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Lectio Sorelle Clarisse: Il Volto dell’atteso

DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Normalmente si comincia dal principio.
Quando si legge un libro, si vede un film o si intraprende qualcosa di nuovo si comincia dal principio. L’anno liturgico no, comincia dalla fine, dalla fine dell’anno e dalla fine del vangelo, tant’è che il vangelo di questa prima domenica d’avvento dell’anno C è tratto dal capitolo 21 del Vangelo di Luca, l’ultimo prima della narrazione della Pasqua, un brano dove Gesù parla della fine dei tempi, del giorno della venuta del Signore.
Che strano… non era meglio cominciare il nuovo anno seguendo pari pari il Vangelo dall’inizio? Il principio e la fine sono gli estremi, i confini di tempo e di spazio, l’ordine dato da Dio ad ogni cosa creata dalle parole della sua bocca.
Così anche il primo atto della vita stessa di ogni uomo, quel vagito che dischiude all’aria i polmoni annunciando al mondo la propria presenza, è, allo stesso tempo, un principio ed una fine: la fine di un’attesa, dove il gemito del dolore con cui si apre il grembo della madre, si tramuta nel grido di vita della nuova creatura.
Non c’è nuova vita senza che ci sia un’attesa, ma Gesù, nel Vangelo di oggi ci dice anche che noi uomini, da sempre, soffriamo di una sorta di patologia dell’attesa, dove l’attesa si perverte nella paura di ciò che verrà, la paura del domani, la paura del futuro, una malattia per la quale l’uomo, anche se respira vive già come un morto.
Può accadere che di fronte ad una realtà personale e anche storica, che è segnata dalla fatica che ci toglie il fiato o dalla sofferenza che ci schiaccia o, anche, dalla morte, scegliamo la strada della disperazione, della fuga o dello stordimento a oltranza, come dice il Vangelo: state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita.
Non vi rassegnate ripiegati su voi stessi, ci dice Gesù, chiudendo gli occhi per non vedere la realtà, ma alzatevi in piedi, risollevatevi e alzate il capo, aprite gli occhi, e vedrete cosa?
Vedrete la salvezza che vi viene incontro, vedrete il Figlio dell’uomo venire su una nube. Ma dov’è, come lo possiamo vedere anche noi?
Gesù ci raccomanda di vegliare e di pregare, ma il primo a vegliare e a pregare è certamente Lui stesso e ne sono testimoni le Scritture, di come il Signore vegli giorno e notte su di noi suoi figli, curandoci come una madre, attendendoci come uno sposo, preoccupandosi come un padre, restandoci vicino come un amico e un fratello: ecco come e dove lo vedremo: nella cura che avremo gli uni per gli altri, nella veglia e nella preghiera; è lì che il cielo scende sulla terra, è lì che ogni uomo incontrerà l’amore di Dio, facendo esperienza dell’amore dei fratelli.
E, allora, nessuno dovrà più morire di paura, ma potrà risollevarsi e alzare il capo, rinascendo ogni giorno e guardando con fiducia a quell’avvenire che ha il volto del Figlio dell’uomo, crocifisso e risorto per sempre.