Foto di repertorio

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Prosegue il nostro viaggio all’interno delle corsie ospedaliere per incontrare i primari di alcuni reparti dell’Ospedale Civile “Madonna del Soccorso” della nostra città. Oggi ospitiamo il Prof. Alfredo Fioroni, da Marzo 2015 Direttore dell’ Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitativa della Area Vasta n. 5 Ascoli Piceno/San Benedetto del Tronto. Dopo aver ottenuto la Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Politecnica delle Marche nel 1987, ha conseguito due Diplomi di Specializzazione, il primo in Pediatria presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il secondo in Medicina Fisica e Riabilitativa presso l’Università Politecnica delle Marche. Ha poi proseguito la sua formazione con il Master triennale in “Management delle Organizzazioni Sanitarie a rete di II Livello” c/o la Facoltà di Economia della UNIVPM. È professore a contratto presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia della UNIVPM, Corso di Laurea in Infermieristica. È stato inotre Presidente dell’AMCI diocesana (Associazione Medici Cattolici Italiani) fino a Dicembre 2019.

Come valuta la sua esperienza all’AMCI?
Sono stato Presidente dell’AMCI Diocesano per 8 anni, vivendo una bellissima esperienza che mi ha “arricchito” sul piano umano e professionale. Sono stati veramente tanti i convegni organizzati su temi di Bioetica e sulla “Relazione di aiuto”, ma anche su Medicina narrativa, argomenti economici e sociali. Ricordo il titolo del primo evento formativo, non quello più grande, ma quello a cui sono rimasto più legato: “Cosa fare quando sembra non ci sia più niente da fare” ispirato dalla prematura scomparsa di un mio carissimo amico, fu una bella sfida. Da li in poi è stato un crescendo. Con un ristretto numero di colleghi e con il nostro Assistente spirituale ci impegnammo molto, i risultati in termini di partecipazione ed interesse superarono ampiamente le attese.

Quale contributo in più può dare un medico cristiano rispetto ad un collega che non lo è?
Un buon Medico deve avere un’adeguata formazione, che gli permetta di sviluppare competenze specifiche, deve poi continuare a studiare per mantenere ed accrescere tali competenze, arricchendole con l’esperienza maturata. Deve saper comunicare con altri medici e professionisti della salute per integrare e completare l’offerta, rispondendo compiutamente agli sfaccettati bisogni delle Persone malate. Deve poi essere onesto intellettualmente ed avere empatia, per sviluppare una efficace relazione di cura con la Persona sofferente o con disabilità. Queste ultime sono attitudini personali, che a mio avviso non sono legate ad uno specifico credo religioso, ma sulle quali un cristiano è elettivamente chiamato ad impegnarsi. L’uomo che egli cura non è solo “un altro” ma una creatura di Dio, quindi fratello nel vero senso della parola. Come credente ritengo che la Fede sia una potente risorsa nel quotidiano e nei momenti difficili. Pur basandomi sul Piano di Indirizzo per la Riabilitazione, sicuramente, la centralità della Persona umana e l’etica personalista ontologicamente fondata, hanno profondamente influenzato la riorganizzazione delle attività riabilitative della nostra AV5, cui ho lavorato in questi sei anni.

Com’è la situazione attuale nel suo reparto?
La U.O.C. di Medicina Fisica e Riabilitativa della Area Vasta 5 gestisce e coordina tutte le attività di riabilitazione pubbliche erogate in AV5: posti letti di riabilitazione intensiva in regime di ricovero presso l’Ospedale di San Benedetto del Tronto; assistenza riabilitativa per i pazienti ricoverati in acuzie presso gli Ospedali di San Benedetto del Tronto ed Ascoli Piceno; attività riabilitativa ambulatoriale presso gli Ospedali di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto e le RSA di Ripatransone, Montefiore dell’Aso, Offida; riabilitazione domiciliare attraverso cooperative di FFTT dedicate. La nostra squadra è formata da 6 medici Fisiatri, 1 Posizione Organizzativa, 38 Fisioterapisti, 3 Logopedisti, 2 amministrativi. Lavorano con noi anche due Specialisti Fisiatri Territoriali ed una cooperativa di FFTT che svolge i trattamenti domiciliari. Accreditati come struttura Formativa della UNIVPM, abbiamo anche Medici specializzandi, Fisioterapisti ed infermieri in formazione. La rete riabilitativa, concepita in questi ultimi 6 anni, secondo il principio del PERCORSO RIABILITATIVO UNICO di Area Vasta, pone al centro la Persona con Disabilità. Questo il principio: una Persona, un progetto riabilitativo individuale, un unico sistema di gestione informatizzato. Tutte le risorse riabilitative disponibili, fatta salvo il privato convenzionato, con cui abbiamo progressivamente affinato piani di integrazione sempre più stretti, hanno una gestione unitaria. In questi mesi l’assistenza ai pazienti COVID ha assorbito molte nostre energie, ma abbiamo tenuto duro e mantenuto, sia pure con le restrizioni previste e gli accorgimenti di sicurezza dettati dalla pandemia, tutte le attività: posti letto di riabilitazione intensiva in regime di ricovero, attività ambulatoriale, attività domiciliare, quando possibile con fisioterapista in presenza, quando non possibile in teleriabilitazione con supervisione da remoto. Ritengo che i pazienti affetti da problematiche croniche ed acute diverse dal covid, anche in questa situazione, debbano comunque essere assistiti.

