Un buon caffè è occasione di ricordare un episodio emozionante ma triste: il ritrovamento – pochi giorni fa – di una tartaruga marina a Grottammare, una “caretta caretta” purtroppo stremata e ammalata, che non è sopravvissuta nonostante il tentativo di aiutarla. Molti ci hanno chiesto notizie, informazioni, interessandosi a lei ed a questi particolari rettili. Abbiamo ricevuto soprattutto da alcuni ragazzi richieste di notizie, così abbiamo pensato di parlarne qui in “Pausa caffè”.

Le tartarughe in generale sono diretti discendenti dei ..dinosauri. Nella preistoria, alcuni dinosauri di piccole dimensioni riuscirono a sopravvivere al cambio climatico, al raffreddamento terrestre, cioè alle glaciazioni, “escogitando” il letargo, cioè un modo per sopravvivere al freddo con la strategia della  “latenza”, giacendo cioè in un sonno profondo nella propria tana per circa 20 settimane. Le tartarughe infatti non possono vivere se fa freddo, come tutti i rettili, sono animali “eterotermi”, cioè il sangue si riscalda non autonomamente come per gli uccelli e per noi mammiferi, ma grazie alla temperatura esterna, quindi hanno bisogno di caldo per vivere, per attivare il metabolismo.

Tornando al discorso preistoria, con il rapido raffreddamento del clima, come avrebbero fatto animali giganteschi come i dinosauri e con una enorme massa da riscaldare a sopravvivere in un clima gradualmente sempre più freddo?

Non ce l’avrebbero fatta, infatti si estinsero come tutti sanno in modo più o meno rapido.

Solo alcuni di loro appunto sopravvissero, ideando un adattamento: alcuni, come abbiamo accennato, il letargo, altri si adattarono alla vita in acqua, in cielo e così via.

L’evoluzione della specie ha fatto il resto “specializzando” gli organismi degli esseri viventi per adattarli all’ambiente. Ma questo non vuole essere un manuale di scienza, vogliamo solo riflettere cinque minuti tra amici sulle nostre care, amate testuggini.

Le tartarughe effettivamente sono un calzante esempio dell’adattamento all’ambiente: alcune vivono nei mari, altre nelle acque palustri dolci, altre sono terrestri. Tutte respirano con i polmoni, anche quelle acquatiche, devono emergere spesso per respirare dai bui fondali marini. Sono tutte animali protetti e a grave rischio di estinzione e regolamentati da Leggi Forestali.

Nei giardini di una volta non mancavano mai le tartarughe, considerate dei silenziosi guardiani erbivori che contribuivano a mantenere pulito il giardino mangiando le erbe spontanee.. Proprio su queste ultime ci soffermeremo di più, perché con passione ci interessano maggiormente. Dopo il lungo sonno del letargo, si svegliano intorno al 21 marzo ( equinozio di primavera) e piano piano, lentamente, magre e spente, riprendono a vivere, mangiando a poco a poco sempre di più. Dopo circa 1-2 mesi c’e la stagione degli amori ..a primavera le femmine depongono le uova, scavando una buchetta nel terreno e dopo circa 2 mesi, ad una determinata temperatura, nascono le piccole, minuscole come una moneta da 1 euro. Hanno un dentino speciale per rompere il guscio, come i pulcini ( i rettili e gli uccelli hanno tante similitudini) che cadrà qualche giorno dopo, assolta la sua funzione, sul pancino hanno una sorta di “cordone ombelicale” in realtà un filo collegato al “sacco vitellino” ( corrispondente alla nostra placenta) tramite cui assorbono il nutrimento quando stanno nell’uovo. Le tartarughe genitori non praticano cure parentali ai piccoli, ossia la natura ha reso indipendenti le “cucciole” o meglio più appropriato dire “Baby tartarughe”, che dopo qualche tempo iniziano a mangiare foglioline e ad essere simili ( tranne che nella stazza) agli adulti.. Tuttavia sono molto fragili perché il guscio, che in teoria serve per difendere le tartarughe dai predatori, è tenerissimo, per cui le baby rischiano di essere bocconi per uccelli ( corvi, gazze , cornacchie) o per ratti o infastidite da gatti o cani in natura. Per questo di tante che ne nascono solo in pochissime sopravvivono. Ecco la loro fragilità. La prossima settimana la seconda parte di questo articolo!

Chi volesse interagire con l’autrice può scrivere a : susanna.faviani@gmail.com oppure scrivere o fare domande al numero wapp di redazione: 3711715065. Al prossimo sabato con un’altra meravigliosa avventura di “Pausa Caffè” !

 

 

 

 

 

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