DIOCESI – La nostra testata in queste settimane sta raccogliendo delle testimonianze di contribuenti che firmano a favore dell’8×1000 alla Chiesa Cattolica nella loro dichiarazione dei redditi (si veda QUI e QUI). Sono molte le obiezioni fatte contro l’8×1000, vogliamo però affrontare il tema con serenità, certi che anche l’aspetto economico può essere illuminato dalla fede, proprio come avviene per qualsiasi altra realtà umana.

Un pensiero largamente diffuso è quello di chi afferma che lo Stato, essendo laico, non dovrebbe sovvenzionare nessuna religione. Ma laicità non significa disinteresse dello Stato verso la sfera religiosa, ma equidistanza dai vari culti, dei quali si riconosce tuttavia l’importanza nella vita dell’uomo. In altre parole, lo Stato non fa sua nessuna religione, ma le pone tutte allo stesso piano, riconoscendo che l’esperienza religiosa, comunque essa sia declinata, è una componente costitutiva dell’essere umano che si interroga sul senso e sul destino della vita. È compito dello Stato promuovere il benessere integrale dei suoi cittadini secondo la totalità dei fattori in gioco che sono di carattere materiale, economico, sanitario, educativo, ambientale e anche religioso. Chiudere gli occhi su quest’ultimo fattore sarebbe miope, limitato e oscurantista.

Laicità dunque non significa estraniazione della sfera religiosa, ma distinzione degli ambiti di azione in vista del servizio all’essere umano. Un servizio che addirittura può prevedere una collaborazione fra Stato e Chiesa. Infatti, se ci sono ambiti di esclusiva competenza dello Stato e ambiti di esclusiva competenza della Chiesa, è altrimenti vero che ci sono zone di comune interesse e che vedono un accordo fra lo Stato e la Chiesa. È proprio questa la logica soggiacente all’articolo 7 della nostra Costituzione che in primo luogo afferma: «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». La distinzione non preclude la collaborazione fra i due soggetti per aspetti che sono di comune interesse, tanto è vero che l’articolo seguita dicendo: «I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi». È proprio alla luce di quest’ultima frase che dobbiamo guardare all’istituto dell’8×1000. Lo Stato, riconoscendo l’importanza della presenza della Chiesa nella vita del proprio popolo, si accorda con essa per garantire il proseguimento della sua missione. Risulta pertanto evidente che è totalmente erroneo chiedere l’abolizione dell’8×1000 in virtù della nostra Costituzione e della laicità dello Stato.

Le questioni religiose sono oggetto di un altro articolo della Costituzione, il 19, che recita: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume». Questo articolo riconosce il diritto alla libertà religiosa, sia nella forma individuale che associata. In senso stretto questo significa che ognuno nel nostro Paese può manifestare i propri convincimenti religiosi e può fare degli atti di culto, sia da solo che collettivamente. Possiamo tuttavia dire che, affinché ciò sia effettivamente possibile, le religioni hanno bisogno di luoghi e strutture, che evidentemente hanno un costo per la loro realizzazione e per la loro manutenzione. Allo stesso modo hanno bisogno di ministri del culto che guidino la comunità, che si preoccupino dei propri fedeli dal punto di vista spirituale (e spesso anche materiale), che siano loro vicini nei momenti significativi della vita e che per fare tutto ciò necessitano naturalmente di un sostegno economico per vivere. Tutte cose di cui si occupa l’8×1000 che pertanto mette in atto la concreta realizzazione della libertà religiosa, la quale altrimenti rimarrebbe solo un astratto principio.

Alla luce di quanto affermato, ci sembra che l’8×1000 non solo non violi la laicità dello Stato, ma addirittura ne sia una significativa espressione.

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