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Martinsicuro, Ermanno Capriotti presenta il libro di poesie dedicate al figlio

MARTINSICURO – “Quando muore tuo figlio, vieni travolto da una disperazione e da un senso di distruzione che renderanno molto difficile il controllo della tua volontà. Da quel momento ti accorgi che la vita, per te, non è più quella che conoscevi prima.” Inizia così il libro di Ermanno Capriotti L’Ombra dell’Assenza“, edito da Arsenio Edizioni con la prefazione di Stefano Fantelli, una raccolta di poesie dedicate al figlio Luigi Edoardo, scomparso a soli vent’anni a causa di un incidente stradale, e a tutti i ragazzi andati via troppo presto. L’opera, che non è un grido di dolore, quanto piuttosto uno strumento di analisi e ricerca interiore, è stata presentata, per la prima volta a Martinsicuro, Venerdì 29 Ottobre alle ore 21:00 presso la Sala Consiliare. La serata ha visto la partecipazione di Valeria Di Felice, editrice del libro e moderatrice dell’incontro; Pinuccia Camaioni, vice sindaco del Comune di Martinsicuro, nonché assessore alla cultura; Pasqua Gina D’Ambrosio, moglie dell’autore, docente di scienze giuridiche ed economiche ed attivista nella battaglia di civiltà culminata nell’istituzione del reato di omicidio stradale.

Queste le parole dell’editrice Valeria Di Felice nel presentare l’autore e la sua opera: “Sono onorata ed emozionata nel presentare il libro di Ermanno. Più volte l’ho sentito dire grazie alla casa editrice, ma sono io che ringrazio lui per averci fatto un dono così prezioso. Già quando si parla di opera prima, è un atto significativo, di estroversione, di contatto con i lettori. Figuriamoci se è un’opera prima così piena di amore! Questo dono lo voglio pensare così, non tanto un libro che parla di dolore, di mancanza, di spazi o luoghi incomunicabili, ma un libro d’amore assoluto, come è l’amore tra un genitore e un figlio. Questo libro sposa la precisa visione del mondo dell’editoria con cui cerco di portare avanti e far conoscere la casa editrice: non solo un’attività imprenditoriale, ma anche culturale, dove per cultura intendo la salvaguardia della bellezza della parola, una parola che sa nutrire, trasformare il dolore, che sa connetterci con altri mondi interiori. Come il contadino che si prende cura della terra e dei suoi frutti, così il poeta coltiva la parola, quella fertile, quella che riesce a far germogliare.”

Capriotti ha poi raccontato: “La perdita di un figlio di per sé rimane inesprimibile. Non esiste parola che possa contenerla. Io ho solo provato a mettere su carta il mio dolore senza fine. L’ho fatto da subito, appena mio figlio è venuto a mancare. E l’ho fatto essenzialmente per me, all’inizio perché ne ho sentito l’esigenza, poi perché con il tempo ho capito di non poterne più fare a meno. Solo un anno fa, quando mi sono trovato a combattere per la mia salute, ho deciso che, se avessi superato quel momento, avrei raccolto le mie poesie e le avrei date alla stampa, sentendo l’esigenza di doverle condividere con chi, come me, ha conosciuto questo dolore.”

L’opera di Capriotti, in effetti, non è autoreferenziale, bensì ha il dono della condivisione. Una condivisione testimoniata dal fatto che a leggere alcune delle poesie del libro sono stati i genitori, gli amici e i parenti prossimi di alcuni giovani venuti a mancare prematuramente, chi perché affetto da una malattia incurabile, chi a causa di un incidente stradale, chi per essere rimasto vittima del terremoto de L’Aquila del 2009: Franco Cucco, Patrizia Di Paolo, Roberto Ferri, Luigia Giovannini, Chiara Campanella, Diana Ciabattoni, Antonietta De Berardinis, Liliana Vispa, Franca Pompa. Ciascuno di loro, oltre a proclamare una delle liriche di Capriotti, ha fatto memoria del proprio caro, raccontandone i tratti salienti del carattere e facendo vivere a tutti i presenti un momento di grande commozione. Sono poi intervenuti anche Patrizia Patrizi, Aurora Fantone e Angelo Di Pizio, presidente dell’Associazione Amici del Cuore.

A chiudere la serata Pasqua Gina D’Ambrosio, la moglie del poeta, che ha raccontato: “Noi abbiamo perso nostro figlio il 2 Settembre del 2008, quando, a soli vent’anni, mentre era alla guida del suo scooter lungo la Strada Statale 16, venne investito ed ucciso, travolto da un’automobile che faceva inversione di marcia in un punto assolutamente vietato. Da subito mi sono resa conto che non avrei potuto ottenere giustizia per mio figlio, però mi sono impegnata affinché altri genitori potessero averla: per questo motivo sono stata in prima linea nella battaglia per far introdurre il reato di omicidio stradale. Alla fine ci siamo riusciti, almeno sulla carta, ma non basta. Occorre un cambiamento culturale nei confronti dell’omicidio stradale: non è sufficiente varare la legge, va anche applicata nelle aule dei tribunali e prima di punire occorre educare al rispetto delle regole. È per questo motivo che il prossimo 21 Novembre ci ritroveremo davanti al Tribunale di Teramo per onorare la Giornata Nazionale e Mondiale delle vittime della strada, un’altra battaglia di civiltà per la quale mi sono battuta insieme ad altri genitori, poiché il nostro paese non conosceva la giornata nazionale, ma solo quella mondiale voluta dall’Onu.”

L’incontro si è concluso con le parole dell’editrice Di Felice, la quale ha chiosato: “Il libro di Ermanno è un canzoniere della memoria, anche in virtù di un modo di scrivere vicino al canto delle preghiere, ma è anche un rituale che rimescola e fa rivivere i percorsi di un breviario d’amore. Dico amore perché in queste poesie l’amore rappresenta la misura del senso dell’esistenza. Forse, è di fronte a esperienze radicali come queste, che siamo costretti a confrontarci con il mistero della vita, confrontarci non tanto col pensiero, ma con una parte emotiva del sé che non sapevamo nemmeno esistesse. La poesia di Ermanno può essere considerata una poesia di confine: un confine tra l’io lirico, il poeta e non ciò che si è perso, ma ciò che non si ha più vicino. I suoi versi sono il frutto di un dialogo nostalgico, sanguigno, che si tinge dei colori acri e vividi del tormento, dell’attesa senza fine, ma anche pieno di soglie, di porte. Queste soglie sono le parole che riescono a trasformare la mancanza, la non presenza, della persona amata in caldo abbraccio per colmare questa sete di amore e di vicinanza.”

A questo proposito, in questi giorni in cui ricordiamo i nostri defunti, voglio condividere con voi lettori una delle liriche più intime e confidenti del libro di Ermanno Capriotti, “Questo figlio“, in cui l’ultima parola non appartiene al buio della morte, bensì alla Luce di un Giorno Stupendo:

Non si vede ma forte Egli grida

questo Figlio che ho nella mente,

dappertutto si avvita e si annida,

come un tuono la Sua assenza si sente.

Ma nonostante la Sua dipartita,

non lo immagino vita finita,

ma lo penso dove il giorno è Stupendo

senza morte, né confini, né tempo.