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Zelanti in famiglia

Quando c’è zelo per le anime, si trova sempre gente buona, si scopre sempre terreno fertile. Non ci sono scuse!
San Josemaría Escrivá de Balaguer

Giovanni M. Capetta

Chissà perché ci sono parole che diventano desuete, poco utilizzate, se non in una loro accezione negativa. Una di queste è “zelo”, parola che si usa di rado e si ricorda soprattutto nell’espressione “eccesso di zelo”. Si intende così alludere a chi commette un errore per pedissequa osservanza delle regole, ma lo zelo in realtà è qualcosa di ben diverso e assolutamente di per sé non nocivo. Zelante è colui che ama ciò che fa e le persone per cui compie un’azione, un lavoro, un compito. In quest’ottica si capisce bene come sarebbe auspicabile che tutti fossimo animati da zelo, da questa forma pudica e silenziosa di generosità nei confronti del prossimo anche se non lo si conosce. Zelo è, per esempio, prendersi cura di un’aiuola urbana che è di tutti e di nessuno, ma che se qualcuno non cura rischia di inaridire, sommersa dai rifiuti gettati da incivili sempre più insospettabili. Zelo è salutarsi, lasciar passare le persone più avanti negli anni, premurarsi di prendere un peso ad un anziano se appena questi lo consenta senza offendersi. Lo zelo è tutto questo ed altro: è rendersi servizievoli, elegantemente disinteressati, solerti nel raggiungimento di un bene comune. Ecco allora che di zelo si può parlare a proposito dell’applicazione delle norme anti-Covid che sono tutt’ora in vigore nel nostro Paese. È mancanza di zelo non attenersi all’obbligo dell’uso della mascherina o dei guanti dove richiesto. Le immagini di ambienti della movida estiva, super affollati di giovani incuranti del distanziamento sociale e dell’uso della mascherina sono una inquietante dimostrazione di mancanza di zelo, o meglio di comportamenti irresponsabili che rendono vano lo zelo di tanti cittadini che rispettano le regole. È sempre stato così: essere onesti e ubbidienti è più difficile quando basta che qualcuno trasgredisca per rendere tutto vano. Anche in famiglia si può eccellere in zelo o esserne carenti. Può riguardare il rapporto fra gli sposi o quello dei figli, fratelli fra loro. Sarebbe bello, per esempio, che si vedessero più spesso gesti di generosità reciproca, un venirsi incontro, un fare il servizio che spetterebbe all’altro, prevenire una necessità, fare qualcosa di completamente gratuito. Lo zelo, poi, ha spesso una connotazione religiosa, indica il fervore nella fede e nella carità. Sta ai singoli e alle comunità fare in modo che zelanti non diventi sinonimo di ipocriti. A ciascuno è chiesto di fare la sua parte, senza essere subito pronto a stigmatizzare la mancanza dell’altro. Il credente davvero zelante non si erge a giudice additando le malefatte altrui, ma sa umilmente custodire il bene fatto, confidando che gli verrà riconosciuto anche se magari non sempre e non tutto in questa vita. C’è bisogno di scardinare il luogo comune che gli zelanti siano solo baciapile desiderosi di denunciare gli errori altrui. Zelanti sono gli operatori di pace, le persone miti… le schiere di monache di clausura che pregano nel nascondimento per il bene dell’umanità. Lo zelo è uno statuto dell’essere, una conseguenza naturale che discende dalla fede, quello per cui i cristiani dovrebbero riconoscersi “nel mondo, ma non del mondo”: uomini e donne liberi, capaci di costruire un futuro migliore.