Vincenzo Tosello

Temevamo tutti, consciamente o inconsciamente, che sarebbe successo; ma tutti anche speravamo intimamente di no. La seconda ondata, del resto annunciata, è arrivata anche da noi con tutta la sua virulenza – è proprio il caso di dirlo -, mentre nel mondo si sta propagando la prima e continua ondata che ha contagiato ormai quasi 50 milioni di persone. Con il terzo mondo sempre più sferzato; l’Europa che supera gli Stati Uniti per numero di contagi; mentre l’immensa Cina, primo terribile focolaio, rimane ora “misteriosamente” preservata… Abbiamo ricevuto, a suo tempo, grandi lodi per il nostro comportamento nella prima ondata che ci ha colpiti praticamente per primi in occidente; ma non sono bastate – e lo sapevamo bene – a renderci “immuni”; con il senno di poi, avremmo dovuto provvedere da subito a rinforzare il settore sanitario molto di più di quanto si sia fatto; avremmo potuto adeguare meglio il servizio dei trasporti pubblici; avremmo potuto evitare un “liberi tutti” per le immancabili vacanze e la indispensabile “movida”… “Ma bisogna anche vivere!”.

Così si pensava e si diceva, e così si è fatto. D’altra parte, lavoro e scuola non potevano attendere all’infinito…

Tra le tesi contrapposte dei rigoristi e dei lassisti si cerca di mantenere un difficile equilibrio, con la consapevolezza che gli uni potrebbero rimproverare gli altri dell’aumento dei contagi e dei morti e gli altri rimproverare i primi del fallimento delle aziende e dell’aumento della disoccupazione… L’ultimo Dpcm, definito “soft”, ha dato il quadro della situazione: un governo che tenta di arginare, ma che affida alle autorità locali misure più stringenti. E ci rendiamo pure conto che queste arriveranno, anzi stanno già arrivando. Alcune ce le imponiamo noi stessi. Non mi sembra di vedere in giro molti “negazionisti”: le mascherine le indossiamo, anche una certa distanza viene mantenuta, già si annullano feste ed eventi (penso anche ai matrimoni rinviati dalla primavera scorsa e ora incerti anche per la prossima…), ecc. Non possiamo dire che tutto ciò non ci costi! Ci sentiamo tutti limitati nel non poter esprimere le emozioni più normali con un abbraccio, un bacio, una stretta di mano; dobbiamo addirittura insegnare il “distanziamento” ai bambini che per natura si stringono sempre tutti tra loro; tenerci “lontani” dagli altri come se fossero un male; costretti a vivere in un mondo in cui i rapporti, gli incontri, le feste – il bello e il buono della vita – diventano il “male”… E questo, paradossalmente, per “volerci bene” (per quanto “diversamente”) – a cominciare dai familiari -, per non sentirci responsabili di aver recato danno. Certo, pensiamo – dobbiamo pensare – che tutto ciò è solo provvisorio; ma non sappiamo fino a quando… Così, siamo spinti a interrogarci profondamente anche sul senso vero della vita, dell’amicizia, della carità, della festa, persino della famiglia, oltre che della vita sociale ed ecclesiale… Non c’è dubbio che ciò mantiene il suo significato umano e cristiano: si tratta di reinterpretarlo, una volta ancora, in una condizione d’emergenza che c’illudevamo fosse superata. Ma bando allo scoraggiamento! Ognuno faccia la propria parte, con serietà e disponibilità: dobbiamo ancora ripeterci che ce la faremo soltanto insieme!

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *