Stefano De Martis

Il governo può tirare un sospiro di sollievo e registrare con soddisfazione di aver superato una serie di scogli parlamentari che apparivano molto insidiosi, anche a causa delle forzate assenze di deputati e senatori, messi fuori gioco dal Covid. Ma non c’è proprio né il tempo né il clima per festeggiare. L’andamento dei contagi preoccupa ogni giorno di più. E subito al ritorno del premier Conte dal Consiglio europeo – dove peraltro si gioca una partita fondamentale per la tenuta del sistema Ue e nostro in particolare – dovranno essere varati il Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles e l’articolato della legge di bilancio vera e propria, da sottoporre all’esame delle Camere. Anche se in questa fase le scadenze, persino quelle europee, vengono valutate con un certo margine di tolleranza, si sta lavorando per chiudere su entrambi i fronti in un Consiglio dei ministri da convocare nel fine settimana. Andare oltre rappresenterebbe un segnale negativo anche a livello internazionale. Sullo sfondo – ma uno sfondo molto ravvicinato – si staglia la questione decisiva dell’impiego dei fondi europei, che evidentemente incide in misura assai rilevante già sulla manovra economica per il 2021.

Nell’incontro al Quirinale che tradizionalmente precede i vertici della Ue, presenti Conte e i ministri dei dicasteri più strettamente coinvolti, il Capo dello Stato ha raccomandato la massima efficienza nella destinazione delle risorse e la massima rapidità nell’individuazione delle scelte.

La settimana parlamentare era iniziata con il voto di fiducia sul “decreto agosto” cui ha fatto seguito la definitiva conversione del provvedimento in legge. Poi è stata la volta dell’esame delle relazioni sulle linee-guida per il piano di ripresa con i fondi straordinari europei. Quindi è toccato al presidente del Consiglio illustrare la posizione italiana in vista del vertice di Bruxelles. In entrambi i casi sono state approvate le risoluzioni presentate dai gruppi che sostengono l’esecutivo. Infine, il passaggio più delicato: il voto sulla Nadef, la nota che aggiorna le analisi e le previsioni economiche su cui sarà impostata la manovra, e soprattutto sull’annessa richiesta di un ulteriore scostamento di bilancio, vista la necessità di reperire nuovi fondi in deficit. Un’operazione che, in base all’art. 81 della Costituzione, richiede la maggioranza assoluta dei membri di ciascun ramo del Parlamento. Di qui l’apprensione per le ripercussioni dei contagi e delle quarantene, tanto più al Senato dove i numeri delle forze governative sono molto risicati e bisogna comunque raggiungere quota 161. I voti favorevoli allo scostamento di bilancio sono stati 164, mentre l’opposizione si è astenuta. Una posizione di non aperta belligeranza, ma che non ha offerto sponde all’esecutivo in affanno. Anche a luglio, in un’analoga circostanza, il centro-destra aveva deciso di astenersi, mentre all’inizio della pandemia aveva votato insieme alle forze di governo. Peraltro anche martedì, nell’esame delle linee-guida per l’impiego dei fondi del piano europeo, l’opposizione aveva optato per l’astensione e in quel caso la scelta aveva avuto un significato distensivo più chiaro dato che l’esecutivo non aveva il problema di raggiungere a ogni costo la maggioranza assoluta.

Un segnale che forse va interpretato anche alla luce della riflessione in atto nel centro-destra, particolarmente nella Lega, sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Ue.

Il rapporto governo-opposizione resta comunque fortemente condizionato dal timore di ciascuna delle due parti di veder strumentalizzata propagandisticamente un’eventuale apertura concreta, fermo restando che una sana dialettica tra soggetti che hanno compiti diversi non è affatto incompatibile con lo spirito unitario che il momento richiederebbe. Dal governo non sono mancati messaggi anche pubblici nei confronti dell’opposizione; l’opposizione, però, contesta al governo di non essere stata ufficialmente convocata per un incontro. Ma è prima di tutto in Parlamento che si deve svolgere il confronto e l’impasse sulle riforme costituzionali svela le reali intenzioni delle forze politiche, dentro e fuori gli schieramenti: si è inceppato anche il percorso di quella sul voto ai 18enni per il Senato, l’unica in dirittura d’arrivo, che sembrava destinata ad essere approvata con un larghissimo consenso trasversale. E invece è diventata un caso politico che agita le acque all’interno della stessa maggioranza.

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