DIOCESI – Ieri, primo giorno dell’anno civile, la Chiesa ha celebrato la Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e la 54^ Giornata Mondiale della Pace. In tale occasione il Vescovo Carlo Bresciani ha presieduto il Canto del Vespro e celebrato la Santa Messa nella Cattedrale della Madonna della Marina. Hanno concelebrato con lui i sacerdoti della Cattedrale don Patrizio Spina, Vicario Generale e Parroco, e i parroci emeriti don Romualdo Scarponi e don Luciano Paci. La liturgia è stata egregiamente animata dalla Cappella Musicale della Cattedrale, diretta dal Maestro Massimo Malavolta, che ha dato inizio alla celebrazione con il canto Adeste fideles.

Come in tutte le solennità, il Vescovo Carlo ha intonato il Gloria.

Riportiamo il video e il testo integrale dell’omelia del Vescovo Carlo.

«La Chiesa pone questa ottava di Natale, capodanno 2021, sotto il segno di Maria santissima, Madre di Dio. Perché proprio dopo 8 giorni dalla solennità del Natale? Una prima risposta sta nel fatto che il Natale mette al centro Gesù, il Figlio di Dio che è nato a Betlemme, ma in ogni nascita c’è una madre e noi non possiamo dimenticare che quella madre è madre di Dio e manifestarle il nostro grande affetto.

Che la divina maternità di Maria sia messa 8 giorni dopo il Natale fa riferimento anche al fatto che dopo 8 giorni, nella tradizione ebraica, il bambino doveva essere circonciso, come ci ricorda il vangelo di oggi, ciò che Giuseppe e Maria compiono doverosamente. Infatti, in passato, si ricordava in questa ottava di Natale come festa liturgica la circoncisione di Gesù, sostituita poi, con la riforma del Concilio Vaticano II, con la solennità della divina maternità di Maria. Mi pare che le due cose però si colleghino nel loro significato religioso. Maria si mostra non solo madre biologica di Gesù, ma vera madre in quanto incomincia subito ad introdurre il bambino Gesù nella vita di fede del popolo ebraico, esattamente come ci si aspettava da un pio ebreo.

Al di là dell’atto in sé della circoncisione, vorrei fermarmi a riflettere sul senso religioso di tale gesto, poiché esso aveva un significato profondamente religioso ed è per questo che getta una luce luminosa sul modo di essere madre di Maria, un modo tutt’altro che secondario. Si tratta, infatti, di un gesto religioso che Giuseppe e Maria compiono: con fedeltà alla legge che richiedeva un tale atto, insieme riconoscono il dono di una nuova vita ricevuta da Dio. La circoncisione, infatti, era vissuta con grande sentimento religioso: con essa i genitori intendevano riconoscere che ogni vita è dono di Dio, attraverso la collaborazione umana certamente, ma pur sempre un dono che viene da Dio. È Dio il datore di ogni vita. La circoncisione era segno del patto di alleanza di Dio con i figli di Abramo, quindi un ricordo indelebile, inciso nella carne, di essere inserito nell’alleanza di amore di Dio, un segno indissolubile di appartenere innanzitutto a Lui. Maria si manifesta vera madre anche in questo gesto con il quale riconosce la signoria di Dio su ogni vita umana. Non solo genera fisicamente, ma genera nella luce della signoria di Dio su ogni vita umana.

La maternità è un grande dono, come ogni genitore ha avuto la possibilità di esperimentare quando è diventato padre o madre. Essa richiede sempre e comunque la collaborazione di un uomo e una donna, sia nella generazione fisico-biologica, sia nella generazione umana e spirituale di un nuovo membro adulto e responsabile della famiglia umana. Per questo Dio ha voluto che accanto alla madre di suo Figlio ci fosse anche un uomo, Giuseppe. Ma la vita di un essere umano non è solo opera umana -di un uomo e di una donna-, non ha bisogno solo di un uomo e una donna per crescere: ha bisogno del soffio, che rende viva la polvere di cui siamo fatti, soffio di vita che viene solo da Dio.

