Silvia Rossetti

Novembre è un mese di riflessione e di approfondimento per gli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria di primo e secondo grado. Ci si interroga e si scelgono nuovi percorsi da intraprendere, insomma lo sguardo è rivolto al futuro.
Fare una buona scelta non è affatto semplice, soprattutto occorre avere consapevolezza rispetto alle proprie potenzialità e anche determinazione nel raggiungere i propri obiettivi.
In realtà nell’anno conclusivo di un corso di studi tutti gli studenti dovrebbero giungere alla scelta in maniera equilibrata, avendo compiuto cioè un iter formativo e orientativo per tutta la durata del ciclo precedente.
Sapersi orientare nelle scelte che riguardano la propria vita vuol dire essere in possesso di una strumentazione cognitiva ed emotivo-relazionale solida e funzionale. L’orientamento è un processo di problem solving particolarmente complesso, che parte dal mondo interiore dell’individuo nella sua complessità e ricchezza e che si estrinseca nella competenza del decidere e dell’elaborare strategie per giungere al risultato.
L’orientamento, poi, diviene “formazione” quando sviluppa abilità dinamiche e funzionali alla realtà, più o meno flessibili. Per essere efficace deve costantemente tenere nella dovuta considerazione la componente motivazionale di chi è al centro dell’azione educativa.
Per ottenere buoni risultati, infatti, occorre muoversi nella prospettiva della centralità del soggetto in apprendimento, rispetto al quale l’impegno prioritario degli educatori dovrebbe consistere nel raggiungimento del successo finalizzato all’inserimento nel mondo del lavoro, nonché alla prevenzione del disagio e dell’abbandono scolastico.
Fondamentale ingrediente di una buona formazione è la cosiddetta self-efficacy, e cioè la consapevolezza di essere capaci di dominare specifiche attività, situazioni o aspetti del proprio io.
Nel contesto scolastico, infatti, i livelli di autostima e di autoefficacia giocano un ruolo determinante. L’immagine di sé che ciascuno di noi costruisce nutre la motivazione ad apprendere.
Questo processo di per sé continuo ha, tuttavia, degli inevitabili momenti di accelerazione o rallentamento legati alla crescita e alle criticità degli individui. Il passaggio dal biennio al triennio di indirizzo, ad esempio, segna un momento fondamentale nella vita scolastica degli studenti e spesso viene sottovalutato, soprattutto dalle famiglie.
Insomma, il momento della scelta dei nostri ragazzi dovrebbe corrispondere all’esito finale di un processo articolato e puntuale messo in atto sinergicamente da scuola e famiglia.
Per l’ennesima volta si torna a evidenziare quanto l’istruzione non possa essere fine a se stessa e meramente valutativa. Per costruire un buon futuro occorrono giovani consapevoli e desiderosi di partecipare in maniera attiva e proficua alla realizzazione di una società migliore e più evoluta. Alla base è indispensabile un dialogo attento e continuo fra scuola e famiglia e, soprattutto, un atteggiamento di apertura e fiducia nei confronti delle giovani generazioni.

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