DIOCESI – “Facciamo memoria nella fede di tutti i defunti, pregando Dio affinché doni a tutti loro il riposo e la pace eterna”.

Con queste parole si è aperta l’omelia del Vescovo di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani, in occasione della celebrazione della commemorazione di tutti i defunti.

Mons. Bresciani: “È un grande atto di fede e di solidarietà quello che compiamo nella preghiera, atto che travalica il tempo e lo spazio e giunge fino al cuore di Dio. Sì, perché così è la preghiera del cristiano quando noi la affidiamo a Gesù, il vero e unico mediatore tra noi e il Padre.

Ricordiamo nella preghiera i nostri cari, ma in quella fraternità umana che tutti ci unisce, raccomandiamo alla misericordia di Dio ogni essere umano, sapendo che tutti ne abbiamo bisogno, noi e tutti coloro che ci hanno preceduto in questa vita, nessuno escluso.

Questa memoria, che non manca di toni di mestizia e di dolore tanto più forti quanto più è vicina la perdita dei nostri cari, ci induce a meditare sulla morte, tema certo non facile, ma realtà concreta della vita che tutti dobbiamo affrontare. Serve a nulla cercare di rimuovere la sua realtà dalla nostra consapevolezza o dalla nostra riflessione. Non si tratta tanto di aumentare quella naturale paura che essa incute in ciascuno, quanto di interrogarsi su essa a partire da quella fede che ci riunisce questa sera in preghiera.

La pandemia provocata dal covid-19, nella quale siamo ancora immersi, ci sta rimettendo davanti agli occhi la morte in modo drammatico, ridestando la paura e la coscienza di una realtà troppo facilmente messa da parte dalla nostra cultura e dalle molte chiacchiere vuote e inutili. La pandemia, senza tanti riguardi ci ha sbattuto davanti agli occhi la morte, quella drammatica che i giornali ci hanno mostrato durante la fase più acuta della pandemia e quella temuta che minaccia ciascuno di noi con le armi di un piccolissimo e invisibile virus. Ce la rimette davanti facendoci prendere coscienza che essa potrebbe colpire ciascuno di noi improvvisamente servendosi di questo nemico tanto insidioso quanto invisibile da cui non riusciamo ancora a difenderci adeguatamente. Potrebbe colpirci come ha colpito i nostri anziani, spesso mandati a morire lontano in case attrezzate per la loro assistenza, ma lontano da noi e dalla vita frenetica nella quale noi siamo immersi.

Negli anni che abbiamo alle spalle siamo stati inebriati da un progresso tecnico-scientifico che sembrava garantirci da ogni evenienza di questo tipo, avendo risposte pronte e rassicuranti per tutto. Ma, come sempre, ci troviamo impotenti e sguarniti di fronte al cadere delle illusioni che ci siamo creati.

Da cristiani dobbiamo farci una domanda tanto semplice quanto fondamentale: che cosa possiamo sperare di fronte alla morte? Si può parlare cristianamente della morte senza parlare della resurrezione? Sappiamo che la resurrezione sta al centro del messaggio cristiano ed è la promessa più fondamentale che Gesù fa. Solo Dio può fare una tale promessa e poi mantenerla. Questa promessa, carissimi, è l’unica speranza di fronte alla morte. Tutte le altre speranze si fermano di fronte a questo traguardo inevitabile.

 La fede in una vita che continua oltre la soglia fatale della morte è il fondamento della speranza e del coraggio nella vita. La vita che sarà data da Dio oltre la morte è la vera meta da raggiungere, il vero tesoro per il quale vale la pena di sopportare tutto. La fede nella resurrezione è la forza creatrice che permette di affrontare senza disperazione la morte e anche la poderosa sfida che il covid-19 sta portando al nostro mondo.

Di fatto, la presenza incombente della morte suscita la ricerca di una salvezza: ci rivolgiamo alla medicina certamente e giustamente, ma la medicina rivela tutta la sua impotenza proprio di fronte alla morte. Ci può guarire da questa o da quella malattia, e speriamo che lo possa fare, ma deve inevitabilmente arrendersi di fronte alla morte. Non ha alcuna promessa che possa vincerla.

Possiamo dire che il Signore in questa pandemia (che non è un suo castigo!) ci chiede di rimettere a fuoco un argomento che avevamo troppo trascurato: non tanto quello della morte, ma della vita oltre la morte. Sì perché oggi parlare di resurrezione e di vita eterna crea imbarazzo (a volte anche tra coloro che si dicono cristiani), non meno di quanto l’abbia creato quando san Paolo ad Atene osò parlarne davanti ai sapienti del tempo, i quali se ne andarono scuotendo il capo con disapprovazione (cfr. At 17, 4). Eppure è proprio della resurrezione e della vita eterna che ci parla Gesù ed è per questo che siamo creati e siamo in questo mondo.

La speranza di questa vita oltre la morte che solo Dio ci può donare ci rende sopportabile il dolore per la morte dei nostri cari che oggi affidiamo alla sua misericordia e anche per la nostra stessa morte.

In questa commemorazione di tutti i defunti siamo chiamati a liberare la morte non solo da silenzi poco umani che vorrebbero farcela ignorare, ma anche da bolsi sentimentalismi che nascondono la sua drammaticità dietro trucchi poco credibili.

Mentre siamo qui riuniti in preghiera dobbiamo e possiamo chiederci: chi e che cosa può liberarci dalla paura della morte? Solo una speranza fondata di vita. Gesù non ci libera dalla morte, ma dalla paura della morte come la fine di tutto, indicandoci una via che sconfigge la morte. Per questo san Paolo può dire: “la morte è stata ingoiata [da Dio in Gesù] per la vittoria”(1Cor 15, 54-55). L’ultima parola non è della morte, ma della vita in Dio.

Preghiamo perché questa vita in Dio sia data a tutti i defunti e, a suo tempo, anche a ciascuno di noi”.

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