, pagandone sempre le conseguenze negative. Si tratta di una storia attraverso la quale Dio ha sempre cercato di guidare il suo popolo e mai lo ha abbandonato, di un popolo che nonostante tutto ha conservato la parola di Dio e nonostante le sue colpe ha creduto alle promesse di Dio.

Questa storia è arrivata a un punto buio, scurissimo, quello del sabato santo: il buio del silenzio in cui solo la morte sembra avere spazio, uno spazio vuoto che sembra mettere fine a tutto il progetto di amore di Dio per il suo popolo con la sconfitta e la morte di suo Figlio Gesù, colui che Dio aveva mandato a compiere in modo definitivo le sue promesse. 

Il sabato santo è il momento più nero della storia della salvezza, ma potremmo anche dire che è il momento più nero della storia umana, quello in cui si pensa di allontanare da essa Dio per sempre. Sono sempre momenti molto neri e bui quando si uccide l’innocente. È sempre un momento di grande oscurità, quando si pensa di eliminare Dio dalla storia umana. Che cosa ci può essere di più oscuro se non il tentativo stesso di eliminare Dio e se questo tentativo sembra essere riuscito dopo aver messo in croce Gesù? Per questo il sabato santo è senza liturgia: solo il silenzio del sepolcro anche in questo sabato santo ha regnato in tutte le nostre chiese vuote e spoglie. 

Possiamo chiederci questa sera: dove va questa storia dell’umanità che anche oggi vive momenti di guerra così bui da sembrare assolutamente impenetrabili alla comprensione umana, simili al buio del sabato santo? È la domanda che anche noi ci facciamo, non solo di fronte al venerdì e al sabato santo, ma anche di fronte alla drammatica insensatezza, oltre che di estrema crudeltà, della guerra cui stiamo assistendo con le sue enormi devastazioni e impensabili sofferenze umane. La guerra ha molto di simile al venerdì santo per la grande mole di innocenti che ingoia nella morte: essa lascia solo il silenzio e il vuoto della distruzione dietro di sé. Come la croce di Gesù, anche la guerra ci dice di quanta cattiveria e gratuita crudeltà sia capace l’essere umano.

La veglia pasquale che abbiamo celebrato ci ha accompagnato però a rileggere la storia dell’umanità a partire dalla creazione, la prima opera di amore di Dio, passando attraverso la liberazione dalla dolorosa schiavitù dell’Egitto, fino alla morte di Gesù, e ci ha portato a cantare con solennità il gloria mentre le campane suonavano a festa. È il canto esultante della nostra lode, perché, nonostante tutte queste vicende tristi e dolorose, Dio non ha abbandonato il suo popolo, anche se infedele, ma ha ridato sempre di nuovo vita là dove l’essere umano ha introdotto solo morte e distruzione. In Gesù risorto lo ha fatto in modo definitivo, una volta per sempre. Cantiamo gloria e alleluia, perché Dio ancora una volta ha squarciato il buio pesto creato dall’uomo mettendo in croce suo Figlio Gesù e lo ha fatto con una luce che squarcia le tenebre della morte e ridà speranza di vita dove tutto sembrava concluso. La luce di Dio è la vita che è scaturita luminosa dalle tenebre del sepolcro: è la luce del Cristo risorto. Gesù risorto è la parola di vita che Dio dona all’umanità.

Di fronte al dramma del venerdì santo sembrava morta ogni speranza e nel sabato santo l’umanità ha vissuto un momento di smarrimento, ma Dio ha sempre una parola in più rispetto a noi umani dalla vista troppo corta e dal cuore troppo indurito. Nella  parola in più di Dio, che è parola di vita, c’è il fondamento di una sicura speranza per la storia umana, per la nostra storia personale e per la storia dell’umanità. 

La vita e la morte di Gesù ci indicano la strada per essere liberati dal buio dei drammi della storia che opprimono il nostro animo. Imitando l’amore di Dio anche noi possiamo reintrodurre vita là dove sembrava esserci solo morte.

È questo il compito che il Risorto affida a noi Chiesa del terzio millennio. La Chiesa, quindi noi, non siamo esentati dal passare attraverso i bui e i drammi della storia dell’umanità, ne portiamo il peso, perché siamo immersi in questa storia e la viviamo in molti modi sulla nostra pelle e nella nostra carne, ma in Gesù e con Gesù siamo chiamati a rigenerare vita là dove la morte sembra aver trionfato, facendola da padrona. 

Come Gesù sulla croce si affida a Dio perdonando chi lo ha messo in croce, dobbiamo imparare da lui le parole del perdono che risanano i cuori, ridanno vita alle relazioni e rinsaldano i legami sociali. Siamo chiamati a seminare amore là dove la morte sembra aver spento ogni speranza. Sappiamo da Gesù che questo è l’unico modo per rigenerare vita, sappiamo che per fare questo abbiamo bisogno di un supplemento di amore. Dove andiamo ad attingerlo? Dal Risorto, da colui che era morto ed ora è vivo per la potenza di Dio. Cantiamo gloria e alleluia perché questa fonte inesauribile di amore ha vinto la morte e a questa fonte possiamo attingere a piene mani per la nostra vita.

Carissimi, impariamo dal Risorto la strada verso la vita e percorriamola con fiducia e coraggio. Abbiamo accanto a noi a sorreggerci Lui stesso: Gesù Risorto. Egli non è più nel sepolcro, è vivo accanto a noi: da qui viene a noi una sicura speranza. Camminiamo sulla sua strada e anche per noi sarà Pasqua. Buona Pasqua!”

Al termine dell’omelia è seguito il Battesimo Mimoza Zela Francesca che dopo un percorso catecumenale è entrata a far parte della comunità cristiana.

Un momento vissuto con forte emozione da Mimoza Zela, che al termine della celebrazione ha dichiarato:  “Finalmente ho consacrato un sogno tanto desiderato, grazie mille di cuore a ognuno di voi per la disponibilità,il tempo e la dedizione e anche tanta pazienza.Volevo condividerla con voi la mia gioia e forti emozioni.Grazie e Buona Pasqua a tutti”

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