DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

La Parola di questa domenica si apre con un desiderio: quello del re Davide di costruire una casa a Dio, a quel Dio che, fino a quel momento, lo aveva accompagnato e aveva accompagnato il popolo di Israele dandogli, come è scritto nella prima lettura, «riposo da tutti i suoi nemici all’intorno».

Ma subito Dio si fa sentire! E dice a Davide così: «Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra». «Forse tu mi costruirai una casa perché vi abiti? … Il Signore ti annuncia che farà a te una casa».

Il desiderio di Davide, dell’uomo e il desiderio di Dio: quale dei due avrà la meglio?

La risposta ce la dà il Vangelo: l’uomo farà casa a Dio, l’uomo stesso sarà casa, dimora di Dio, ma sarà Dio a permettere tutto!

L’annuncio dell’angelo Gabriele ad una fanciulla di Nazareth, Maria, l’annuncio che diverrà la madre del Signore, la madre di Dio, lega indissolubilmente Dio e l’umanità, facendone l’uno dimora dell’altro.

Guardiamo al popolo di Israele: un grande tempio, quello di Gerusalemme, grandi sinagoghe in cui si leggeva la Parola, la Torah…così come noi oggi: grandi cattedrali, maestose chiese antiche e moderne…e Dio dove va? Dove entra? A casa di una ragazza, in un paesino sconosciuto di una terra di periferia.

L’azione di Dio non si svolge al di fuori della storia umana, Dio entra nella ferialità, non sosta nello straordinario. Dio arriva non solo nelle chiese o nelle sinagoghe, Dio arriva e prende dimora nella vita comune, Dio frequenta la vita, quella vera di tutti i giorni.

È qui che vuole abitare ed è qui che chiede anche all’uomo di stare, di fondare la propria storia.

Dio non vuole fare di Maria la donna perfetta, inavvicinabile, l’ideale da raggiungere. Siamo noi che spesso la releghiamo nelle nicchie e sopra gli altari delle nostre chiese.

Dio la incontra a casa sua perché è una casa, una storia, un vissuto concreto, lo spazio privilegiato della sua presenza.

Perché non è diminuendo l’umano che in noi cresce il divino, non è vero che meno umanità equivale a più divinità. È vero esattamente il contrario.

Allora, a Davide che voleva costruire una casa a Dio, una casa “esterna”, un bel tempio, un edificio che sicuramente avrebbe spiccato per maestosità su tutte le altre abitazioni, all’uomo che, ancora oggi, vuole “chiuderlo” dentro chiese e tabernacoli, Dio risponde: “lascia che possa prendere dimora dentro di te, lascia che la mia Parola diventi corpo e muova le tue mani, i tuoi occhi, i tuoi gesti.

Maria è la testimone concreta che tutto questo non è solo pura poesia ma è Dio che sta nella vita e, da dentro, la trasforma; Maria è testimone autorevole di una fede che, come dice una nota poetessa italiana, “è una mano che ti prende le viscere e ti fa partorire”.

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