“Fili spinati per non lasciare entrare il rifugiato. Quello che viene a chiedere libertà, pane, aiuto, fratellanza, gioia e che sta fuggendo dall’odio si trova davanti un odio chiamato filo spinato. Che il Signore risvegli la coscienza di tutti noi davanti a queste cose. Non possiamo tacere e guardare dall’altra parte in questa cultura dell’indifferenza”. Parole di fortissima denuncia quelle pronunciate a braccio da Papa Francesco, al termine del suo discorso tenuto durante la preghiera ecumenica con i migranti che si è svolta nella chiesa di Santa Croce di Nicosia. Quattro giovani migranti hanno raccontato la loro storia e subito dopo, il Papa ha preso la parola. “Ascoltando voi, guardano voi in faccia, la memoria va oltre, va alle sofferenze. Voi siete arrivati qui, ma quanti dei vostri fratelli e delle vostre sorelle sono rimasti in strada. Quanti disperati iniziano il cammino in condizioni molto difficili e precarie e non sono potuto arrivare. Possiamo parlare di questo Mare che è diventato un grande cimitero. Guardando voi, guardo le sofferenze del cammino, tanti che sono stati rapiti, venduti, sfruttati, ancora in cammino e non sappiamo dove. E la storia di una schiavitù universale. Noi guardiamo cosa succede e il peggio è che ci stiamo abituando”. Il Papa ha poi fatto riferimento ai barconi affondati al lago delle nostre coste: “Questo abituarsi è una malattia grave, una malattia molto grave e non c’è antibiotico contro questa malattia. Dobbiamo andare contro questo vizio dell’abituarsi a leggere queste tragedie nei giornali o sentirle nei media. Guardando voi, penso a tanti che sono dovuti tornare indietro perché li hanno respinti e sono finiti nei lager, veri lager, dove le donne sono vendute, gli uomini torturati e schiavizzati”. Non sono storie del secolo scorso: “Sta succedendo oggi”, ha incalzato il Papa. “Ho guardato testimonianze filmate di questo. Posti di tortura, di vendita di gente. Lo dico perché è responsabilità mia aiutare ad aprire gli occhi: la migrazione forzata non è una abitudine quasi turistica. Il peccato che abbiamo dentro ci spinge a pensarla così. Povera gente, povera gente… ma poi cancelliamo tutto. È la guerra di questo momento, è la sofferenza di fratelli e sorelle, che noi non possiamo tacere. Coloro che hanno dato tutto quello che avevano, per salire su un barcone di notte, senza sapere se arriveranno. E poi tanti respinti per finire nei lager, veri posti di confinamento, di tortura e di schiavitù. Questa è la storia di questa civiltà sviluppata che chiamiamo Occidente”.

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