Silvia Rossetti

Già Quintiliano nel I secolo d.C. sottolineava l’efficacia delle tecniche dell’ars oratoria nell’ambito delle pratiche educative. Egli sosteneva che un buon maestro dovesse essere anche un abile oratore, capace di interessare l’interlocutore e di condurlo attraverso la voce nel viaggio della conoscenza.

Chiunque si occupi di formazione dovrebbe prestare grande attenzione a come il proprio corpo “risuona” attraverso la propria voce. Tra docente e discente, infatti, si dovrebbe in primo luogo creare – al di là dei contenuti da trasmettere – un ponte relazionale, che tenga conto del reciproco serbatoio emotivo. Pensiamo a quante emozioni sono trasmesse dal tono del nostro discorrere: la gioia, la rabbia, la delusione, la timidezza, l’amarezza. La nostra voce palesa lo stile educativo, il carattere e la personalità di chi parla: l’incertezza o la decisione, il carisma.

Dare importanza alla voce significa ascoltare il corpo che ri-suona e si offre al mondo; la voce ha una considerevole portata psichica.

Dagli albori dell’umanità si usa per tramandare leggende, narrare miti, raccontare fiabe, offrire consiglio… Lo scambio vocale è biografico e, al contempo, ancestrale. Con la voce si accoglie o si rifiuta, si aggredisce o si accarezza l’interlocutore. Quanto è importante il tono della voce nel dialogo con la disabilità, ad esempio nel trattamento dei casi di autismo o di Adhd!

Anche nelle pratiche psicomotorie la voce detiene un ruolo rilevante: è in grado di sorreggere l’atleta nella prestazione e di infondere energia nella sua mente.

Nelle scuole stanno tornando in auge le letture “ad alta voce”. Si leggono i classici, oppure si dà spazio al testo poetico. La magia della letteratura risiede spesso nella musicalità di certi testi, caratteristica che non emerge con la lettura silenziosa. La potenza dei versi di Dante si percepisce a pieno quando essi vengono declamati ad alta voce, la malinconia di certe pagine di Pavese, o la tenerezza di alcune rime di Pascoli possono arrivare più intensamente al cuore di chi ascolta. Soprattutto l’ascolto può prestare soccorso a coloro che faticano a far scorrere una parola dietro l’altra sullo sfondo severo del foglio.

Stanno acquisendo un certo successo di pubblico, soprattutto fra le giovani generazioni, anche gli audiolibri. L’approccio alla lettura in questa modalità risulta facilitato e la narrazione può essere seguita anche durante piccoli spostamenti, o viaggi. Il racconto segue quindi il lettore, lo pedina, si fa dinamico. Diventa una piacevole compagnia, i personaggi prendono forma e condividono il nostro spazio quotidiano.

Pure i podcast riscuotono grande interesse. Li propongono piattaforme dedicate  e vengono utilizzati  per la formazione e l’approfondimento.

Probabilmente nell’ultimo anno abbiamo fatto indigestione di immagini e, forse, l’ascolto ci offre un rifugio intimo e delicato. Ascoltando, seguiamo un filo invisibile e alleniamo le nostre capacità attentive, magari sanando uno degli altri danni della società orgiastica delle immagini. Torniamo, perfino, a spalancare la polverosa botola dell’immaginazione.

Il corpo confinato nel perimetro del distanziamento torna a riprendersi i propri spazi e trova il modo di riproporre le proprie alchimie. Siamo fiduciosi.

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