Elisabetta Gramolini

Ristabilire una relazione fra giornalisti ed editori e poi mettere mano al rinnovamento del giornalismo, alla luce della prova inferta dalla pandemia e dalla pioggia di informazioni, non sempre corrette, sono alcuni dei temi discussi in apertura del XX Congresso nazionale dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi), che si è aperto ieri a Roma. Lo ha detto direttamente all’Ucsi di abitare sempre meglio il mondo dei social è stato il card. Mauro Gambetti, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, arciprete della basilica di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro, che nel suo intervento ha lanciato l’indicazione direttamente all’Ucsi e a tutto il giornalismo cattolico di abitare sempre meglio il mondo dei social. “I social – ha detto – sono una potenza a disposizione. Dobbiamo essere un faro e allo stesso tempo scioglierci dentro come il lievito”. “Credo – ha proseguito – che nel mondo del giornalismo sia questa una delle missioni da tener presenti, aiutare le persone ad accostare la realtà con spirito critico. Per me è stato impressionante come sia stata trattata la questione dei vaccini. Ognuno ha le sue opinioni ma i presupposti dovrebbero essere gli stessi. In questo senso, mi sembra di toccare con mano quel che è sotto gli occhi di tutti che è l’emergenza educativa di cui parlava papa Ratzinger”. Esiste una vocazione al giornalismo? Secondo il cardinal Gambetti, per lavorare sono indispensabili libertà, creatività e quel senso di responsabilità scevro da interessi personali o di gruppo. “Altrimenti – afferma – c’è il rischio di perdersi. Un’altra dimensione da tener presente è quanta gratuità c’è dentro agli atteggiamenti e agli schemi. A mio avviso gratuità e gratitudine vanno insieme per stare dentro alla professione al mondo d’oggi. Ci vogliono questi sguardi così larghi e una visione illuminata che il Papa propone”.

Nel corso della tavola rotonda che ha aperto l’incontro, la presidente dell’Ucsi, Vania De Luca, ha riportato i risultati di una indagine condotta dall’Università Pontificia Salesiana su come si informano i giovani in base alla quale il 48% conosce l’agenda ma sceglie per lo più i social (54%) come mezzo informativo. Il resto preferisce i telegiornali visti in rete e i quotidiani on line. Il 10,75% si informa tramite il cartaceo, la televisione solo l’8%, la radio il 7%. “Dobbiamo cominciare a rivedere il concetto di notizie”, ha commentato Nello Scavo, cronista del quotidiano Avvenire. “Il 10% dei giovani che leggono i giornali cartacei è poco e ci sfida a conoscere gli altri strumenti. Non c’è alternativa. Fra 30 anni penso che ci sarà ancora la carta stampata ma non come la viviamo oggi”. Sempre il giornalista, autore di numerose inchieste sul tema dell’immigrazione, ha posto l’attenzione sulla necessità su quanto sia importante oggi far dialogare giornalisti ed editori. “Ristabilire una relazione – ha sottolineato – è di estrema importanza. Molti vescovi hanno le idee chiarissime su cosa dovrebbe essere un giornale ma altri no. Il nostro è un giornalismo destinato ad andare sempre in perdita. Bisogna investire e capire che purtroppo se volete una comunità bisogna mettere mano al portafogli perché non farlo significa pagare di più domani. La pandemia ha dimostrato quanto siano importanti i servizi di assistenza alimentare e molti media generalisti devono ringraziare la stampa cattolica che ha fatto emergere le tante realtà esistenti di aiuto e solidarietà”.

Sul momento storico e sulle sfide che attendono la categoria, si è soffermata Giuseppina Paterniti, direttrice dell’offerta informativa della Rai. “I giovani – ha affermato – accedono ad una quantità enorme di informazione. Dobbiamo offrire loro informazioni certificate. Dobbiamo avere la consapevolezza di essere di fronte a un cambiamento d’epoca come ha detto il Papa”. È possibile un corretto funzionamento della vita democratica senza giornalismo? “No – ha risposto la giornalista – per questo dobbiamo esercitare la nostra professione con responsabilità nei confronti della gente, a cominciare dai giovani. I giovani apprezzano la buona informazione, di denuncia, coraggiosa. Se pensiamo di sederci sulle notizie soft abbiamo chiuso. Non ho mai creduto che il giornalismo potesse essere neutro – sottolinea –. Deve essere un giornalismo che vede ciascuna persona impegnata in prima linea. I giovani lo apprezzano e lo riconoscono. Non è vero che non abbiano interesse ai problemi internazionali, lo hanno dimostrato sulla questione climatica. Da una parte – ha concluso – siamo fortunati ad avere questo Papa che ci spinge su questa frontiera. Credo che siamo molto fortunati perché il momento è difficile ma lui dice le cose in maniera chiara e coraggiosa”.

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