Secondo l’arcivescovo di Managua, il card. Leopoldo Brenes, si è trattato di un “atto pianificato” e di natura terroristica. Nel comunicato ufficiale l’arcidiocesi parla di “un atto di sacrilegio e profanazione totalmente da condannare, di fronte al quale dobbiamo stare in costante preghiera”. Le definizioni si riferiscono quanto accaduto ieri: nella mattinata (ora locale), un soggetto incappucciato ha lanciato una bomba molotov nella cappella del Sangue di Cristo, nella cattedrale della capitale nicaraguense, provocando un incendio nell’area dove è custodita l’immagine del crocifisso e dove viene esposto il Santissimo. I danni non sono ancora stati quantificati. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco. L’immagine del Sangue di Cristo ha 382 anni di antichità e certamente è stata gravemente danneggiata, come ha spiegato lo stesso cardinale Brenes.
Un gesto preoccupante, che si aggiunge ad altri due attacchi subiti nell’ultimo mese da luoghi sacri, e precisamente dalle cappelle della Veracruz e del Nindirí. E non è la prima volta negli ultimi anni che la cattedrale stessa viene attaccata, sempre nell’attuale clima teso tra il regime di Daniel Ortega e la Chiesa. La vicepresidente e moglie di Daniel Ortega ieri, dopo l’accaduto, ha irriso l’arcidiocesi dicendo che l’incendio è stato provocato dalle candele.
Ricorrono in questi giorni i festeggiamenti patronali di Santo Domingo de Guzmán, che si svolgono senza celebrazioni e processioni pubbliche su decisione dell’autorità ecclesiastica, dato che la Chiesa continua a rispettare le misure preventive per evitare il contagio del Covid-19, contrariamente al Governo, che continua a minimizzare gli effetti della pandemia nel Paese. E anche questa scelta non ha mancato di provocare nuove tensioni, mentre la pandemia avanza nel Paese e giovedì è morto per il Covid-19 un sacerdote della diocesi di Estelí, padre Jaime Valdivia. Si tratta del sesto religioso accertato deceduto a causa del virus.

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