L’insicurezza nell’est del Paese, in particolare nel Nord Kivu e nell’Ituri, la crisi umanitaria e dei diritti umani in tutta la Repubblica democratica del Congo, la miseria della popolazione, i passi da fare a livello sociale, politico ed economico verso elezioni “credibili e trasparenti” nel 2023: sono i principali temi al centro del messaggio dei vescovi della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco), pubblicato al termine della riunione del consiglio permanente che si è svolto dal 22 al 25 febbraio a Kinshasa. I vescovi hanno ricordato nella nota l’omicidio dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo, uccisi la settimana scorsa nel Nord Kivu in uno scontro a fuoco dopo un attacco da parte di un gruppo armato. Proprio ieri nella capitale è stata celebrata una messa in suffragio dell’ambasciatore e delle altre due vittime nella cattedrale di Notre- Dame du Congo, celebrata dal cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa. Nel frattempo sono stati rilasciati poche ore dopo il sequestro tre operatori della Ong norvegese Norwegian Refugee Council, presi in ostaggio da un gruppo di uomini armati nel territorio di Fizi, nel Sud-Kivu.

“Siamo profondamente rattristati dalle informazioni ricevute e dal divario tra le promesse fatte e la realtà sul campo vissuta dalle popolazioni di questi Paesi colpiti dai gruppi armati”, scrivono in una lunga nota firmata da diciannove vescovi, dopo una missione congiunta della Cenco e dell’Aseac (Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale) in quelle zone, nelle diocesi di Butembo-Beni nel Nord Kivu e di Bunia nell’Ituri, dove si sono confrontati con la drammatica situazione degli sfollati. Sono pronti ad esprimersi in maniera ancora più specifica sulla questione.

“La situazione della sicurezza nel nostro Paese, soprattutto nella parte orientale resta pericolosa e aggravata dalla presenza di gruppi armati che l’esercito nazionale, sostenuto dalla Monusco”, la Missione delle Nazioni Unite nella RD. Congo, “non è ancora in grado di sradicare”, affermano.

“I massacri di popolazioni, i rapimenti e lo sfollamento di persone, nel Nord Kivu e nell’Ituri, e ultimamente lo spregevole assassinio dell’Ambasciatore d’Italia nella Repubblica Democratica del Congo con la sua guardia del corpo e l’autista, lo dimostrano a sufficienza”.

I vescovi esprimono le loro condoglianze allo Stato italiano e ai familiari delle vittime e condannano poi la “repressione degli attivisti per i diritti umani, gli attacchi contro i civili da parte di gruppi armati o forze governative, gli impedimenti alla libertà di espressione e di manifestazione”.

Sul fronte sanitario e sociale anche la Repubblica democratica del Congo è stata toccata dal Covid-10 seppure non in maniera drammatica. I vescovi si dicono però preoccupati per la “precarietà del nostro sistema sanitario” e “la negazione della realtà di buona parte dei nostri connazionali, con l’allentamento pressoché generale dell’osservazione delle misure di distanziamento fortemente raccomandate dalle autorità sanitarie”. Parere positivo viene espresso a proposito della riapertura di scuole e università, con lezioni in presenza dal 22 febbraio scorso. Puntano però il dito contro i bassi stipendi degli insegnanti e l’inadeguatezza delle infrastrutture scolastiche che minacciano la qualità dell’insegnamento. A questo proposito ricordano che la Chiesa cattolica “assicura educazione gratuita nel 98,8% delle sue scuole” ed è “disponibile a collaborare con lo Stato congolese per una sana gestione dell’educazione e per il consolidamento e la sostenibilità dell’educazione di base gratuita”.

A conclusione del messaggio i vescovi rivolgono una serie di appelli alla popolazione congolese e al governo, tra cui la richiesta di svolgere elezioni “credibili, trasparenti e pacifiche” nella data prevista, ossia il 2023. Un appunto non gradito, visto che nella pagina Facebook ufficiale della presidenza della Repubblica democratica del Congo replicano polemicamente ai vescovi che “la questione dell’organizzazione delle elezioni è di dominio esclusivo della Commissione elettorale indipendente” e “l’intromissione in temi che non sono di loro competenza, semplicemente sbalorditiva”.

 

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