Giuseppe Manunta

Un’enorme distesa nera è lo scenario che si presenta, e rimarrà tale per i prossimi mesi, nel cuore della Sardegna e della diocesi di Alghero-Bosa, devastato dalla violenza distruttrice del fuoco. Oltre ventimila ettari di vegetazione sono andati perduti e centinaia di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni per mettersi in salvo e sopravvivere all’avanzare progressivo dell’incendio, sospinto dal forte vento e dall’aria secca.Tutto il Montiferru ha vissuto, tra sabato 24 e domenica 25 luglio, un vero inferno determinato dall’impossibilità di domare in tempi brevi le fiamme che si sono propagate tra le campagne, arrivando in alcuni casi sino al centro abitato.A Santu Lussurgiu, così come a Cuglieri sono state rase al suolo enormi superfici adibite a pascolo, allevamento di bestiame, produzioni vitivinicole e agricole.

Drammatico il racconto del parroco di Cuglieri, Don Mario Piras, all’indomani della tragedia che ha colpito la Comunità a lui affidata:“Dall’alto della Basilica di Santa Maria ad Nives è possibile vedere l’enorme danno prodotto da questo incendio apocalittico. È uno scenario spettrale, con l’aria quasi irrespirabile totalmente invasa dalla fuliggine”.“Le fiamme – ha detto don Mario – sospinte dal forte vento sono arrivate sino a dentro il paese e sono state bruciate case, capannoni, l’ex Liceo di Cuglieri e durante la notte le foglie infiammate degli alberi, ormai ridotti in cenere, hanno vagato pericolosamente in tutto l’abitato”.

A questo si aggiunge la tragica situazione di centinaia di allevatori che, nel migliore dei casi, sono riusciti a spostare gli animali in aree più sicure, ma l’avanzare cruento del fuoco ha fatto registrare la perdita – anche totale – dei capi di bestiame che rappresentavano la fonte di sostentamento dell’economia locale.

Altro settore profondamente intaccato è quello della produzione olearia, con centinaia di ulivi andati in fumo, compresi gli esemplari secolari che caratterizzavano quella porzione della nostra Isola.

A Santu Lussurgiu le fiamme non hanno toccato le abitazioni ma tutto intorno al paese non resta altro che cenere:“Alcune fiamme sono arrivate sino a ridosso delle case – ci racconta Tiziana – ma fortunatamente si è riusciti a spegnerle prima. Quando pensavamo che il fuoco avesse ultimato di distruggere quanto era riuscito ad avvolgere, il vento ha fatto ripartire l’incendio nel pomeriggio e arrivata la notte, a causa dell’assenza dei mezzi aerei di soccorso, abbiamo avuto realmente paura”.

Irriconoscibili le zone intorno a Tresnuraghes dove la furia devastatrice è scesa sino alla costa, alle spalle di Porto Alabe:“Mentre percorro in auto le strade che mettono in collegamento Tresnuraghes con Sennariolo, Scano di Montiferro e Cuglieri, mi rendo conto di quanta vegetazione sia stata totalmente cancellata e di come i sacrifici dei nostri lavoratori siano andati perduti”,commenta don Andrea Manca, parroco di Tresnuraghes e Magomadas.

“Serviranno anni per ammirare ancora una volta le bellezze ambientali del nostro territorio – è la riflessione di don Antonello Putzolu, guida della comunità di Scano di Montiferro – ma occorrerà intervenire subito per dare speranza e futuro alle tante famiglie che hanno perso la loro attività, inghiottita dal fuoco”. In molti casi oltre ad alberi e piante, sono stati distrutti mezzi e macchinari molto costosi, frutto di investimenti a lungo termine.

La solidarietà da parte del popolo sardo non si è fatta attendere,

sia durante l’incendio, quando si è cercato di sostenere il fondamentale operato dei Vigili del Fuoco, Corpo forestale, Barricelli, Protezione civile e l’esercito di volontari accorsi, sia dopo, quando si è dovuto andare incontro a tanti bisogni delle famiglie che avevano perso la propria abitazione, o comunque non potevano accedervi, e agli anziani costretti ad abbandonare le case di riposo troppo vicine al confine di pericolo.Già lunedì mattina trattori, camion, furgoni si sono recati sul luogo da ogni angolo della Sardegna per portare qualsiasi genere di bene, compreso quanto necessario per le esigenze del bestiame sopravvissuto all’incendio.Tante le offerte di soccorso da parte di proprietari di seconde case che mettevano a disposizione la loro dimora, così come da panificatori, agriturismi e ristoranti che offrivano pasti a coloro che erano impossibilitati. Le Amministrazioni, nel frattempo, stanno predisponendo un piano di coordinamento perché ogni gesto di prossimità non vada perduto.
La diocesi di Alghero-Bosa ha subito messo a disposizione la struttura dell’ex seminario di Bosa per poter ospitare quaranta anziani ed il lavoro di accoglienza è stato curato dalla Croce Rossa Italiana, in collaborazione con la Misericordia di Alghero, i collaboratori dell’oratorio di Bosa e le associazioni di volontariato locali.Significativo il contributo delle parrocchie durante la fase di emergenza, alle quali spetterà, arginato il problema, dare nuova prospettiva e rinnovata fiducia per la ripartenza.


La diocesi, per volontà del vescovo Mauro Maria Morfino, ha inoltre istituito un fondo di solidarietà denominato “Emergenza incendi Montiferru” per tendere una mano alla popolazione ferita.Nello stesso conto il pastore della Chiesa di Alghero-Bosa ha accreditato la somma di € 50.000, con la speranza che la quota cresca progressivamente grazie alla generosità di quanti saranno sensibili al problema.

Per versare la propria offerta nello speciale “fondo”, sarà necessario predisporre un bonifico bancario con causale “Emergenza incendi Montiferru” all’Iban IT 57 D 01015 84890 000070770491.

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