DIOCESI – Si è svolto Lunedì 25 Ottobre alle ore 21:00, in modalità a distanza attraverso la piattaforma Zoom, il primo dei quattro incontri rivolti ai catechisti della nostra Diocesi. Ospite d’eccezione Mons. Valentino Bulgarelli, Direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale, nonché Sottosegretario della CEI (Conferenza Episcopale Italiano). L’evento, dal titolo “Catechista, artigiano di comunità”, ha visto la partecipazione di un centinaio di uditori tra sacerdoti e catechisti della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto. A moderare l’incontro è stata Suor Jolanta Sadowska, Direttrice dell’Ufficio Catechistico Diocesano.

Il nostro servizio – ha esordito don Valentino – è fatto di relazione, di incontro, di tempo dedicato ai bambini, ai ragazzi e agli adulti. In un contesto pandemico, come quello che stiamo vivendo, non è quindi facile svolgere la nostra attività. Per questo motivo voglio fare un ringraziamento, non formale, bensì molto sentito, a tutti i catechisti che nei mesi passati hanno proposto il messaggio del Vangelo in un contesto a dir poco difficile. Ora, pensando al futuro, stasera voglio suggerire alcune idee per proporre la catechesi in un contesto simile. Non vi darò soluzioni, ma solo orientamenti che sono stati recepiti attraverso la rete dei Direttori degli Uffici Catechistici Regionali. La prima cosa che mi sento di dire è che non dobbiamo essere tristi o depressi perché non possiamo più perseguire modelli che fino ad un certo punto abbiamo cercato di mettere in campo. Questo fa parte della vita del cristiano, che è perfettamente immerso nel tempo e nella storia: questo è il tempo che siamo chiamati a vivere. Dunque le domande giuste che ci dobbiamo fare in questo periodo sono: ‘Come possiamo prenderci cura delle persone in un periodo come questo? Come possiamo ricreare la fiducia nei cuori delle persone?’. In questo momento pandemico la priorità non sono i Sacramenti, bensì la cura dei fratelli. È necessario portare le persone alla scoperta di un Dio che, in realtà, le sta già cercando. L’essenziale quindi è recuperare la fiducia dei bambini, degli adolescenti, dei giovani e di una certa generazione di adulti. Noi, come Chiesa, non siamo chiamati a rispettare dei modelli, bensì a dare attenzione alle persone e a restituire loro fiducia.”

Nella seconda parte dell’intervento, Mons. Bulgarelli, ispirandosi al discorso che papa Francesco ha rivolto ai catechisti il 30 Gennaio scorso in occasione del 60° anniversario dell’Ufficio Catechistico Nazionale, ha voluto sottolineare tre aspetti fondamentali che riguardano la forma e la sostanza della catechesi che bisognerà proporre:

Il primo punto è la necessità di avere una catechesi kerigmatica, cioè incentrata sull’essenziale, su quello che conta. Questa essenza, per noi, non è una cosa, bensì una persona, Cristo, con la sua morte e resurrezione. E non c’è vera catechesi senza la testimonianza di uomini e donne in carne ed ossa. Quindi va bene occuparsi di programmi, ma bisogna preoccuparsi soprattutto della testimonianza, la testimonianza di chi custodisce ed alimenta la memoria di Dio.

Il secondo aspetto riguarda la necessità di cambiare il linguaggio. Noi catechisti siamo il primo strumento nelle mani di Dio per appassionare gli altri a Lui. Faccio un esempio banale. Quando parliamo di peccato, non ripetiamo la solita definizione che troviamo sui testi, bensì cerchiamo di spiegarlo con lo stesso linguaggio che usiamo ordinariamente. Nella vita quotidiana, quando esclamiamo ‘Peccato!’ vogliamo intendere che abbiamo perso un’occasione. Ecco, allora, anche per spiegarne il significato diremo ai ragazzi che ‘peccato’ indica ‘un’occasione persa’. Dobbiamo parlare con un linguaggio semplice e comprensibile. C’è bisogno di un’alfabetizzazione della fede. Quando facciamo catechismo, dobbiamo mostrare l’amore verso i ragazzi, un po’ come si fa quando si ama in un rapporto di coppia. Se ti innamori, poi devi mettere delle regole, affinché l’amore venga custodito. Cambiando l’età, cambiano le regole. Il primo passo, dunque, è far sì che i ragazzi si innamorino di Cristo; il secondo passo è custodire quell’amore. La vera fede va trasmessa in dialetto, quella lingua che viene dal cuore.

Il terzo punto riguarda la necessità di essere creativi: questo è il tempo di essere artigiani di comunità aperte che sanno valorizzare i talenti di ciascuno. Abbiamo bisogno di comunità attraenti, capaci di accorciare le distanze, che sappiano veramente prendersi cura delle persone. Come fare? Intanto è importantissima la capacità di ascolto, perché ascoltare è già evangelizzare. Le relazioni finiscono quando ci si sente non ascoltati. Poi bisogna essere molto creativi.”

In definitiva – ha concluso il Direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale – bisogna tentare di aprire due cantieri. Il primo cantiere è per il recupero della testimonianza: i catechisti, infatti, sono i primi testimoni dell’amore e della misericordia di Dio, quindi ci dobbiamo chiedere sempre quanto siamo affidabili come testimoni. Il secondo cantiere riguarda il modo di evangelizzare: poiché oggi si apprende solo se una cosa piace e quindi l’apprendimento è strettamente legato alla sfera emotiva, sensoriale ed affettiva, dobbiamo usare un linguaggio comprensibile ed essere creativi per far sì che i ragazzi comprendano il nostro messaggio. Noi dobbiamo recuperare il fine della catechesi: se riusciremo a farlo, troveremo anche gli strumenti da utilizzare.”

Al termine dell’intervento di Mons. Bulgarelli, numerose sono state le domande e le riflessioni palesate dai partecipanti, segno tangibile dell’interesse dei catechisti verso i temi affrontati. In chiusura Suor Jolanta Sadowska ha ricordato i prossimi tre incontri di formazione che la Diocesi propone ai catechisti, tutti di Lunedì: l’8, il 15 e il 22 Novembre.

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