Andrea Casavecchia

Non sarà come prima. Lo ha spiegato con chiarezza, nel discorso di presentazione del suo governo il neo presidente del Consiglio Mario Draghi rivolto ai senatori: “Quando usciremo, e usciremo, dalla pandemia, che mondo troveremo? Alcuni pensano che la tragedia nella quale abbiamo vissuto per più di 12 mesi sia stata simile a una lunga interruzione di corrente. Prima o poi la luce ritorna, e tutto ricomincia come prima. La scienza, ma semplicemente il buon senso, suggeriscono che potrebbe non essere così”.
D’altronde “prima” non tutto era rosa e fiori. Ci è offerto un tempo di ricostruzione, non possiamo mancare l’occasione che ci è offerta per ripartire, perché la nostra società italiana sta lentamente fermandosi, da qualche anno faticava a riaccendere il motore e la spinta inerziale si stava esaurendo: la sofferenza dell’occupazione, la migrazione dei giovani, la carenza di una buona occupazione sono alcuni segnali. Forse l’indicatore più eclatante però è il progressivo calo del numero di matrimoni nel nostro Paese, perché la progressiva diminuzione ha più significati che ci parlano della qualità della vita di relazione.
Nel 2019, quando ancora non era attivo “l’effetto Covid” c’è stato un numero molto basso di matrimoni. Soprattutto sono diminuiti i primi matrimoni, secondo le elaborazioni dell’ultima rilevazione Istat. Le prime nozze sono passate in poco più di un decennio dalle 212mila del 2008 a 146mila. Il tasso di primo-nuzialità (calcolato sulla fascia di età 16-49 anni) tocca i 410 matrimoni ogni mille celibi e 455 matrimoni ogni 1.000 nubili: valori così bassi non sono mai stati registrati. In 5 anni l’Istat dichiara che la propensione a sposarsi tra i minori di 34 anni ha subito un crollo, è diminuita del 9,5% tra gli uomini e del 7,8% tra le donne. Così l’età media al primo matrimonio si è alzata ancora ed ha raggiunto 33,9 anni per i primi e a 31,7 per le seconde.
In Italia ci sono pochi giovani e questi scelgono di non sposarsi o di rimandare la scelta. Se per alcuni possono essere scelte libere, per tanti altri sono condizionate da altri fattori: instabilità economica, incertezza lavorativa e quindi incapacità di proiettarsi nel futuro in modo sereno.
Ma non è soltanto una tema che riguarda i singoli. Ci sono ricadute per il benessere della comunità: se non c’è un rinnovo tra i nuclei familiari, si indebolisce un fondamentale soggetto sociale, che è ancora oggi motore per la cura dei più debole, fattore di integrazione e promotore di socialità. Il matrimonio è segno di alleanze, di progettualità per l’avvenire di una comunità.
Ecco se domani non sarà come prima, forse potrebbe essere meglio. Speriamo che anche la famiglia sia considerata nella progetto di ricostruzione.

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