DIOCESI
– Dopo aver ascoltato le parole di Alessandro Pompei sul servizio civile (si veda QUI) passiamo la parola alla collega Sara Marchesi, anche lei impegnata per un anno nel servizio civile presso la Caritas Diocesana di San Benedetto.

Come è maturata in lei l’idea di svolgere il servizio civile presso la Caritas Diocesana?
Dopo un’esperienza di 11 mesi di missione in Perù avevo desiderio di continuare con un’esperienza di servizio verso i più bisognosi. Avevo sentito parlare della Caritas da altri ragazzi che avevano svolto lì il servizio civile e quindi questa scelta mi è sembrata la giusta risposta al mio desiderio. Diciamo che sono arrivata alla Caritas per la convergenza di due aspetti, la mia voglia di mettermi di nuovo in una situazione di servizio delle persone più bisognose e il passaparola che c’è stato con i miei amici.

Ci può dire qualcosa in più sulla sua esperienza in Perù?
Sono stata in una missione dell’Oratorio Don Bosco che è un movimento italiano nato per opera di un sacerdote salesiano a seguito dell’operazione Mato Grosso. Faccio parte da tempo di questa esperienza e quando mi è stato proposto di partire ho accettato. Non è stata una scelta avventata nel senso che chi fa parte di questo movimento lavora su se stesso in vista della missione e viene accompagnato e sostenuto quando poi in effetti matura la decisione di partire.

Come si possono mettere in relazione queste due esperienze?
Quando ero in Perù ho vissuto con i poveri 24 ore su 24, mentre al termine del servizio svolto in Caritas tornavo a casa e alla vita quotidiana, non dimenticando però ciò che è accaduto durante la giornata: inevitabilmente si porta con sé tutto quello che si ha avuto modo di ascoltare, le situazioni di sofferenza e le difficoltà che gli ospiti della Caritas vivono. Si tratta di due esperienze molto diverse, ma accomunate dall’aiuto offerto, dall’ascolto delle situazioni di bisogno e l’incontro con le persone in difficoltà. 

L’esperienza che ha vissuto in Perù forse ha fatto in modo che nel suo servizio emergesse di più l’aspetto umano…
Credo di sì. Sicuramente c’è la possibilità di un contatto umano con le persone accolte quando abbiamo avuto la possibilità di affiancare il volontari nel centro di ascolto. In questo luogo avviene il primo incontro fra le persone bisognose e gli operatori della Caritas. Attraverso il dialogo e l’ascolto si cerca di individuare quali siano i bisogni e le possibili soluzioni. Anche durante lo svolgimento di altre mansioni come quelle della distribuzione del vestiario o del servizio mensa non manca la possibilità di scambiare qualche parola con gli ospiti che hanno, certamente, bisogno di assistenza materiale, ma non meno di attenzione e bisogno di ascolto e relazione.

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