Con questo atto, Maria e Giuseppe riconoscono che quel figlio non è solo nelle loro mani, non appartiene solo a loro, non possono farne quello che vogliono, non possono disporre della sua vita come se si trattasse di una cosa od oggetto che si può tenere o buttare, custodire o distruggere. Si inchinano di fronte al mistero di Dio e al mistero della vita e riconoscono che quel figlio appartiene a Dio e loro sono solo servitori di quella vita affidata a loro. Giuseppe e Maria accolgono una vita da loro non programmata che cambia tutti i progetti della loro vita insieme e si affidano a Dio. Con questo dicono anche a noi che diventare padri e madri comporta affidarsi al progetto di Dio sulla vita del figlio che è stato da loro generato.

Essere madre non è solo generare fisicamente un essere umano, è riconoscere e  accogliere il mistero di ogni vita umana, sapendo di non poterne mai disporre a piacimento. Ogni vita generata dovrà seguire la strada che Dio le indicherà. Così sarà di Gesù e Maria lo lascerà seguire la volontà di Dio Padre accompagnandolo su questa strada fino alla croce. Una vera madre! La maternità di Maria, alla luce della quale mettiamo questo nuovo anno che il Signore ci dona, e quindi tutto il tempo della nostra vita, ci porta a meditare sul senso della maternità alla luce del fatto che la vita umana, ogni vita umana è un dono di Dio, viene da lui ed è destinata a lui.

L’inizio dell’anno sotto l’icona della maternità di Maria è in questo senso un grande auspicio di pace. Mi piace pensare che san Paolo VI abbia posto di proposito la giornata di preghiera per la pace proprio in concomitanza con la solennità della divina maternità di Maria. Ogni maternità evoca uno speciale rapporto di custodia, cura e protezione della vita. Quando si riconosce che la vita di un essere umano viene da Dio e appartiene a Dio, si sono poste le basi per una vera pace, per relazioni autenticamente pacifiche tra gli esseri umani. La maternità è un simbolo potente di pace, perché la madre è umanamente, per natura sua, la prima e fondamentale custode di quella vita che le è stata affidata da Dio. La violenza è ciò che meno si addice alla maternità.

Solo una grave distorsione culturale e morale cerca di introdurre una visione dispotica, e di fatto violenta, nei confronti della vita custodita nel seno materno, facendo passare tutto ciò come progresso di civiltà e di libertà. Non c’è, né ci sarà mai né civiltà, né libertà, né pace là dove si introduce violenza, ogni forma di violenza, nei confronti della vita umana, non importa in quale stato di sviluppo essa si trovi o quale grado di salute essa possieda. La cosa molto triste, cui assistiamo stupiti e addolorati, è la violenza che troppo spesso attraversa le relazioni familiari e si abbatte in modo particolare sui suoi membri più deboli: la donna e i bambini in primo luogo.

Celebriamo oggi la giornata della pace. Essa ci porta a rinnovare la condanna di ogni guerra e di ogni forma di violenza. Negli ultimi decenni si è sviluppata una giusta sensibilità di riprovazione della guerra, anche se purtroppo essa è ancora presente con la sua drammaticità in molte parti del mondo. Ma non basta riprovare la guerra, se non si riflette e non si combatte anche per togliere le radici da cui scaturisce la violenza. Esse sono collegate al non riconoscere il valore della vita umana come dono di Dio e come tale da accogliere e proteggere.

La solennità della maternità di Maria ci induce a riflettere in modo particolare sulle radici della violenza che oggi attraversano la generazione della vita umana e la famiglia e ci porta a invocare pace e rispetto nei confronti della vita umana fin dal suo concepimento; pace e rispetto nei confronti della donna in famiglia e fuori dalla famiglia, ma pace e rispetto nei confronti anche della paternità che insieme alla maternità, e mai senza di essa, è chiamata ad essere custode della vita.

Ognuno di noi può essere operatore di pace in queste relazioni che sono quelle fondamentali per la vita di ciascuno di noi. È anche di questi, e forse soprattutto di questi che parla Gesù quando proclama la beatitudine degli operatori di pace. Noi, con lui, ripetiamo con convinzione: “ Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5, 9). Il tempo della vita che Dio ci dona nell’anno che oggi iniziamo sia ricco delle nostre opere di pace facendoci servitori della vita come Maria, la madre di Dio. Buon anno».

Durante la comunione sono stati eseguiti i brani Oggi a Betlemme un bambino è nato e Gaudet. 

Al termine della celebrazione è stata concessa l’indulgenza plenaria alle solite condizioni stabilite dalla Chiesa.

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