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Nuovi sbarchi a Lampedusa. Il parroco: accoglienza è “prendersi cura”


Fonte Vatican News

LAMPEDUSA – Sono circa 70, tra cui 14 bambini, i migranti sbarcati questa mattina a Lampedusa dopo il soccorso della Guardia costiera italiana. Si trovavano in difficoltà su un barcone a 36 miglia di distanza dall’isola siciliana, in zona Sar maltese ed erano stati assistiti dalla nave dell’ong tedesca “Seawatch 3”, che li aveva trasferiti nei suoi mezzi di soccorso. La nave principale, infatti, ospita già 363 persone, recuperate ieri in cinque interventi di salvataggio.

All’inizio, fa sapere l’ong tedesca, sia l’Italia che Malta avevano negato il loro sostegno. “Quando la situazione è diventata più critica le persone sono state trasbordate dalla barca ai nostri mezzi di salvataggio”, ha commentato l’ong. “Poche ore dopo è arrivata la Guardia costiera italiana che ha preso a bordo le persone e le ha condotte a Lampedusa”, affermano, “siamo sollevati che siano finalmente al sicuro”.

Nella notte tra sabato e domenica e nella tarda mattinata di ieri, poi, sono sbarcate nell’isola altre 42 persone in quattro piccole imbarcazioni provenienti dalla Tunisia (13, 10, 13 e 6 le persone nei singoli natanti). Tutte queste persone sono state portate all’hotspot di Contrada Imbriacola, dove sono state sottoposte ai tamponi rapidi e alle procedure di identificazione. Dal centro di accoglienza 50 persone sono state trasferite sulla nave quarantena “Allegra” e sono circa un centinaio coloro che sono rimasti nell’hotspot.
Il parroco di Lampedusa: vanno accolti non gestiti
“Gli sbarchi di questa notte si uniscono ai tantissimi di tutta la settimana”, spiega don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, perchè “come ogni volta che inizia il bel tempo, c’è un aumento delle partenze e quindi degli sbarchi e dei salvataggi”. “Il problema”, spiega, “è che ogni anno ci si comporta come se si dovesse vivere in emergenza, come se gli sbarchi dei migranti arrivassero di sorpresa, all’improvviso. Purtroppo le istituzioni gestiscono quello che è un fenomeno ordinario, che dura da decenni, come un’emergenza continua e alla fine a pagarne sono le persone in difficoltà, coloro che non vengono accolti – perché l’accoglienza è un’altra cosa- ma vengono gestiti.

Dal centro di accoglienza 50 persone sono state trasferite sulla nave quarantena “Allegra”, perché l’obiettivo è quello di mantenere il minor numero possibile di persone nell’hotspot. “I migranti nelle navi quarantena stanno meglio”, sottolinea ancora don Carmelo, ma “questo sistema regge fino a quando l’hotspot non è sovraffollato. Se le navi quarantena funzionano, i trasferimenti sono regolari e i migranti restano nell’hotspot uno o due giorni, allora tutto funziona regolarmente e le persone non sono costrette a restare in situazioni difficili per loro. Quando tutto si inceppa, non c’è acqua calda, non ci sono spazi necessari. Oltre le 400 persone, si deve dormire all’aperto e in inverno fa freddo anche a Lampedusa”.

Intanto nel Mediterraneo si continua a morire. 15 le persone decedute per l’affondamento di un altro barcone naufragato al largo della Libia. 95 le persone tratte in salvo dalla Guardia costiera libica, che, secondo l’osservatorio di monitoraggio Alarm Phone, ha impiegato cinque ore per intervenire e avrebbe negato l’esistenza di vittime, circostanza invece confermata dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni”.
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In questo senso risuonano le parole di accoglienza scelte dal Papa per la prossima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il 26 settembre prossimo: “Verso un ‘noi’ sempre più grande”. Ispirandosi all’enciclica Fratelli Tutti, l’appello del Pontefice è a far sì che “alla fine non ci siano più ‘gli altri’, ma sono un ‘noi’”. Un “noi” universale, “che può e deve diventare sempre più ampio e accogliente”, innanzitutto “all’interno della Chiesa, la quale è chiamata a fare comunione nella diversità”. “Il Papa ci arricchisce sempre con i suoi messaggi”, commenta ancora il parroco di Lampedusa, e “questo lo metterei accanto a quello per la giornata della pace del 1° gennaio, perché accoglienza è innanzitutto ‘prendersi cura’. Esiste pace, ha detto il Papa, se ci prendiamo cura degli altri e allora l’accoglienza non è ‘gestire’ il movimento delle persone per fare in modo che ci creino meno problemi possibile, ma è prendersi cura, dando a tutti pari opportunità e accoglienza, quella vera”