Patrizia Caiffa

(Foto ANSA/SIR)

Sono le isole più periferiche dell’arcipelago di Tonga nel Pacifico le più colpite dalla devastazione causata dall’eruzione del vulcano Hunga-Tonga Hunga-Ha’apai del 15 gennaio. Si tratta di una delle più violente eruzioni degli ultimi decenni nella regione, che ha innescato allerte tsunami in diversi Paesi. Secondo la Nasa è stata 500 volte più potente dell’atomica su Hiroshima. Il vulcano sottomarino è praticamente scomparso, rimangono solo due piccole porzioni di terra sopra il livello del mare. Il regno di Tonga è costituito da 169 isole, ma solo 36 sono abitate da 100.000 persone. Al momento si contano tre morti, tra cui una donna inglese residente nelle isole. Secondo la Federazione internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (Ifrc), almeno 80 mila persone potrebbero essere in difficoltà.

Anche Papa Francesco ha oggi dedicato un pensiero, durante l’udienza generale, alle popolazioni delle isole di Tonga “colpite nei giorni scorsi dall’eruzione del vulcano sottomarino che ha causato ingenti danni materiali. Sono spiritualmente vicino a tutte le persone provate, implorando a Dio sollievo nella loro sofferenza. Invito tutti ad unirsi a me nella preghiera per questi fratelli e sorelle”.

I danni nelle isole. Nell’isola di Tongatapu la rete Caritas ha già contato 100 case danneggiate e 50 distrutte. Completamente distrutte anche tutte le abitazioni nell’isola di Mango e solo due case hanno resistito nell’isola di Fonoifua. Danni ingenti si sono riscontrati anche nell’isola di Nomuka. Manca l’acqua potabile, contaminata dalla cenere, e rifugi per gli sfollati che abitavano sulle coste, travolte dalle onde dello tsunami. Strade e ponti sono danneggiati. Le comunicazioni telefoniche all’interno di Tonga sono state ristabilite ma per quelle internazionali ci vorranno almeno due settimane. E’ possibile comunicare solo tramite telefono satellitare.

Gli aiuti umanitari faticano ad arrivare nel Paese perché la pista dell’aeroporto Fuaamotu è impraticabile a causa della cenere. La cenere continua a ricoprire spiagge, infrastrutture e abitazioni. Caritas Tonga, in collaborazione con Carita Aotearoa/Nuova Zelanda e le autorità locali ha già stoccato rifornimenti nei magazzini di Tongatapu, Ha’apai and Vava’u. Le sue forniture di emergenza sono preposizionate nella capitale Nuku’alofa e ad Ha’apai. Sono

pronti a  distribuire attrezzature per la depurazione dell’acqua e rubinetti, taniche, sacchi e kit per l’igiene e per i primi soccorsi.

La popolazione costiera è stata evacuata perfino nelle isole Fiji and Samoa: qui le onde hanno raggiunto l’altezza di 50 metri, distruggendo alcune case. Caritas Tonga riesce a comunicare con la rete internazionale Caritas – sono arrivati i primi 18.000 dollari di donazioni – e sta cercando di rispondere ai bisogni della popolazione grazie ad un team di volontari. Anche Caritas italiana è pronta a sostenere gli interventi e ha già lanciato una raccolta fondi (qui tutte le info).

Paura per il Covid-19. Il governo di Tonga ha dichiarato lo stato d’emergenza e organizzato una distribuzione di acqua alle isole Ha’apai (le più vicine al vulcano) ma è anche preoccupato che insieme agli aiuti umanitari arrivi anche il Covid-19. Finora le isole erano infatti un territorio Covid-free.

Caritas Australia già operativa. Secondo Damaris Pfendt, coordinatore umanitario del Pacifico per Caritas Australia, l’eruzione del vulcano sottomarino a Tonga è paragonabile “in termini di dimensioni” all’eruzione del vulcano indonesiano Krakatoa che nel lontano 1883 fu una delle più violente avvenute in tempi storici: “Siamo estremamente preoccupati”. Tonga, spiega Caritas Australia, ha già difficoltà con l’approvvigionamento di acqua pulita perché fa affidamento su acque sotterranee e piovane, “quindi questo metterà le comunità in una situazione davvero difficile”. La Caritas australiana sta lavorando per valutare la situazione sul campo, capire i bisogni più urgenti e raccogliendo fondi per sostenere le popolazioni colpite.

Tra le varie agenzie umanitarie che si stanno mobilitando in queste ore, con difficoltà, c’è l’Unicef. “Mentre i danni all’agricoltura sono inferiori rispetto a quanto si temeva, sono state sollevate preoccupazioni per l’approvvigionamento idrico, la qualità dell’aria e la disponibilità di carburante – informa Unicef -. Si teme anche l’insorgere di malattie legate all’acqua, dato che le ondate di marea hanno causato l’inondazione di 2-3 isolati nell’entroterra”. Nonostante gli ostacoli, l’Unicef ha preposizionato circa 44 pallet di forniture d’emergenza nel magazzino umanitario del governo australiano a Brisbane, pronti per essere spediti a Tonga a bordo di una nave della Royal australian navy. Nella spedizione ci sono forniture per servizi idrici e igienico-sanitari, kit per il lavaggio delle famiglie, dignity kit, secchi, taniche, kit portatili per l’analisi dell’acqua. Sono stati inviati anche 50 kit ricreativi per le attività psicosociali a favore dei bambini che il Ministero degli Affari Interni sarà incoraggiato a intraprendere attraverso i volontari della Chiesa locale.

Save the children stima almeno 28.000 bambini colpiti. “Oltre alle preoccupazioni per il benessere delle famiglie che hanno perso la casa – informa -, si teme per i rischi per la salute dei bambini e dei loro genitori a causa dell’inquinamento da ceneri nell’acqua potabile. Le autorità hanno già segnalato che alcune sorgenti d’acqua sono contaminate dalla cenere, che può contenere metalli pesanti come rame, cadmio e arsenico”. Shairana Ali, Ceo di Save the Children Fiji afferma: “Gli abitanti delle isole del Pacifico sono tristemente abituati ad affrontare i disastri. Con l’innalzamento delle acque marine nel Pacifico a causa del cambiamento climatico, Paesi come Tonga e Fiji sono più vulnerabili più che mai agli tsunami. Nonostante la resilienza e la capacità di adattarsi, bastano pochi metri d’acqua in più per coprire una casa, per uccidere un bambino o una famiglia”.

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