Come è cambiata la vita in reparto da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?
Come già in occasione del terremoto del 2016, fin dall’inizio dell’emergenza pandemica, nel Marzo 2020 ci siamo messi a disposizione del nostro Direttore d’Area Vasta, il dott. Cesare Milani, contribuendo all’enorme sforzo della nostra ASUR – AV5 contro il COVID, con Medici, Terapisti e più recentemente con i nostri Logopedisti. L’organizzazione a rete delle attività riabilitative costruita in questi sei anni ha retto l’urto, dimostrando nei fatti la sua validità: non era affatto scontato e siamo soddisfatti. Lo sforzo riabilitativo, funzionale ad un più rapido ricondizionamento aerobico dei pazienti ed ad un più tempestivo recupero dell’autonomia, ha contribuito ad un più alto turnover dei pazienti ricoverati, liberando così posti letto e rendendoli disponibili per altri pazienti. Contestualmente, un nostro medico Fisiatra si è reso disponibile a coprire i turni di guardia nei reparti COVID 1 e 2, supportando i colleghi internisti, comprensibilmente sovraccarichi. Ad oggi, come dal principio dell’emergenza, i pazienti con polmonite covid-relata vengono valutati dal Fisiatra nei reparti di ricovero, individuato il bisogno riabilitativo e definito il piano di intervento, iniziano subito il trattamento durante la degenza. Alla dimissione, in presenza di un ulteriore margine di recupero, i pazienti con tampone negativo proseguono il trattamento in setting ambulatoriale o domiciliare, mentre quelli ancora positivi al Covid intraprendono l’attività domiciliare in Teleriabilitazione. A questo proposito, in questi mesi, abbiamo realizzato oltre 120 tutorial di 3 minuti, con singoli esercizi spiegati nel dettaglio. Questi video tutorial, scelti e combinati in maniera sartoriale per ciascun paziente, costituiscono la base per proseguire il percorso con un’attività di autotrattamento. Settimanalmente, sempre in video chiamata, Medico Fisiatra e Fisioterapista, supervisionano l’attività svolta, aggiornano i programmi definiti, integrandoli con altri video. Nonostante l’emergenza, i pazienti continuano dunque ad essere “presi in carico” e tracciati.

Come riuscite a gestire la paura del paziente e a mantenere un rapporto di umanità, nonostante le restrizioni? C’è qualche paziente di questi mesi che le è rimasto nel cuore più di altri? Perché?
Questo virus con le inevitabili restrizioni che ha condizionato, risulta particolarmente subdolo ed insidioso, poiché limita la relazione di aiuto o almeno le sue manifestazioni più riconoscibili. Se vogliamo aiutare un familiare o comunque una persona cara abitualmente non lo abbandoniamo, “gli rimaniamo vicino”, è nella nostra natura. In questo caso purtroppo non ci è concesso. Chi si ammala deve essere isolato. Ecco allora che il ruolo di chi li assiste si carica di una ulteriore responsabilità: diventiamo infatti gli unici a poter raccogliere le ansie, le preoccupazioni, le paure, contestualmente dobbiamo comunque sostenere la Speranza e questo può non risultare facile, quando il virus minaccia anche noi e quando dispositivi di protezione e stringenti procedure condizionano il nostro agire. Da noi, in Riabilitazione Intensiva, degenza NO COVID, i pazienti rimangono ricoverati anche fino a due mesi. Da subito ci siamo resi conto che, non potendo ricevere visite dai familiari, la deprivazione affettiva incideva drammaticamente sul recupero. Se davvero volevamo “prenderci cura” dei nostri pazienti dovevamo inventarci qualcosa. Ricordo la signora Maria, una bella signora di età avanzata, che presentava una emiparesi con afasia, capiva tutto ma non si esprimeva bene. Non aveva alcuna dimestichezza con il PC, ma parve subito incuriosita dalla mia proposta, anche se non capiva bene cosa le stessi offrendo. Quando, acceso il video, apparvero le due nipoti, in un primo momento pensò ad una trasmissione televisiva, poi riconobbe le nipoti e quando si accorse che poteva comunicare con loro, la commozione prevalse. Fu subito evidente quanto quel contatto le avesse giovato. Le Fisioterapiste riferirono che le sue energie e la sua volontà parevano moltiplicate, divenne così un appuntamento quotidiano. Le due nipoti, ragazze davvero in gamba, entrambe residenti lontano ed impegnate con il lavoro, non mancarono un appuntamento con la nonna ed il sottoscritto, arricchendo in maniera determinante il nostro Team riabilitativo. Mi piace ricordare anche le videochiamate delle nostre Fisioterapiste con pazienti assistiti in teleriabilitazione da noi, ma residenti a Pesaro, area che nella prima ondata di Marzo era stata particolarmente colpita dalla pandemia. Dopo settimane di assistenza “filtrata dai DPI”, finalmente i pazienti riuscivano a dare un volto a quelle voci premurose che erano state loro accanto in quei giorni difficili..

