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Domenica delle Palme, Vescovo Bresciani: “Non possiamo escludere la croce dall’amore”

DIOCESI – “Sulla croce si compie la piena rivelazione di Gesù come figlio di Dio. E dalla croce non possiamo prescindere. Un errore frequente, invece, che affligge la società moderna, distrugge le famiglie e rompe i legami sociali è proprio quello di escludere la croce dall’amore; ma, così facendo, l’amore si svuota di significato.” Con queste parole il vescovo Carlo Bresciani ha commentato la Passione di Gesù ricordata durante la Messa delle ore 11:00 celebrata ieri, 10 Aprile, presso la Cattedrale Santa Maria della Marina in occasione della Domenica della Palme.

Dopo la benedizione delle Palme in via Mentana alle ore 10:30, il vescovo Carlo Bresciani, il diacono generale don Patrizio Spina e i numerosi fedeli accorsi per l’occasione si sono recati in processione verso la Cattedrale per la celebrazione della Messa. Questa l’omelia integrale del vescovo Bresciani:

Con l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, di cui abbiamo fatto memoria all’inizio di questa celebrazione con la processione delle palme, si conclude il suo grande viaggio verso la città santa, dove deve compiersi la missione che aveva iniziato al Giordano. In quel luogo, Egli, ricevendo il battesimo da Giovanni, si manifestò come il Figlio di Dio in cui il Padre si compiaceva e il Padre stesso invitava ad ascoltarlo. A Gerusalemme sulla croce si compie la piena rivelazione di Gesù come il Figlio di Dio, come testimonia il soldato ai piedi della croce dopo la sua morte: “davvero costui era il Figlio di Dio” (Mt 27, 54).

Gesù entra in Gerusalemme, viene accolto da una folla numerosissima e viene osannato come il “Figlio di Davide”, come colui che viene nel nome del Signore, come il profeta, il Messia. È un trionfo di folla, di appellativi altisonanti: tutto sembra compiersi nel migliore dei modi, come il trionfo riservato ai vincitori che tornano in città per accogliere la gloria della vittoria. Sappiamo quanto effimero tutto questo si sia rivelato in pochissimi giorni con uno stridente contrasto: lo abbiamo sentito nel racconto della passione che abbiamo appena proclamato. In pochi giorni si è passato dall’osanna al crocifiggilo. Proprio questo aspetto effimero invita a una pausa di meditazione sulle attese della folla che osannava il figlio di Davide.
Le ondivaghe esultanze della gente confermano ancora una volta, qualora ce ne fosse la necessità, che la vita non può basarsi sull’emotivo consenso delle folle, consenso facilmente manipolabile e comunque sempre molto volubile. Non su questo consenso effimero conta Gesù, anzi, la vicenda della settimana santa mette in evidenza con assoluta chiarezza quanto è inconsistente e illusorio affidarsi ad esso.
Gesù entra in Gerusalemme non da conquistatore della città, ma da redentore. Chi conquista, domina ma non cambia i cuori, chi redime invece cambia il cuore e dona la vera libertà. Potremmo dire che Gesù vuole ‘conquistare’ attraverso il dono di se stesso, non attraverso il dominio. Vuole la rivoluzione dei cuori, perché sa che è dal cuore che vengono progetti di pace, non di afflizione o di sventura (cfr Mt 7, 14-23). Gesù vuole conquistare i cuori a Dio, liberare i cuori dalle pietre che lo rendono sclerotico all’amore di Dio e del prossimo: infatti, è nel cuore – da sempre – che c’è il vero male degli esseri umani, il male che mina le basi della convivenza pacifica e rende impossibile la giustizia.

È nel mistero pasquale di morte e resurrezione, che si attua la piena rivelazione di Gesù come Messia, perché in questo mistero è racchiusa la totale donazione di Gesù.
L’amore di Dio, infatti, è il nucleo centrale del mistero pasquale che celebriamo nella settimana santa, è mistero di morte e resurrezione. Non è pensabile l’amore di Dio per l’umanità e neppure l’amore umano, se da esso si esclude ciò che il mistero pasquale racchiude. La croce, infatti, è testimonianza di un amore che non si arrende neppure di fronte alla morte. Escludere la croce dall’amore, lo rende quantomeno estremamente fragile, lo svuota completamente del suo valore e del suo significato. È questo uno degli errori più gravi della cultura che oggi sembra essere dominante e che tanti guai sta provocando alle relazioni sia sociali sia affettive. Errore che affligge moltissimi; errore che distrugge famiglie, fa abbandonare figli e coniuge, rompe i legami sociali provocando grandi sofferenze.
La passione del Signore porta a riflettere sulla serietà dell’amore che intrinsecamente richiede fedeltà anche di fronte alla incomprensione e alla croce. Solo un cuore risanato dall’egoismo e dall’egocentrismo può comprendere questa verità e solo l’amore di Dio può risanare il debole cuore umano. Solo un cuore risanato, e che imparato che cosa sia l’amore, può perdonare come Gesù ha fatto in croce. Solo un cuore che ama veramente può riconoscere e accogliere l’altro con lo stesso spirito di Dio, quello che Gesù ha manifestato nei confronti dei peccatori e dei suoi stessi uccisori.
Gesù nella sua passione resiste al male e all’odio con l’amore che perdona. Un amore che si fa carico e patisce le contraddizioni dell’egoismo, della prepotenza e del potere, tutte realtà che sono portatrici di morte e non di vita.

Gesù non solo annuncia, vive questo amore e per questo accetta anche le estreme conseguenze della croce causata dal rifiuto del suo messaggio di amore per i poveri, i peccatori, gli ultimi. Rimane fedele ad esso fino ad abbracciare, nel perdono, i suoi crocifissori. È la fedeltà che hanno vissuto i martiri di ogni tempo, veri testimoni dell’amore, uomini e donne veramente liberi e generatori di vita per sé e per gli altri.
Solo un cuore che sa riconoscere nell’altro un fratello amato da Dio, e da amare come Dio lo ama, può essere costruttore del nuovo popolo di Dio. Questo è ciò che Gesù vuole portare dentro ciascuno di noi con il suo ingresso dentro Gerusalemme. Dà così compimento alla missione ricevuta dal Padre, quella di annunciare il Regno di Dio, costituito da chi ha un cuore rigenerato che ha imparato ad amare con il cuore stesso di Dio e che in tal modo diventa fermento di una umanità nuova.”