DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

L’immagine finale del Vangelo di Marco, che oggi la liturgia ci presenta, è molto bella: «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro [i suoi discepoli], fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto…».

Gesù ha terminato il suo cammino terreno…e si siede! I discepoli, invece, iniziano ora il loro cammino e partono. Gesù sale in cielo e i discepoli vanno nel mondo. Simpatica, come immagine, ma molto significativa oggi, giorno in cui la Chiesa celebra la solennità dell’Ascensione! Attenzione, non la festa dell’abbandono, di un Gesù che lascia i discepoli al loro destino, che tira i remi in barca e che sembra dire “Ho fatto la mia parte, ora tocca a voi, buona fortuna!” …e chi si è visto si è visto!!

L’Ascensione è la festa della moltiplicazione e dell’estensione dell’amore di Cristo. Un Dio non più ristretto e costretto in un luogo e in un tempo ma presente in ogni luogo e in ogni tempo, il Dio raggiungibile! La festa di un Dio che si libera del tempo e dello spazio per poter essere definitivamente in ogni angolo del mondo, contemporaneamente e per sempre.

In questo senso, l’Ascensione è la possibilità per ogni uomo di poter incontrare il Signore oggi, nel suo oggi.

Infatti, l’ultimo versetto del Vangelo di Marco non termina con le parole che abbiamo letto e ascoltato qualche secondo fa «Allora essi partirono e predicarono dappertutto…» ma continua «…e il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano».

L’Ascensione è la festa che inaugura il tempo della Chiesa: nostro compito, quello che il Signore ci lascia fidandosi ciecamente di noi, è essere testimoni, portatori della Buona Notizia di un Dio che ci ama e che continua ad essere presente nella storia e nella nostra storia.

«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura…»: in tutto il mondo e ad ogni creatura perché ciascun uomo, dovunque sia e a qualsiasi razza appartenga, ha il diritto di ascoltare l’annuncio del Vangelo.  Non esistono vicini e lontani, primi e ultimi! Da Gerusalemme al mondo, dalla Chiesa al mondo.

Gesù non chiede di organizzare feste, fare manifestazioni, occupare posti di rilievo nella società. Semplicemente: annunciate il Vangelo, non una cultura, non una teologia, non una ideologia, solo il Vangelo, solo la Buona Notizia che è Gesù Cristo.

E quali saranno i segni concreti che accompagneranno questo annuncio?

Ce li descrive lo stesso Gesù continuando a parlare con i suoi discepoli: «Nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno…».

Non miracoli o effetti speciali ma un agire della Parola che riempie e converte la vita di chi la accoglie: i demoni arretrano, arretra cioè la parte di noi che sceglie la morte invece che la luce, il dolore invece che la libertà; si parla una lingua nuova, quella della condivisione, dell’accoglienza, del perdono, della tolleranza; riusciamo a prendere in mano le nostre contraddizioni, senza condannare, senza giudicare, abitando senza sensi di colpa o paure nascoste la nostra vita e il nostro quotidiano.

Allora, accogliamo l’invito dei «due uomini in bianche vesti»: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». Alziamo lo sguardo, sì, ma alla nostra vita: Gesù ha guadagnato il cielo, a noi ha affidato la terra, ha affidato gli uomini, la loro storia…

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