Giovanna Pasqualin Traversa

“Un grande gesto di misericordia e di cura”. Don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, legge in questi termini il riferimento e la gratitudine di Papa Francesco – nella lettera apostolica Patris Corde pubblicata l’8 dicembre in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale – alle molte persone che, lavorando silenziosamente lontane dai riflettori, “stanno scrivendo gli avvenimenti decisivi della storia”. E un gesto di misericordia e di cura è anche l’estensione dell’indulgenza plenaria, in occasione dello speciale Anno di San Giuseppe (8 dicembre 2020 – 8 dicembre 2021), ad anziani, malati, agonizzanti e a tutti coloro che sono costretti a casa.

foto SIR/Marco Calvarese

“La figura di San Giuseppe è straordinaria – esordisce il sacerdote – perché quest’uomo semplice, ‘comune’, dopo la fatica iniziale e il coraggio di accogliere con fiducia il progetto di Dio e portarlo a compimento, ha dovuto assumere decisioni difficili per prendersi cura della sua famiglia, difenderla, custodirla e accompagnarla vedendo crescere il Figlio.Le sue azioni rispecchiano il concetto di cura – che è anche il nostro – come presa in carico della fragilità: in quel caso la fragilità di Gesù neonato, e poi bambino, e di Sua Madre”.

“Quelle che il Papa definisce figure ‘apparentemente nascoste o in seconda linea’ rispetto al palcoscenico della storia – medici, infermieri, addetti dei supermercati e alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiosi e altri – sono la grande maggioranza delle persone”, fa notare Angelelli. Pochi “assurgono agli onori della cronaca; la maggior parte, come san Giuseppe, svolge un lavoro silenzioso e nel nascondimento, ma preziosissimo, come negli ospedali dove medici, infermieri e personale ausiliario concorrono a pieno titolo al percorso di cura e, insieme agli addetti alle pulizie e alle mense, tutti lavorano per il nostro bene”.

Il 17 dicembre la Fnomceo ha aggiornato il triste elenco dei medici caduti sul campo lottando contro il Covid: 262. Ad essi si aggiungono decine di infermieri, cappellani e sacerdoti che hanno donato la propria vita in corsia. “E’ quella schiera silenziosa – prosegue don Angelelli – che opera al servizio dell’umanità per il bene di tutti, a volte poco riconosciuta.Eppure tutti i malati che hanno dovuto affrontare l’esperienza dell’isolamento e delle terapie intensive hanno sentito la carezza degli operatori sanitari sulle loro paure e sulle loro speranze, e hanno avvertito negli sguardi dei cappellani la tenerezza di Dio. Gesti di prossimità che chi è in ospedale sperimenta ogni giorno”. Per il direttore dell’Ufficio Cei, “il personale sanitario merita riconoscimento e profonda gratitudine, come ci ha ricordato il Santo Padre. I cappellani ospedalieri sono lì anche per loro, per sostenerli nell’immane fatica fisica e nelle ferite dell’anima provocate dal vedere tanta sofferenza”.

Don Angelelli esprime riconoscenza al Papa anche per la profonda sensibilità e attenzione nei confronti di anziani, malati e agonizzanti estendendo anche a loro, tramite il decreto sulle “speciali indulgenze” concesse in occasione dell’Anno di San Giuseppe, “il dono dell’indulgenza plenaria”, e invitando i sacerdoti a celebrare il sacramento della penitenza presso le loro abitazioni e a portare loro la Comunione. “Un gesto di pura misericordia – dice -;

la misericordia che va incontro ai malati.

Francesco si rende conto che sono cambiati i modelli di cura, che molte persone sono isolate a domicilio. Noi stiamo già facendo tutto il possibile mobilitando sacerdoti e ministri straordinari della comunione – per questi ultimi abbiamo fatto specifici corsi di formazione sulle misure di precauzione da assumere – ma devo riconoscere checon la decisone di portare un gesto di misericordia ‘a domicilio’ il Santo Padre ancora una volta ci ha superato. Sono certo che per i malati sarà anche uno straordinario gesto di cura che dando sollievo alle ferite dell’anima li farà stare meglio”.

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