Cosa si sente di dire a chi ancora è scettico in merito all’esistenza del Covid?
Di fronte alle difficoltà c’è chi fugge. In questo caso non è facile e c’è chi coraggiosamente – o forse inevitabilmente – le affronta come può e come sa, fidandosi di chi ha maggiore competenza. Chi le nega, inganna se stesso. “Ex falso sequitur quodlibet”, sono persone realmente molto fragili, talora si fanno male.

Come ha vissuto la vaccinazione?
La disponibilità di un vaccino efficace, ottenuto in tempi così ristretti, è una benedizione di cui è necessario approfittare per il proprio bene e per quello degli altri. Vaccinarsi significa non sviluppare forme gravi di malattia, non contagiare i propri cari e nel contempo contenere la diffusione del virus e lo sviluppo di varianti pericolose. Gli organi preposti al controllo dei vaccini, sono istituzioni internazionali assolutamente affidabili. Tra gli operatori è forte la consapevolezza che occorra vaccinarsi tutti ed in fretta, il problema attuale pare sia la disponibilità dei vaccini.

Nonostante le restrizioni a cui siamo tutti sottoposti e la maggiore fatica quotidiana che la sua professione richiede, c’è qualcosa di positivo che l’esperienza della pandemia le ha lasciato?
Questa esperienza ci ha dimostrato, ancora una volta, che essere squadra, coesa, affiatata, determinata all’obiettivo comune, è arma resiliente. Noi riabilitatori AV5, geneticamente interdisciplinari, consapevoli dell’importanza del nostro ruolo, di fronte all’emergenza, ci siamo resi immediatamente disponibili. Strutturando il “COVID Rehabilitation Team AV5” con briefing e reporting quotidiani, riunione fissa settimanale AP-SBT, tracciamento di tutti i pazienti con presa in carico dal ricovero in acuzie al rientro a casa ed oltre, stiamo supportando con tutta la nostra esperienza ed il nostro impegno l’imponente sistema anti COVID messo insieme dalla ASUR Marche. La teleriabilitazione AV5, è stata una risposta adattiva ad un bisogno reale ed ha funzionato. Forse, senza covid, avremmo continuato a parlarne, come fanno in molti, senza risultati concreti utili alle persone.

Come è cambiata la sua vita personale da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?
Ho trascorso gran parte della mia vita in ospedale, riguardo i tempi direi che è cambiato poco. Dallo scorso mese di Marzo, a tutela dei miei familiari, oltre a mascherina, distanziamento e lavaggio costante delle mani, al rientro a casa, mi cambio in garage prima di salire in casa. Riguardo le uscite mi attengo scrupolosamente alle indicazioni che ci vengono fornite, vivo le ansie e le paure che vivono tutti. A dirla tutta però, dopo un anno, distanziamento e restrizioni mi pesano, mi mancano gli amici “in presenza”, il contatto con i miei studenti della Politecnica, mi mancano le strette di mano e le manifestazioni di affetto esplicite e dirette con pazienti ed amici. L’approccio virtuale, forse anche per ragioni anagrafiche, mi appare un utile surrogato ma non mi appaga. Dopo un anno, mi chiedo quanto l’insistenza dei media sul “virus-mostro”, sulle disgrazie, sulle tragedie sia davvero informazione funzionale alla mitigazione della malattia. Mi chiedo se si sia considerato l’effetto che questa TV del dolore, dell’allarme, dell’insicurezza possa avere sui molti anziani obbligati dalle circostanze a passare tutto il loro tempo davanti alla TV, li vedo sempre più impauriti, non rischiamo di rubar loro la speranza? Faccio sempre più fatica a tollerare i frequenti battibecchi tra opinionisti, qualche volta esperti, altre volte meno, ancora mi chiedo: sono sempre legati ad onestà intellettuale o non piuttosto a personalismi che potrebbero trovare soluzione altrove? Ogni buona notizia, deve subito essere smentita, ma è possibile? Così, su cosa ricostruiamo? Ciascuno si interroghi e si chieda con onestà intellettuale, se ha fatto il possibile per alleviare le comuni sofferenze…. In periodi come questo non può esserci spazio per opportunismi…

Che messaggio si sente di dare ai nostri lettori?
Una bella notizia. Oggi lo scenario è completamente cambiato, c’è una luce in fondo al tunnel, corriamole incontro. La chiave per venirne fuori, si chiama vaccino, a noi l’organizzazione, a tutti l’invito a vaccinarsi. Dobbiamo ripartire. Cominciamo da qui, tutti, prima possibile!

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